Millennials e welfare: più benessere e work-life balance, meno rimborsi in busta paga
Rizzi (Jointly): chi ascolterà i bisogni dipendenti, coinvolgendoli nella progettazione delle iniziative, sarà in grado di soddisfarli e vedrà aumentare l'engagement e la possibilità di ridurne il turn over
Un'idea rinnovata del welfare, sempre più legata al benessere inteso a 360° (salute, life enrichment, volontariato, flessibilità di tempi e spazi di lavoro) e meno al solo vantaggio economico individuale.
E' quanto emerge dall'analisi "Indagine per i bisogni degli under35" condotta dalla startup innovativa a vocazione sociale Jointly-Il welfare condiviso - con il supporto di un team di ricerca del Dipartimento di Psicologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano - circa la percezione che i giovani lavoratori hanno del welfare e quali sono i loro bisogni e preferenze dentro e fuori l'azienda.

A esser coinvolti nell'indagine circa 3200 dipendenti di aziende come Acli Milano, Banca Etica, Coopservice, Discovery, Etica sgr, Ferrovie dello Stato, Invitalia, Unipol e Ynap.
Tra le evidenze più interessanti emerse dall'indagine, a dimostrazione della minore centralità del lavoro nelle loro vite e della crescente volontà di investire sul tempo libero e sulla cura del sé, c'è quella che vede le nuove generazioni di lavoratori fare ampio utilizzo dei servizi di welfare: più della metà degli interessati utilizza, infatti, almeno due servizi tra quelli a disposizione (il 32% uno e il 24% due), mentre il 18% ne utilizza tre e il 16% più di quattro.
Dall'indagine emerge anche come si stia diffondendo tra i giovani un'idea rinnovata di welfare, sempre più legata alla dimensione del "work-life balance": più tempo di qualità da dedicare a sé, alla propria crescita e formazione personale, al proprio benessere psicofisico e relazionale, e meno al vantaggio economico individuale.