"È il segnale che le grandi imprese ormai conoscono le opportunità offerte dai Big Data e hanno una strategia data driven orientata agli aspetti predittivi e all'automatizzazione di processi e servizi.
L'utilizzo dei Big Data Analytics è indispensabile per non rischiare di perdere capacità competitiva: le imprese che negli anni scorsi hanno saputo approfittarne, affiancando all'innovazione tecnologica un modello organizzativo capace di governare il cambiamento, oggi si trovano in portafoglio processi piu` efficienti, nuovi prodotti e servizi con un ritorno dell'investimento certo e misurabile".
"Le grandi imprese hanno compiuto grandi passi in avanti, con un maggiore investimento di risorse ma anche di competenze, come dimostra il 45% di aziende che ha inserito figure di data scientist in organico", commenta Alessandro Piva, Responsabile della ricerca dell'Osservatorio Big Data Analytics e Business Intelligence.
"Anche le PMI mostrano un diffuso interesse per l'analisi dei dati, con l'utilizzo di strumenti di data visualization e analytics di base, ma anche servizi di supporto alle attività di marketing.
Sebbene coprano ancora oggi soltanto il 13% del mercato, la crescita della spesa è un segnale che, seppur più lentamente, si stanno muovendo nella giusta direzione".
Le grandi imprese
La totalità delle grandi imprese utilizza i descriptive analytics, strumenti che descrivono la situazione attuale e passata dei processi aziendali, con una crescita di 11 punti percentuali rispetto allo scorso anno.
Ma l'area di maggiore interesse per le imprese è quella dei predictive analytics, gli strumenti avanzati che consentono di effettuare previsioni sull'evoluzione del mercato e sulle strategie, già diffusi nel 73% dei casi (contro il 59% del 2016).
Sono ancora indietro, invece, i prescriptive analytics, tool avanzati capaci di proporre soluzioni sulla base delle analisi svolte, presenti solo nel 33% delle grandi imprese (pur in aumento di dieci punti), e ancora di più gli automated analytics, capaci di avviare autonomamente l'azione proposta secondo il risultato delle analisi, diffusi solo nel'11% delle organizzazioni, prevalentemente a livello pilota, in linea con quello dello scorso anno (10%).
Il settore più interessato nel mercato degli Analytics tra le grandi imprese è quello bancario (28%), seguito da manifatturiero (24%), telco e media (14%), PA e sanità (7%), servizi (8%), GDO (7%), utility (6%) e assicurazioni (6%).
Se si prende in considerazione la crescita però guidano la graduatoria assicurazioni, manifatturiero e servizi, con tassi superiori al 25%, seguiti da banche, GDO e telco e media, con tassi tra il 15% ed il 25%, poi utility e PA e sanità, con crescite più modeste.
Tra le aziende che hanno avviato iniziative, gli obiettivi dei progetti di Big Data Analytics sono stati soprattutto il miglioramento dell'engagement con il cliente (70%), l'incremento delle vendite (68%), la riduzione del time to market (66%), l'ampliamento dell'offerta di nuovi prodotti e servizi e l'ottimizzazione dell'offerta attuale per aumentare i margini (64% ciascuno), la riduzione dei costi (57%) e la ricerca di nuovi mercati (41%).
Tra i risultati effettivamente ottenuti spicca il migliorare l'engagement con il cliente per la totalità delle imprese (il 100% degli intervistati), il 91% ha incrementato le vendite, il 78% ha ridotto il tempo che intercorre fra l'ideazione e commercializzazione del prodotto, il 67% ha ampliato l'offerta di prodotti e servizi, il 73% ha ottimizzato l'offerta per aumentare i margini di guadagno, il 56% ha contenuto i costi e il 38% cercato nuovi mercati.
Quasi due su tre ne danno un giudizio positivo: in particolare, il 13% giudica i risultati disruptive, il 21% un grande successo, il 29% un moderato successo, mentre soltanto il 37% ritiene che sia prematuro esprimere una valutazione e nessuna considera un fallimento questo tipo di iniziative.
Tra gli ostacoli principali ai progetti di Big Data Analytics, spiccano la mancanza di impegno e coinvolgimento da parte del top management (53%) e la mancanza di competenze e figure organizzative interne come Chief Data Officer e Data Scientist (51%).
Invece non sembrano essere elementi di freno sostanziali i software poco usabili o le soluzioni obsolete (12%), così come la capacità di reperire dall'esterno professionalità con l'adeguato mix di competenze (22%).
"Questi dati confermano che il mercato dell'offerta è pronto, con soluzioni allo stato dell'arte e competenze di Big Data Analytics crescenti - afferma Piva - persiste invece in molti casi un gap nella capacità di internalizzare figure e skill in grado di analizzare i dati e la capacità di sviluppare modelli di governance della datascience maturi".
Tra gli altri freni vengono segnalate la difficoltà nello stimare i benefici dell'investimento o la necessità di investimenti troppo elevati (39%), soprattutto nelle aziende che per la prima volta si approcciano a soluzioni Analytics, e le problematiche di security e privacy (27%).
La situazione delle PMI
Nonostante la loro quota di spesa complessiva in Analytics sia cresciuta del 18% nel 2017, il ruolo delle piccole e medie imprese è ancora marginale nel mercato degli Analytics.
Lo rivela l'indagine dell'Osservatorio su 947 imprese che impiegano da 2 a 249 addetti, da cui emerge che fra le PMI la diffusione di sistemi di Big Data Analytics si attesti solo al 7%.
Tuttavia, le dimensioni aziendali hanno un peso rilevante nel determinare l'approccio a questi sistemi: per le microimprese è ancora prematuro parlare di Big Data Analytics perché non ne comprendono l'utilità e non sono sufficientemente strutturate, ma un'azienda su cinque con almeno dieci addetti ha progetti di Analytics in corso e il dato sale al 24% per le imprese con un con più di 50 addetti, segno di un deciso miglioramento anche delle PMI sulla strada che porta a diventare "Big Data Enterprise".
Lo spaccato per area geografica rivela che l'area più avanzata in termini di diffusione di progetti e strumenti di Big Data Analytics è il Nord Ovest (34%), seguita a grande distanza da Centro (15%) e Sud e Isole (11%), mentre il Nord Est (9%) è l'area più arretrata.
Per quanto riguarda la suddivisione settoriale, le aziende dell'ICT e media si confermano le più innovative e le più interessate a introdurre tecnologie Big Data nel prossimo futuro.
Ma ha buon posizionamento anche il settore del commercio, mentre il mondo dei servizi finanziari e assicurativi è il più interessato a sviluppare iniziative nel breve periodo.
Quando si tratta di valutare l'investimento in progetti di Big Data Analytics, spesso le PMI trovano difficoltà a stimare i reali benefici.
Un altro ostacolo è la mancanza di competenze adeguate, difficili sia da sviluppare internamente che da reperire all'esterno, mentre una PMI su dieci è preoccupata dagli aspetti legati alla sicurezza informatica.
Gli incentivi principali che invece spingono le PMI a investire in questa tipologia di progetti sono la possibilità di cogliere nuove opportunità di business (per tre aziende su cinque), l'esigenza di ottimizzare i processi e rendere più efficaci le campagne di marketing.
Il tema delle competenze è particolarmente sentito dalle PMI che dichiarano di voler utilizzare a breve i Big Data: tre su cinque hanno assunto figure specializzate nell'ultimo anno, ma fra le competenze inserite spicca la conoscenza dei sistemi informatici rispetto all'analisi statistica e al project management.
"Tendenziamente le PMI non sono ancora alla ricerca di data scientist, inteso come quel profilo trasversale in grado di far incontrare conoscenze informatiche, di business e capacità di storytelling", analizza Vercellis.
"L'approccio con il quale le organizzazioni con meno di 250 addetti affrontano i Big Data Analytics è infatti ancora di tipo tradizionale: nelle piccole realtà l'analisi dei dati, seppur sviluppata con tecnologie innovative, rimane una prerogativa dell'IT o un argomento complesso da dover richiedere in modo sistematico la consulenza di società esterne specializzate".
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