Ma all'orizzonte ci sono importanti opportunità di crescita per queste soluzioni perché il contesto italiano presenta tutte le condizioni per lo sviluppo del Supply Chain Finance.
Sono i risultati della ricerca dell'Osservatorio Supply Chain Finance della School of Management del Politecnico di Milano
"La ricerca evidenzia un cambio radicale nella velocità di sviluppo del mercato del credito di filiera in Italia", spiega Stefano Ronchi, Responsabile scientifico dell'Osservatorio Supply Chain Finance.
"Uno sviluppo che, più che nei numeri, si rileva nella nascita di nuove soluzioni, nelle evoluzioni normative che ne abilitano l'adozione, nell'ingresso prepotente di nuovi player e di startup, mentre le tecnologie che si stanno affacciando come blockchain, big data e Application Programming Interface, offrono nuove opportunità".
"Sono passati i tempi in cui il Supply Chain Finance era una chimera: le soluzioni sono ormai consolidate e rappresentano una certezza per la gestione finanziaria delle imprese", evidenzia Alessandro Perego, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Gestionale e Direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation. "Se le imprese italiane riusciranno a operare come network di sistema e non come entità singole, ci sono tutte le condizioni per lo sviluppo in Italia.
Per le aziende però è fondamentale scegliere adeguatamente la soluzione da adottare per finanziare il capitale circolante, individuando il giusto mix, secondo la formula migliore per ogni fornitore".
"Nella valutazione del merito creditizio è auspicabile identificare modalità innovative che permettano alle imprese e ai loro finanziatori di acquisire una migliore conoscenza della filiera integrando diverse fonti informative", afferma Federico Caniato, Direttore dell'Osservatorio Supply Chain Finance.
"In particolare, è opportuno integrare il rating finanziario a quello operativo, che può fornire dati trasparenti e obiettivi utili alle aziende ma anche al mondo finanziario, anticipando situazioni di sofferenza e valutando il potenziale di aziende finanziariamente deboli ma meritevoli di sostegno".
Le startup
Sono circa 50 le startup in ambito Supply Chain Finance nate dal 2009 alla prima metà del 2016 a livello internazionale.
Un fenomeno crescente, con una spinta guidata dai Paesi anglosassoni (UK e Australia in primis), in cui però il nostro Paese è protagonista: 22 tra le startup della rilevazione effettuata dall'Osservatorio hanno headquarter nei Paesi anglosassoni, 6 in Italia.
Le attività delle startup si concentrano in particolare sull'accesso al credito delle PMI con soluzioni molto flessibili e facilmente adattabili a contesti diversi e variabili.
I business model si focalizzano principalmente sulla tipologia di finanziamento e sullo strumento tecnologico sottostante.
"Il fermento che si percepisce tra le startup presuppone nuovi spazi di mercato del Supply Chain Finance", afferma Antonella Moretto, Direttore dell'Osservatorio Supply Chain Finance in Italia.
"Tra i servizi offerti, è forte il bisogno di una gestione della liquidità più efficace ed efficiente, soprattutto per le PMI, ma emerge uno spazio di mercato lasciato scoperto dagli operatori più tradizionali e meno propensi all'innovazione".
Le piattaforme
La stragrande maggioranza dei provider di finanziamento in Italia, perlopiù banche e factor locali, eroga il servizio senza il supporto di una piattaforma dedicata.
Un fenomeno, con l'eccezione dei grandi gruppi bancari nazionali che hanno abbracciato convintamente la via della digitalizzazione, che denota un atteggiamento conservativo dell'offerta, anche per una domanda ancora poco consapevole delle potenzialità del Supply Chain Finance.
Le piattaforme disponibili e più utilizzate in Italia sono "chiuse" e abilitano una relazione univoca tra impresa cedente e provider di finanziamento, mentre i paradigmi più competitivi non hanno ancora attecchito.
Ma le grandi banche internazionali stanno introducendo in Italia dinamiche di finanziamento in ambito Supply Chain Finance innovativo, sfruttando le piattaforme fintech in modalità "open finance" e "double open" emergenti a livello europeo.
L'integrazione tra rating operativo e finanziario
Nel 40% delle aziende non si evidenzia una corrispondenza tra il rating finanziario e quello operativo, frutto dell'analisi di prestazioni come tempi, costi, qualità, conformità dei fornitori.
Lo rivela l'analisi condotta dall'Osservatorio Supply Chain Finance su dati relativi a 143 imprese italiane di diversa dimensione.
Eppure, nella valutazione del merito creditizio sarebbe auspicabile un'integrazione di questi due rating attraverso modalità innovative che permettano una migliore conoscenza della filiera.
Imprese di medie, piccole o micro dimensione soffrono in modo pressoché simile le situazioni in cui un ottimo rating operativo non è adeguatamente rispecchiato in quello finanziario (rispettivamente nel 24%, 28% e 34% dei casi).
In diverse aziende industriali il rating operativo rilevato su un fornitore e i dati finanziari disponibili vengono già integrati per una miglior valutazione della base di fornitura, ma nessuna azienda tra quelle analizzate oggi scambia in modo strutturato queste informazioni con i propri istituti finanziari per facilitare l'accesso al credito dei propri fornitori.
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