Vacilla la norma sul Data Protection Officer
Bernardi (Federprivacy): profilo professionale stravolto rispetto ai dettati dell'UE, generiche le conoscenze giuridiche, molte quelle informatiche riconducibili più a un security manager che a un DPO
Uno dei principali obiettivi del nuovo Regolamento UE 2016/679, è quello di creare il giusto clima di fiducia tra i cittadini per far decollare il mercato digitale nell'Unione Europea, un'economia da 272 miliardi di euro che può continuare a crescere solo se gli utenti si sentono a loro agio mentre fanno acquisti in Internet, senza doversi preoccupare che i loro dati personali potrebbero essere trattati illecitamente o utilizzati per commettere frodi a loro danno.

E se da una parte la nuova normativa comunitaria sulla privacy inizia a preoccupare le imprese, che si dovranno adeguare entro il 25 maggio 2018 per non rischiare multe fino a 20 milioni di euro o fino al 4% del fatturato annuo, sul fronte del mercato del lavoro ci sono invece prospettive positive, derivanti dalla crescente necessità di esperti della materia e dall'obbligo di nomina di un "data protection officer" per tutte le pubbliche amministrazioni e per le imprese che trattano su larga scala dati sensibili o altri dati che presentano rischi specifici, oppure se nelle attività principali vengono effettuati trattamenti che richiedono il controllo regolare e sistematico degli interessati, come avviene spesso nelle attività di eCommerce in cui gli utenti vengono profilati online per proporre loro prodotti e servizi in base ai loro gusti e alle loro preferenze.
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