Di seguito presentiamo in dettaglio le nostre previsioni sulle principali asset class, considerando le premesse macroeconomiche appena formulate e le valutazioni correnti.
Reddito fisso
Il quadro del reddito fisso si presenta variegato, con aree in cui i livelli dei tassi sono bassi e non attraenti, come negli Usa; aree in cui vediamo probabile l'ipotesi di un investimento in perdita, ad esempio nei governativi europei; ed aree in cui le valutazioni non compensano il rischio assunto, come nel credito corporate.
Esaminando in particolare il comparto creditizio statunitense è importante notare come gli Usa si trovino attualmente in una fase avanzata del ciclo economico.
In tale contesto, vediamo riaffacciarsi pressioni inflazionistiche insieme ai primi segni di deterioramento macroeconomico, evidenti nella qualità del credito e in particolare nei prestiti agli studenti, nei finanziamenti per auto usate e nelle carte di credito.
Vediamo qualche opportunità di investimento selettivo negli obbligazionari emergenti, asset class su cui puntiamo in maniera moderata.
Scegliamo invece una duration contenuta e finanche negativa in area euro.
La liquidità, in presenza di prospettive di rendimento sugli obbligazionari così deludenti, diventa quasi una scelta obbligata, "una condanna".
Azionario
Crediamo che le valutazioni attuali dei mercati azionari quotino pienamente lo scenario macroeconomico condiviso dal mercato.
Inoltre, nonostante la forte crescita durante l'anno, non vediamo ancora tale comparto vicino agli eccessivi picchi tipici dell'ultima fase di un mercato rialzista, come per esempio quelli del settore IT durante il 2000.
Continuiamo a vedere margini e opportunità di acquisto in alcuni settori in Usa, dove è atteso un consistente programma di stimolo fiscale entro l'anno.
Tale progetto legislativo non avrà probabilmente un impatto significativo sulla crescita (circa uno 0,2-0,3% sul PIL) ma potrebbe avere ripercussioni sostanziali sugli utili aziendali e di conseguenza sui mercati.
La riduzione delle imposte per le imprese sarà generosa, intorno al 20%, con implicazioni settoriali importanti.
Secondo le stime, questo si tradurrà in media in un aumento degli utili del 8% delle imprese americane, che si somma alla crescita del 10% già prevista dal mercato per il 2018.
Possiamo tuttavia evidenziare notevoli differenze tra i vari settori: quelli soggetti ad un'alta tassazione marginale e che producono pochi profitti all'estero, come ad esempio finanziari, energetici e in generale le PMI domestiche, forniscono prospettive migliori.
I meno favoriti sono invece settori quali IT e farmaceutico, connotati da una forte vocazione internazionale.
In questo contesto, la politica monetaria della rinnovata Fed rimane un'incognita fondamentale.
Qualche indizio può essere ritrovato nelle fresche nomine effettuate da Donald Trump per il board della Fed.
La triade che già siede nel comitato direttivo ci indica con sufficiente chiarezza quale direzione si intende perseguire.
Troviamo infatti un esperto di deregolamentazione come Randal Quarles; il neo Governatore Jerome Powell che si muove da non economista nel percorso già tracciato da Janet Yellen; infine Marvin Goodfriend, un'autorità in politica monetaria.
Basandosi su questi profili, è improbabile ritrovarsi grosse sorprese sul fronte dei rialzi dei tassi, mentre ci si può aspettare una Fed più possibilista e aperta in tema deregolamentazione.
Un graduale rialzo dei tassi probabilmente non avrà un impatto rilevante per le azioni globali e potrà quindi essere assorbito senza importanti traumi, a patto che tale movimento in salita non sia repentino.
In ogni caso, molti dei settori che finora hanno beneficiato dal regime dei tassi bassi è probabile che perdano questa spinta, mentre settori come quelli finanziari Usa e giapponesi e i settori ciclici europei potrebbero beneficiare dal futuro rialzo delle curve del reddito fisso globale.
Dollaro
Il grande perdente del 2017 difficilmente potrà partire con grande slancio nel 2018.
Dopo un parziale rafforzamento nella prima metà dell'anno, che si potrà possibilmente sfruttare per spunti tattici, ci aspettiamo che il dollaro prosegua lungo il sentiero di graduale indebolimento a partire da giugno.
Non necessariamente vedremo un deprezzamento violento come quello avvenuto nel 2017, che ha portato il livello della valuta statunitense contro euro dall'1,03 di inizio anno al 1,19 di oggi.
La nostra previsione a 12 mesi per l'Euro/dollaro è di 1,22.
Marco Piersimoni, Senior Investment Manager, Pictet AM
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