Fu necessario un periodo prolungato di finanziamenti a basso costo perché le imprese ritrovassero fiducia e ricominciassero ad attuare i loro piani d'investimento.
Stabilità
Quando il QE giungerà al termine, il bilancio della BCE sarà ancora di dimensioni elevate.
Inoltre, la fine del QE non rappresenta l'inizio di una politica monetaria restrittiva.
La BCE ha ribadito il suo orientamento secondo cui i tassi d'interesse rimarranno negativi almeno fino alla prossima estate. I prezzi e i salari hanno cominciato a salire, ma l'obiettivo d'inflazione del 2% fissato dall'istituto è ancora piuttosto lontano.
La bassa inflazione è dovuta in parte al fatto che, nonostante il QE e i tassi negativi, l'euro si è deprezzato meno del previsto e solo temporaneamente, mentre nel 2018 la moneta unica si è riportata intorno ai suoi livelli medi.
Il lato positivo della stabilità del cambio e del basso rischio d'inflazione è che permettono alla BCE di lasciare il suo bilancio a livelli elevati e i tassi d'interesse in territorio negativo, al fine di mantenere bassi i rendimenti e gli spread creditizi compressi.
Si tratta di un elemento cruciale per sostenere la ripresa in atto nella regione; infatti, i Paesi meridionali dell'Eurozona cominciano solo ora a registrare un'accelerazione dei prestiti bancari e un recupero della fiducia delle piccole e medie imprese, che a loro volta dovrebbero contribuire a prevenire il rischio sistemico e un potenziale contagio.
A questo proposito, vale la pena sottolineare che le tensioni politiche emerse quest'anno in Italia non hanno avuto ricadute sui mercati finanziari degli altri Paesi.
Ad ottobre i flussi legati all'imminente conclusione del programma di acquisto di obbligazioni societarie potrebbero far ampliare gli spread dei titoli in euro, ma a nostro avviso questo premio aggiuntivo e la politica monetaria ancora espansiva dovrebbero attrarre i capitali degli investitori a caccia di rendimenti superiori.
Il reinvestimento dei proventi incassati sulle obbligazioni in scadenza detenute dalla BCE aiuterà i prezzi di mercato ad adeguarsi gradualmente.
Ci aspettiamo un aumento dei tassi sui Bund tedeschi decennali verso quota 0,75% a fine 2018 ed eventualmente fino all'1% nel 2019, in base all'andamento dell'inflazione.
Valore relativo
In termini di valore relativo globale, il pessimismo del mercato nei confronti dell'Europa ci sembra dunque eccessivo.
Quest'anno la crescita ha deluso le attese rispetto ai livelli insostenibili dell'anno scorso, ma si mantiene al di sopra del trend; l'euro è conveniente rispetto al dollaro; le condizioni finanziarie sono ancora accomodanti e la BCE propende per un orientamento espansivo.
Una guerra commerciale potrebbe penalizzare le esportazioni dell'area euro, che però sono ben diversificate sul piano geografico, e non vi è alcun segno che le tensioni commerciali stiano frenando la crescita della spesa per investimenti delle aziende europee.
Per contro, i premi per il rischio del mercato statunitense scontano un trend super rialzista, nonostante l'incertezza relativa alla forza del dollaro, al ritmo con cui avveranno gli aumenti dei tassi e al risanamento fiscale che si renderà necessario una volta esaurito l'impatto degli stimoli fiscali.
Sui mercati in euro, privilegiamo una duration corta sui tassi dei Paesi core e semi-core, limitiamo l'esposizione sul segmento a lungo termine delle curve dei rendimenti e rimaniamo prudenti nei confronti delle obbligazioni societarie in vista del graduale ritiro del programma di QE.
Tuttavia, riteniamo che i titoli di Stato italiani siano tornati su livelli interessanti in chiave tattica e, nel medio termine, giudichiamo senz'altro eccessivi i timori di un forte aumento dei rendimenti obbligazionari e degli spread legati alla graduale liquidazione delle posizioni della BCE in questi mercati.
Patrick Barbe e Jon Jonsson, Senior Portfolio Manager, Investment Grade Fixed Income, Neuberger Berman
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