Il 2016 ha sancito inoltre la progressiva crescita della piattaforma di scambio ExtraMOT PRO, gestita da Borsa Italiana, che ha consentito alle imprese di individuare un mercato secondario ?adatto' per i mini-bond, con procedure di ammissione semplici, rapide e poco costose, e da poco tempo anche di accedere alla piattaforma OPS per il collocamento iniziale dei titoli.
A fine anno i titoli quotati erano 165 per un controvalore nominale complessivo di oltre 6 miliardi di euro, pur con scambi ridotti data la logica buy-and-hold di molti investitori specializzati.
Rispetto all'Europa, l'esperienza italiana si conferma come uno dei punti di riferimento.
In altri paesi, come ad esempio come Regno Unito e Germania, la possibilità di collocare mini-bond anche presso il pubblico degli investitori retail ha incentivato fenomeni di opportunismo e le numerose insolvenze hanno messo a repentaglio la fiducia degli investitori.
Quali sono le imprese emittenti?
La ricerca ha dunque identificato 222 imprese che al 31 dicembre 2016 avevano collocato mini-bond in Italia, 95 delle quali PMI non finanziarie.
Nel solo 2016 le emittenti sono state 88 (74 si sono affacciate sul mercato per la prima volta), 21 in più rispetto al 2015: le PMI sono passate dal 43 al 53%.
In gran parte le emittenti del 2016 sono società per azioni (l'84%), ma sono rappresentate pure società a responsabilità limitata e cooperative.
Nel campione totale compaiono anche 25 imprese già quotate sul mercato azionario.
Il fatturato delle imprese emittenti è molto variabile: la fascia più numerosa del campione si concentra fra 100 e 500 milioni di euro, ma compaiono anche ben 40 società con fatturato inferiore a 10 milioni.
Nel 2016 è raddoppiato il numero di quelle con fatturato compreso fra 10 e 25 milioni.
Per quanto riguarda l'attività, si registra la netta supremazia del settore manifatturiero, anche se nel 2016 è aumentato il peso relativo degli altri, dal commercio alle utilities, dai servizi finanziari all'immobiliare, dall'informatica alle costruzioni.
L'analisi dei bilanci consolidati per le non finanziarie emittenti mostra situazioni abbastanza diversificate rispetto alla marginalità operativa all'emissione (ben 17 imprese con EBITDA negativo).
La redditività appare contenuta ma in leggero miglioramento appena prima del collocamento del mini-bond.
In media si riscontra un buon aumento del fatturato prima dell'emissione e - limitatamente alle PMI per cui sono disponibili i bilanci - anche dopo, ma solo per le emittenti del 2013, non per quelle del 2014.
Il Report documenta i pochissimi default aggiornati al 2016, le situazioni a rischio di insolvenza e alcuni casi di ridiscussione dei covenant previsti nei contratti con gli investitori.
Un'inedita analisi di riclassificazione dei bilanci consolidati per le PMI emittenti del 2013 e del 2014 consente di evidenziare come siano stati impiegati i finanziamenti raccolti, distinguendo se il mini-bond abbia rappresentato la fonte rilevante di capitale e se gli impieghi si siano diretti a nuovi investimenti o al rifinanziamento del debito esistente.
Caratteristiche delle emissioni
L'Osservatorio dispone ormai di osservazioni su 292 emissioni di mini-bond effettuate dalle imprese del campione a partire da novembre 2012 (alcune hanno condotto più emissioni), ben 245 delle quali hanno importo sotto i 50 milioni di euro, il 50% addirittura sotto i 5 milioni. Si tratta in gran parte di obbligazioni, ma compaiono anche 26 cambiali finanziarie, spesso nell'ambito di programmi rolling.
Il valore nominale totale dei mini-bond supera gli 11,5 miliardi di euro: 1,28 miliardi per le sole emissioni fatte da PMI, 2,03 per le 245 sotto i 50 milioni.
Il 2016 ha contribuito con 106 emissioni (89 sono sotto la taglia di 50 milioni), con controvalore totale di 3,57 miliardi.
Si è osservata una stabilizzazione del valore medio delle emissioni: 25 milioni nel secondo semestre, 47 milioni nel primo.
Nel campione totale, 201 titoli su 292 sono stati quotati su ExtraMOT PRO, 20 su listini esteri in Germania, Irlanda, Austria e Lussemburgo.
Per quanto riguarda la scadenza, nel 2016 le imprese si sono allontanate dalla media passata di 5 anni, ma la distribuzione è molto eterogenea.
Il valore medio del 2016 è 5,7 anni, in aumento rispetto al 2015, ma ben 17 emissioni hanno avuto scadenza inferiore a un anno.
Il 54,5% dei titoli nel campione complessivo prevede il rimborso alla scadenza (bullet), soprattutto per le emissioni maggiori e per le imprese già quotate in Borsa.
Nelle PMI e nelle emissioni sotto i 50 milioni è relativamente più frequente la modalità amortizing, con un rimborso graduale fino alla scadenza.
Sulla base dei dati raccolti, viene elaborata anche una proiezione dei flussi di capitale in scadenza nei prossimi anni, e quindi da rifinanziare.
La cedola è quasi sempre fissa (solo in 33 casi è variabile) e il suo valore medio è pari a 5,36%.
Si riscontra per il secondo anno consecutivo, nel 2016, una riduzione del coupon (la media è 4,89% rispetto a 5,10% dell'anno prima).
Aumenta il ricorso alla cedola indicizzata.
I mini-bond del campione sono associati a un rating nel 39% dei casi (il 22% ?pubblico', distribuito quasi equamente fra investment grade e speculative grade, il 17% unsolicited o undisclosed).
Il ricorso al rating è calato nel 2016 ed è riscontrato soprattutto fra le grandi imprese.
Molto frequente, in particolare per PMI e società finanziarie, la clausola di opzione put, che permette la richiesta di rimborso anticipato del titolo da parte dell'investitore.
Spesso è abbinata ad una clausola di tipo call, nel senso che il rimborso può essere forzato in anticipo dall'emittente.
La presenza di una garanzia sul rimborso del capitale, a dare maggiore sicurezza agli investitori, è diventata più frequente nel 2016 (35% delle emissioni contro il 14% fino al 2015) e continua ad esserlo per le società di grande dimensione e per i collocamenti di lungo termine.
Il rispetto di determinati covenant in funzione di ratio patrimoniali-reddituali-finanziari è presente nel 50% dei casi ed è relativamente più frequente per le emissioni di importo minore e per quelle di lungo termine.
Nel 2016 è interessante osservare i primi casi di difficoltà di alcune emittenti nel rispetto dei covenant, soprattutto nei comparti correlati all'oil & gas.
Gli attori della filiera
Per quanto riguarda la catena del valore che caratterizza il mercato dei mini-bond nel 2016, il Report identifica i principali player sul mercato italiano in ognuno dei ruoli di primo piano. L'advisor è un consulente destinato ad affiancare l'impresa nella decisione strategica iniziale, nell'analisi del business plan, dell'information memorandum e nella definizione di tempi e modalità dell'emissione.
I consulenti legali si occupano di verificare gli aspetti formali e di compliance rispetto ai contratti e ai regolamenti o prospetti del prestito.
L'arranger si occupa invece del collocamento dei titoli sul mercato, individuando i potenziali investitori e occupandosi del fine tuning rispetto alla definizione dei rendimenti offerti.
La società di rating è un altro attore di riferimento nell'emissione di giudizi indipendenti sulla solvibilità dell'emittente.
Importante anche il ruolo delle banche agenti e delle banche depositarie, che assistono le emittenti nei processi amministrativi correlati alla dematerializzazione dei titoli e alla gestione dei pagamenti.
Per quanto riguarda gli investitori che hanno sottoscritto i mini-bond di taglia inferiore a 50 milioni, il 2016 ha visto confermato il ruolo importante dei fondi chiusi di private debt (con investimenti pari al 31% del campione) ma anche il buon aumento delle risorse investite dai fondi esteri (28%).
Cala invece il ruolo delle banche nazionali e si mantiene stabile il contributo delle assicurazioni.
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