Prestiti bancari ancora in calo per micro, piccole e medie imprese
Zocchi (October): nel 2018 sono diminuiti del 5% rispetto all'anno precedente. Tra il 2010 e il 2017 i finanziamenti alle aziende dei distretti italiani si sono ridotti di 57 miliardi.
Occorre diversificare le fonti di finanziamento
Le imprese italiane, specialmente quelle di piccole e medie dimensioni, devono ripensare le loro modalità di accesso al credito, diversificando le fonti di finanziamento.
In tempi di credit crunch delle banche italiane, anche grazie allo sviluppo di nuove tecnologie, le alternative ai classici canali di approvvigionamento sono oggi diverse e valide.
Tra queste trova spazio il peer-to-peer lending, cioè il sistema che permette ad investitori privati e istituzionali di prestare soldi alle imprese attraverso una piattaforma online.

Secondo Sergio Zocchi, CEO di October Italia, "il clima di incertezza politica e la percentuale di debito pubblico detenuta da parte degli istituti di credito italiani hanno accentuato fenomeni di riduzione di erogazione del credito soprattutto per imprese di piccole dimensioni.
Per un Paese come il nostro, il cui tessuto imprenditoriale è costituito prevalentemente da piccole e medie imprese, questo rappresenta un vero e proprio limite allo sviluppo e alla competitività. Le PMI oggi, per sopravvivere e rimanere competitive devono diversificare le fonti di finanziamento.
Le nuove tecnologie agevolano sicuramente questo processo mettendo loro a disposizione nuovi strumenti per l'accesso al credito in tempi molto brevi".
In Italia - secondo l'ultimo rapporto di Unimpresa - nel 2018 i prestiti alle PMI italiane si sono ridotti del 5% rispetto all'anno precedente.

A soffrire sono soprattutto i debiti a breve termine (-9%).
Quali sono le cause?
Uno dei principali motivi che sta causando la restrizione nell'offerta di finanziamenti bancari riguarda il legame tra il clima di incertezza politica e la percentuale di debito pubblico detenuta da parte degli istituti di credito italiani.
Secondo dati di Banca d'Italia, una parte molto consistente del debito pubblico (32%) è detenuta dalle banche italiane che sono dunque fortemente esposte all'indicatore di rischio rappresentato dallo spread.