Industria conciaria: riparte l'export della pelletteria
125 i Paesi di destinazione dei nostri prodotti che, all'anno, valgono più di 4 miliardi di euro. La pelle italiana conferma la sua leadership globale
C'è un Made in Italy che è sempre stato considerato il top a livello internazionale. E' il comparto della pelle che, soprattutto in un momento di globalizzazione, vede riconosciuta ancora una volta la sua qualità e unicità di prodotto. Infatti, l'industria conciaria italiana, rappresentata da UNIC (Unione Nazionale Industria Conciaria), sulla base dei dati ancora parziali attualmente disponibili (primi 9 mesi), stima di chiudere il bilancio complessivo 2017 con esportazioni in aumento del 9% in volume e dell'1% circa in valore.
Il comparto impiega 17.612 addetti in oltre 1.200 aziende, ha un fatturato annuo 5 miliardi di euro ed è storicamente considerata leader mondiale per l'elevato sviluppo tecnologico e qualitativo, lo spiccato impegno ambientale e la capacità innovativa in termini di design stilistico.

Se confermata a fine anno, la crescita 2017 delle esportazioni italiane di pelli conciate interrompe il trend lievemente negativo che aveva caratterizzato i risultati 2015 e 2016. Una crescita internazionale che dovrebbe tradursi in un leggero aumento della produzione totale in volume e in una rassicurante stabilità in valore.
Tra le destinazioni d'uso, persistono il buon andamento della domanda per interni auto e la sostanziale positività dell'arredamento. La clientela moda lavora a macchia di leopardo: la pelletteria si conferma generalmente più brillante della calzatura, con una persistente attenzione al prezzo.
Tra i principali Paesi esteri di destinazione risulta significativa la crescita dell'area cinese, tornata in positivo dopo due anni: +7%. Bene Regno Unito (+7%) e Vietnam (+14%), mentre appaiono invariati i flussi verso gli USA, dopo sette anni di continui incrementi. Nel contesto dell'Unione Europea cresce la Francia, rallentano le altre principali nazioni e, a dimostrazione di come sia cambiata la mappa della delocalizzazione manifatturiera, diminuiscono le spedizioni verso Romania, Tunisia, Bulgaria e Serbia, mentre crescono Albania, Repubblica Ceca e Ungheria.
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