I manager tracciano i trend del terziario per l'Italia nel triennio 2019-2021
Giacomon (CFMT): dalla ricerca FuturAbility emergono sharing economy, servizi on demand, pagamenti digitali e megastore ibridi
Entro i prossimi tre anni cambierà totalmente il nostro modo di vivere la mobilità, l'accesso a servizi e prodotti, le professioni che andremo a svolgere e gli investimenti in tempo e denaro. La rivoluzione digitale è già cominciata, ma se l'impatto sulle imprese sarà concreto e immediato, non lo sarà altrettanto sui consumatori: in Italia persistono ancora resistenze socio-culturali in grado di frenare il progresso in ambito economico, tecnologico e lavorativo.
È quanto emerge dalla ricerca "FuturAbility", promossa da CFMT - Centro di Formazione Management del Terziario e realizzata da ProperDelMare Consulting in collaborazione con AstraRicerche, che ha coinvolto cento esperti, manager ed imprenditori chiamati ad esprimersi sui trend che - dal Retail al Food, dal Turismo alla Mobilità fino alla Salute - avranno un impatto significativo sul settore Terziario nell'arco del periodo temporale 2019-2021.

Le interviste, condotte tra novembre 2018 e febbraio 2019, hanno avuto lo scopo di cercare di cogliere, al di là delle mode del momento, ciò che conta davvero per fare business nell'opinione di chi è protagonista ogni giorno in questo ambito.
"Nella nuova economia trans-settoriale e trans-territoriale - ha dichiarato Pietro Luigi Giacomon, Presidente di CFMT -, il rapporto tra offerta e domanda esce dagli standard consueti: innovazioni dirompenti si accompagnano a endemici conflitti dovuti al digital divide. Il Terziario si trova al centro di questo mutamento. Per supportare l'employability dei dirigenti e la competitività delle imprese, CFMT ha quindi sviluppato un osservatorio sul futuro del settore, che in modo molto pragmatico non solo identifica e analizza trend di evoluzione, ma propone anche modalità di ripensamento degli scenari - People, Technology e Business - e delle attività di formazione per aiutare i nostri manager ad affrontare il cambiamento".
Tra skill gap e smart working, le nuove frontiere del lavoro
Innalzare e diversificare la qualità della formazione per colmare lo skill gap ovvero la mancanza diffusa di competenze, creare percorsi di studio più rispondenti alla crescita di nuove professioni e favorire un aggiornamento continuo del management, sono imprescindibili per rallentare il ritmo di espatrio e favorire il rientro di cervelli italiani all'estero. Si evidenzia la necessità di una attivazione rapida ed efficace per innalzare le prospettive di occupabilità e reddito: se la riduzione del numero di posti di lavoro per alcune attività non è vissuta in modo negativo - o, comunque, pare difficilmente evitabile -, i manager valutano gravemente la mancanza di una sostituzione con figure professionali di livello superiore o con specializzazione più elevata, in particolare in quei settori che richiedono l'impiego di lavoratori in grado di creare, programmare, monitorare, interagire con Intelligenza Artificiale, automazione industriale e robot. Complessivamente ci si aspetta una crescita del ricorso allo smart working, ma con tassi di adozione inferiore a quanto auspicato, essenzialmente a causa della cultura dell'attuale generazione di imprenditori/dirigenti delle PMI, che richiedono la presenza in sede del lavoratore, la sua valutazione in base al tempo dedicato al lavoro e non agli obiettivi raggiunti.
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