Un libro che racconta quest'epoca in cui i nostri gusti, bisogni ed esigenze sono conservati nella cache dei device, l'unico luogo in cui non si può mentire
L'avvento dell'era digitale rappresenta una rivoluzione culturale oltre che tecnologica. Compiamo ogni giorno centinaia di nuovi gesti, figli di nuovi comportamenti. Siamo diventati superficiali, disattenti, attratti continuamente da stimoli nuovi, per lo più attraverso quel piccolo schermo che abbiamo continuamente in mano. Mai come ora siamo pieni di input, suggerimenti, opportunità. E in questo quadro attuale, le marche e le aziende cosa fanno? Come tengono alta la nostra attenzione? Come è cambiato il loro business? Sulla base di queste riflessioni, abbiamo incontrato Aldo Agostinelli e Silvio Meazza, autori del libro People are media, il business digitale nell'era del selfie, edito da Mondadori Electa.
Come nasce un libro come questo?

L'idea del libro nasce da una specie di sogno che ha ogni pubblicitario: parlare dei comportamenti delle persone, cioè noi che passiamo tutte le nostre giornate a osservare le persone e quello che fanno.

I clienti dicono solitamente che ci sbagliamo, che i numeri non dicono questo, i dati dicono altro. Ecco credo che lo spunto del libro sia quello di unire i comportamenti e i dati e di fatto cercare di dare alle persone quello che può essere una specie di sunto, il punto della situazione del digitale in Italia in questo momento. Un punto di vista di chi fa comunicazione e di chi vende dei prodotti.
Una bella sfida...
E' nato proprio come una specie di sfida: vediamo se riusciamo a fare anche questo, tenendo conto che già come tutti si lavora 20 ore al giorno! L'abbiamo dettato all'iPhone e sbobinato, ma sono uscite davvero molte pagine che andavano riorganizzate.
Che riscontri avete avuto finora?
I lettori hanno apprezzato il fatto che è una fotografia di quello che c'è adesso, ma nello stesso tempo c'è un piccolo sguardo su quello che potrebbe esserci già dietro l'angolo, perché la tecnologia di cui parlate c'è già non la stiamo semplicemente usando, ma bisogna capire come "raccattare" dei soldi da tutti questi mezzi.
La pubblicità serve per vendere i prodotti, per far fatturare i clienti. Come sta cambiando e come sta cambiando il vostro lavoro?
Lavoriamo tutti per far fare dei soldi ai clienti e lavoriamo per loro. Ora, per far fare soldi ai clienti la tecnologia è uno strumento oggi indispensabile. Raccontare questo mondo da esploratori è piacevole. Siamo due persone che amano guardare anche alla parte tecnologica della della vita e della società. Avevamo accumulato esperienze in tante aziende in cui c'era una forte presenza di tecnologia e in qualche modo abbiamo preso da queste molte cose che oggi sfruttiamo e che ci permettono, giorno per giorno, di lavorare in team dove l'innovazione è il pane quotidiano, dalla costruzione di infrastrutture per gestire una mole di dati importante fino alla scelta di un software di una soluzione tecnica che migliore attività dell'azienda.
La tecnologia e la privacy, che rapporto hanno?
Io dico sempre che "un cookie ci seppellirà", nel senso che abbiamo degli oggetti nascosti che ci seguono in tutto quanto, ci riconoscono. Quindi, uno strumento nato per seguire gli utenti e comprendere le relazioni tra siti e pagine, è diventato un grande problema di privacy. Il tema del libro è una polemica che faccio sul comportamento di questi oggetti. Racconto l'aneddoto che ho inventato una storia nel libro: sono andato con la mia amante in un motel nelle ore d'ufficio e in ufficio non lo sa nessuno, però la mia compagnia telefonica lo sa, Car2Go lo sa, il sito di prenotazione lo sa. Quindi, lo sanno parecchie persone perché è tutto contenuto nella cache dei browser. C'è tutto quello che noi vogliamo. Noi andiamo in vacanza con la famiglia sull'Adriatico, però per un pochino abbiamo sognato i Caraibi e quindi nella cache c'è. Per non parlare appunto di quelle che possono essere tutte le nostre preferenze sia a livello di prodotti sia a livello di comportamenti. C'è un grandissimo problema di privacy, ma nello stesso tempo credo, e spero che nel libro questo traspaia, una grandissima opportunità di dati e informazioni da usare. E' evidente che il filo è molto sottile: da una parte c'è quello che noi concediamo alle marche, dall'altra c'è quello che le marche - grazie a quello che apprendono di noi - sono in grado di darci in cambio.
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