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06/07/2016

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Bye bye UK. E adesso cosa succede per l'economia e i mercati?

Dopo il referendum che ha sancito la Brexit, quali scenari si aprono per l'Unione europea, per l'eurozona, per l'economia globale, per i mercati valutari e azionari? Quali saranno le mosse delle banche centrali? E cosa deciderà la UE sugli accordi commerciali?

I cittadini britannici hanno votato a favore dell'uscita dall'Unione Europea. Ciò che cosa comporta per l'economia e i mercati nell'immediato e nel breve termine? "La nostra tesi centrale - affermano in WisdomTree Europe - prevede che lo squilibrio strutturale dell'economia britannica, quale risultato della Brexit, probabilmente s'intensificherà. Con un oneroso disavanzo delle partite correnti pari al 7% del PIL, il Regno Unito dovrà fare affidamento in misura ancora maggiore sulla magnanimità degli investitori esteri per finanziare un crescente deficit commerciale, a meno di una svalutazione della sterlina (che di fatto è già avvenuta, NDR). E' probabile che ciò si verifichi poiché, venendo a mancare l'accesso al mercato unico, il commercio dei servizi - di cui il Regno Unito è esportatore netto verso l'UE - presumibilmente assisterà all'imposizione di alcune barriere; mentre il commercio di beni - di cui il Regno Unito è invece importatore netto con l'UE - resterà sostanzialmente inalterato, nell'intento di salvaguardare i vantaggiosi proventi da esportazione di cui godono i Paesi membri dell'UE con il Regno Unito".


I flussi d'investimento dei portafogli nei segmenti azionario e obbligazionario britannici hanno raggiunto i 270mld/GBP nel 2015, ossia il 14% del PIL, livelli che si possono considerare estremi se confrontati agli anni di relativa stabilità successivi alla bolla tecnologica e precedenti la crisi finanziaria del 2008. "E' inverosimile che oggi gli investitori esteri siano altrettanto entusiasti di allocare il proprio patrimonio sui Gilt e le società dell'indice FTSE All-Share, non fosse altro poiché l'Articolo 50 - l'unica modalità legale di recedere dall'UE - prevede un periodo di due anni per rinegoziare i termini e le tempistiche dei nuovi accordi commerciali da parte dell'Unione Europea e da cui il Regno Unito sarà escluso", continuano gli esperti di WisdomTree Europe.
Inoltre, l'assenza di un modello commerciale alternativo cui fare riferimento comporta inevitabilmente un clima d'incertezza destinato a protrarsi piuttosto a lungo e ciò, fino a quando non si saranno calmate le acque, indurrà gli investitori - almeno nel breve periodo - a considerare il ridimensionamento dell'esposizione sul Regno Unito se non, addirittura, ad evitare qualunque asset allocation nel Paese.


Il punto di pressione sui mercati finanziari graviterà attorno alla sterlina che, per quanto più o meno confinata all'interno di una banda di oscillazione ristretta fin dall'inizio, ha ceduto a fronte di una significativa volatilità intra-day. Le opzioni

Per la negoziazione per nuovi accordi commerciali, il Regno Unito ha diverse opzioni: aderire allo Spazio Economico Europeo (SEE), attingere al modello esistente per alcuni paesi (Svizzera, Norvegia o la Turchia) o conformarsi alle regole del WTO (la soluzione più costosa per il Regno Unito in quanto la più distante dall'attuale situazione). "Nessuna di queste soluzioni gioverà ad entrambe le parti in questa fase. Ci stiamo quindi spostando verso accordi su misura con l'UE, eventualmente corredati da accordi bilaterali. I tempi per la negoziazione di questi tipi di accordi sono molto lunghi: in media, tra i quattro e i dieci anni. E' probabile che il Regno Unito rimarrà parte dell'UE per più di due anni", afferma Philippe Ithurbide, Global Head of Research di Amundi.
"Il Regno Unito è ancora nell'Unione Europea da un punto di vista legale - puntualizza Pierre Olivier Beffy, Chief Economist di Exane BNP Paribas - ma già fuori da quello politico.

il percorso per uscire sembra tortuoso dal momento che: 1) la Brexit è stato un colpo diretto alla Commissione Europea che cercherà di evitare che altre nazioni siano tentate di uscire; 2) le nazioni appartenenti all'Unione Europea hanno obiettivi differenti (la Polonia sulla libera circolazione dei lavoratori, la Francia e la Germania sui servizi finanziari, l'Olanda sul libero commercio, ecc..); 3) nel Regno Unito stesso, il fronte Brexit non sembra preparato in un contesto di incertezza della politica locale". Cosa implica la decisione per il futuro dell'UE e dell'Eurozona?

Secondo Salman Ahmed, Chief Investment Strategist Lombard Odier IM, "in termini di pura politica, lo scossone per la Gran Bretagna e l'Europa è appena iniziato. David Cameron ha annunciato le dimissioni, ma ci aspettiamo che le prossime settimane e l'imminente leadership dei conservatori saranno tumultuose per i mercati e la sterlina. Più a lungo termine, il nostro nuovo scenario di base a seguito del voto di uscita è un accordo in stile Norvegia per la Gran Bretagna. Restano ancora molti ostacoli importanti e incerti prima che un tale esito possa realizzarsi.


Innanzitutto, con la Scozia che ha votato fortemente per restare nell'UE, ci saranno pressioni per indire un nuovo referendum sulla sua posizione all'interno della Gran Bretagna. Questo aggiunge un ulteriore livello di incertezza, sia per l'Europa che per la Gran Bretagna, nello specifico. L'incertezza sulla forma futura che assumerà qualsiasi accordo avrà probabilmente di pari passo con la forte possibilità di disintegrazione dell'UE e della Gran Bretagna.
Il contagio in Europa è possibile e aumentano le congetture su un possibile effetto domino, mentre i mercati si chiedono quali altri Paesi potrebbero decidere di abbandonare l'Unione. Dobbiamo chiederci se la Brexit darà ulteriore impeto all'estrema destra in Europa".
Molti i timori anche in Kempen CM: "ci preoccupa soprattutto il potenziale rischio di contagio politico. La profonda insoddisfazione emersa durante il dibattito sulla Brexit non è un problema che riguarda soltanto la Gran Bretagna. Si registra una crescente insoddisfazione anche tra la popolazione del resto dell'Europa e non solo. Agli occhi di una fetta sempre maggiore dell'elettorato, soltanto le elite hanno approfittato dei vantaggi dell'integrazione europea e dell'abolizione delle frontiere.


Inoltre, sono soprattutto le elite ad avere beneficiato della ripresa economica in atto da un paio d'anni. Le classi sociali benestanti ignorano in gran parte i sentimenti della vasta maggioranza della popolazione e questo non fa che portare acqua al mulino dei partiti anti-establishment. Viste le numerose scadenze politiche all'orizzonte (in Spagna siamo ancora all'empasse, Italia e Stati Uniti, Francia e Germania), la volatilità rimarrà elevata. Dopotutto, i partiti anti-establishment possono comportare un cambiamento di regime difficile da prevedere per gli investitori. E oltre a questo, c'è un crescente rischio di disgregazione dell'Eurozona".
Timori sulla UE condivisi anche da David Zahn (CFA, FRM, di Franklin Templeton Fixed Income Group): "credo che la questione sia piuttosto come l'UE gestirà questo risultato. Se il Regno Unito, la quinta maggiore economia al mondo, non vuole restare nell'UE, possiamo aspettarci che altri Stati membri inizino a porsi domande simili sulla loro appartenenza futura? Probabilmente i cittadini si domanderanno se l'UE sarà in grado di continuare ad esistere nella sua attuale struttura.


Ora che sussiste un precedente in base al quale le nazioni possono lasciare l'UE, le attenzioni saranno puntate sugli altri Membri in cui c'è stata un'ondata di malcontento sull'appartenenza all'UE. In termini economici, credo che la Banca Centrale Europea (BCE) vorrà mantenere la sua politica di alleggerimento nell'Eurozona, quindi se la volatilità aumenta potrebbe prevedere di operare adeguamenti (probabilmente solo adeguamenti verbali) ma anche eventualmente di modificare il suo programma di acquisto".

Il ruolo delle banche centrali

In un contesto di forte incertezza politica il comportamento delle banche centrali sarà cruciale per la fiducia dei cittadini. Al riguardo, secondo il team Macro di Exane BNP Paribas, la BoE sarà obbligata a rendere più accomodante la sua politica monetaria nei prossimi due anni. Mentre, per quanto riguarda la BCE gli esperti si aspettano che l'Istituto possa far leva su un ulteriore calo dei tassi e su un aumento degli acquisti mensili del programma di QE, e rendere la liquidità derivante dalle operazioni di LTRO più accessibile per far fronte al crescente stress sul mercato creditizio e obbligazionario.


Inoltre, per far fronte all'aumento dell'avversione al rischio nei paesi periferici (testimoniato dal rialzo degli spread), la BCE potrebbe attivare il programma OMT (finora mai utilizzato) in modo da poter supportare un singolo Paese piuttosto che suddividere gli acquisti secondo i capital key come previsto nel QE. Tuttavia, dato che il programma non è mai stati utilizzato la sua attivazione potrebbe richiedere tempo.
La Bank of England sembra ben preparata per gestire le reazioni estreme di mercato, non da ultimo in quanto potrebbe accedere a valuta estera attivando linee di swap con la Banca centrale europea (BCE) e la Federal Reserve. Sul più lungo termine, la BoE potrebbe tagliare i tassi per sostenere l'economia inglese; un quantitative easing potrebbe essere di fatto necessario. Tuttavia, potrebbe affrontare un dilemma se un calo della sterlina provoca un rialzo dell'inflazione. Il nuovo Cancelliere (chiunque sia) si troverà ad affrontare decisioni difficili sull'austerità e sulla necessità di uno stimolo fiscale.

Cosa aspettarci per il medio-lungo termine

Dando per fisiologica una certa volatilità, secondo Stefan Kreuzkamp, Chief Investment Officer di Deutsche AM: "a seguito della svalutazione iniziale, è possibile un'ulteriore debolezza della sterlina, con periodi di volatilità conseguenti agli sviluppi positivi/negativi nei negoziati sull'uscita.


L'incertezza continuerà a pesare sull' azionario nel Regno Unito, minando la spinta attesa da una sterlina debole, fino a che non ci sarà chiarezza sul regime commerciale post-UE. Macchinari e trasporti, prodotti chimici, combustibili minerali, servizi assicurativi e finanziari e la produzione potrebbe essere particolarmente vulnerabili, data la loro elevata esposizione al commercio dell'UE. I rendimenti potrebbero salire fino a un livello in cui i premi al rischio possano compensare gli investitori (soprattutto per il declassamento del rating probabile per U.K.). Di conseguenza, potrebbero salire sopra i rendimenti statunitensi. Ci aspettiamo che questo abbia solo un limitato impatto a lungo termine al di fuori del Regno Unito, tuttavia il rischio di contagio e di una più ampia crisi europea richiederanno un attento monitoraggio".

Impatto limitato sull'economia globale

Secondo gli esperti di Kempen CM "la Brexit avrà un impatto economico (limitato) sul resto dell'Europa. Ne risentirà la fiducia, le condizioni finanziarie si inaspriranno, i volumi delle esportazioni caleranno e la disoccupazione aumenterà leggermente.


Tuttavia, non riteniamo che la Brexit porterà a una recessione. L'apprezzamento del dollaro USA sull'euro e la sterlina inglese, associato a una maggiore volatilità dei mercati e a un minore appetito per il rischio, causeranno un irrigidimento delle condizioni finanziarie negli Stati Uniti. La decelerazione della crescita potrà rimanere limitata. Tuttavia, ci aspettiamo che la Fed accantoni i piani di rialzo dei tassi di interesse ancora per un po'.
L'apprezzamento del dollaro USA e la minore domanda proveniente dall'Europa incideranno anche sulla Cina e gli altri mercati emergenti. Inoltre, i prezzi delle materie prime subiranno probabilmente ulteriori pressioni. L'effetto diretto della Brexit sull'economia giapponese si limiterà prevalentemente ai tassi di cambio. Ma il paese potrebbe essere colpito indirettamente. Uno dei principali partner commerciali del Giappone, la Cina, dipende in maniera significativa dalle esportazioni verso l'Europa. Prevediamo pertanto che la BoJ (la Banca centrale giapponese) varerà ulteriori misure di politica monetaria espansionistica".
E il Giappone viene coinvolto nelle ipotesi anche da Salman Ahmed di Lombard Odier IM secondo cui la Brexit "consolida ulteriormente le fondamenta della nostra ipotesi di nipponizzazione dell'Europa: continuiamo infatti a prevedere una debole crescita globale, diffusa inflazione e tassi d'interesse più bassi.


Le aspettative di azioni da parte delle banche centrali e l'aumento di richiesta di asset safe haven hanno già spinto al ribasso i rendimenti dei titoli governativi delle economie avanzate. Questo riflette la ridotta crescita a cui stiamo assistendo. Guardando al futuro, una volta che la situazione si sarà assestata e si ridurrà la volatilità a breve termine, inizieranno a essere visibili grosse dislocazioni generate dal caos. I mercati emergenti ne trarranno forte vantaggio viste le valutazioni interessanti e la sensibilità al voto britannico pari quasi a zero. Beneficeranno inoltre delle misure di liquidità aggiuntive da parte delle principali banche centrale. Questo solleciterà inoltre la richiesta continua di rendimento in un mondo di bassi ritorni e l'esigenza di una diversificazione di qualità guidata dai fondamentali, ossia una ricerca prudente di rendimento".

 


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