I volumi del 2019 saranno dunque abbastanza simili a quelli del 2018. Ci auguriamo che gli ELTIF riescano dove i PIR non sono riusciti, cioè nel canalizzare risorse verso le PMI".
I mini-bond - intesi come titoli di debito emessi da società italiane non finanziarie, in particolare società di capitale o cooperative di importo inferiore a 500 milioni di euro non quotate su listini aperti agli investitori retail - si confermano comunque come una fonte di finanziamento alternativa e complementare al credito bancario, soprattutto in preparazione a successive operazioni con investitori istituzionali più complesse come il private equity o la quotazione in Borsa.
Si registrano novità nella normativa di riferimento che riguardano la disciplina sulle cartolarizzazioni, i PIR e la possibilità per i portali autorizzati di equity crowdfunding di collocare mini-bond a investitori professionali.
Gli attori che hanno sottoscritto i mini-bond di taglia inferiore ai 50 milioni si confermano essere i fondi chiusi di private debt (il 26% degli investimenti rispetto al campione) e gli investitori esteri (25%).
Ancora in aumento il ruolo delle banche nazionali (21%) e delle assicurazioni (9%), che però sottoscrivono poche operazioni di maggiore dimensione.
Le finanziarie regionali sono passate dal 6 al 4%, Confidi dall'1 al 3.
Le imprese emittenti
La ricerca ha identificato 498 imprese italiane, di cui 260 PMI, che dal 2012 al 31 dicembre 2018 avevano collocato mini-bond (a fine 2017 erano 326).
L'ultimo anno ha contribuito con 176 emittenti, di cui 123 affacciatesi sul mercato per la prima volta e 42 con un fatturato inferiore ai 10 milioni di euro prima del collocamento, mentre la fascia più numerosa ha ricavi compresi fra 100 e 500 milioni.
Più che raddoppiate le Srl, da 21 a 45.
Per quanto riguarda il settore di attività, si conferma la netta supremazia del comparto manifatturiero (41%), pur con un aumento nei segmenti meno rappresentati in passato.
La collocazione geografica evidenzia come sempre una netta prevalenza delle regioni del Nord: domina la Lombardia con ben 50 emittenti (il 28% su scala nazionale), crescono il Piemonte e le regioni del Sud, scende il Trentino-Alto Adige.
Rispetto alle motivazioni del collocamento, si conferma come dominante l'obiettivo di finanziare la crescita interna dell'azienda (56% dei casi, soprattutto per le PMI), seguono la necessità di ristrutturare le passività dell'impresa (soprattutto per le grandi), le strategie di crescita esterna tramite acquisizioni e il fabbisogno di alimentare il ciclo di cassa del capitale circolante.
"L'analisi dei bilanci consolidati focalizzata sulle 244 PMI non finanziarie emittenti - commenta Giudici - mostra situazioni abbastanza diversificate, con 28 imprese che hanno EBITDA negativo al momento del collocamento.
La redditività appare contenuta e in media si riscontra un buon aumento del fatturato già prima dell'emissione, ma per circa un quarto delle aziende non si registrano variazioni significative.
Non vi è evidenza quindi di un rapporto di causa-effetto fra emissione del mini-bond e crescita del volume d'affari.
Piuttosto, per un buon numero di PMI il mini-bond rappresenta una tappa in un percorso di crescita che inizia ben prima e che prevede una serie di passi importanti, predefiniti".
Dettagli sulle emissioni
Il 54% delle emissioni totali è sotto la soglia dei 5 milioni di euro e nel 2018 la percentuale è salita addirittura al 60%.
Fra tutti i mini-bond, il 44% è stato quotato su ExtraMOT PRO, ma nel 2018 la percentuale è scesa al 27%.
Cresce il numero di emissioni quotate all'estero (12%).
La durata media del 2018 è 5,2 anni, in leggero aumento rispetto ai 4,9 anni del 2017.
Il 50,5% prevede il rimborso del titolo alla scadenza (bullet), ma nelle emissioni a lungo termine e in quelle sotto i 50 milioni è relativamente più frequente la modalità amortizing, con un rimborso graduale fino alla scadenza.
La cedola in genere è fissa (valore medio 5,1%, mediano 5%), ma nel 2018 è aumentata la frequenza di quella variabile.
Per la prima volta si riscontra un lieve aumento del tasso di interesse (5% di media contro 4,83%).
I mini-bond del campione sono associati a un rating da agenzie autorizzate nel 30% dei casi (di cui il 17% "pubblico", distribuito quasi equamente fra "investment grade" e "speculative grade" mentre il 13% è "unsolicited" o "undisclosed").
Il ricorso al rating è calato ancora nel 2018 (solo il 22% delle emissioni l'ha ottenuto) ed è riscontrato soprattutto fra le grandi imprese e per le emissioni sopra i 50 milioni.
La presenza di una garanzia sul rimborso del capitale, a dare maggiore sicurezza agli investitori, è sensibilmente aumentata nel 2018: 38% dei casi nel 2018 rispetto al 29% dell'intero campione.
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