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20/04/2016

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I valori della pubblicita'

La pubblicità per essere compresa e per essere efficace deve legarsi e riferirsi alla realtà sociale cui si rivolge. Deve cioè fare riferimento a immagini condivise, a temi di largo interesse sociale: dall'emergenza ambientale, alla salute, all'etica ecc.

Maria Angela Polesana è ricercatrice in Sociologia dei processi economici e del lavoro, presso il dipartimento di Marketing, comportamenti, comunicazione e consumi "Giampaolo Fabris" dell'Università IULM di Milano. Ha anche insegnato al Master Upa di Venezia e presso l'Università San Raffaele di Milano. Tra i suoi interessi attuali i consumi dei millennials, la donna e la pubblicità, la comunicazione pubblicitaria e la marca oggi. Insegna al corso di laurea magistrale in Marketing, consumi e comunicazione, indirizzo Brand Management e all'indirizzo in Digital Marketing. Tra le sue pubblicazioni La pubblicità intelligente, (Franco Angeli, 2005), Communication mix. Come comunica l'impresa (Egea, 2007), Criminality show (Carocci, 2010).
A inizio 2016 ha pubblicato "Pubblicità e valori. Nuovi consumi e nuovi messaggi per una società che cambia". Un libro interessante, anche in ragione dello scenario globale in cui i consumi e le scelte dei cittadini, prima ancora che consumatori, assumono un valore ancora più importante.
"L'idea è nata in considerazione del ruolo sempre più rilevante che i valori rivestono per l'agire d'impresa.

La corporate social responsibility non è certo una novità, è invece sempre più rilevante non solo l'attenzione che vi prestano gli individui, ma anche le azioni che, grazie alle nuove tecnologie (il web ha cioè dato loro voce, il cosiddetto empowerment), compiono affinché guidi effettivamente le pratiche aziendali. Le nuove istanze, che acquistano sempre più urgenza per il consumatore, hanno a che fare con il rispetto per l'ambiente e per il prossimo. Solo così il consumatore riconosce all'azienda la propria fiducia, se il suo operato cioè si ispira a dimensioni quali la trasparenza e l'autenticità" spiega Polesana.
La reputazione, in un mondo sempre più digitalizzato, diventa così un asset fondamentale per un'impresa e una marca che, oggi più che mai, devono dimostrare di valere anche per i valori che le nutrono. Oggi le imprese, se vogliono essere rilevanti, devono sintonizzarsi con un soggetto che ha mutato pelle a seguito di una serie di fenomeni, tra cui la crisi, che lo hanno costretto a prendere atto di come la felicità vera sia fatta di dimensioni altre che vanno al di là del proprio piccolo recinto, includendo invece la natura e gli altri individui.


"Mi sono dunque chiesta se e come la pubblicità avesse o meno registrato questo mutamento nella scala dei valori dell'individuo, dal momento che tale forma di comunicazione è uno degli strumenti principali attraverso cui parla l'impresa. Mi sono chiesta se fosse davvero sintonizzata con lo spirito del tempo, il cosiddetto Zeitgeist, o se fosse invece ancorata a un immaginario che non esiste più. Sembra paradossale accostare la pubblicità, l'anima del commercio, ai valori ossia a quegli imperativi morali che si identificano con quegli ideali a cui le persone assegnano importanza e ai quali ispirano le proprie scelte: si tratta infatti di due termini apparentemente così lontani da sembrare l'uno l'opposto dell'altro. E questo per una sorta di equivoco che ha visto confrontarsi nel tempo apocalittici e integrati. In realtà, è ormai chiaro che la pubblicità non impone valori che non siano già condivisi, pena, in caso contrario, il fallimento del suo messaggio. Ecco perché se, ad esempio, parlasse il linguaggio euforico degli anni Ottanta non riuscirebbe a catturare l'attenzione di un individuo che vive in un'epoca attraversata da valori e da un'idea del consumo diversa", continua Polesana.



La crisi, oltre a ridefinire il perimetro dei nostri acquisti, come ha inciso sulla scala valoriale di quello che compriamo?

La crisi ha indotto i consumatori, dovendo questi ultimi gestire un reddito decrescente, a intervenire sulle proprie abitudini di consumo dando quindi vita a nuovi modelli. A ciò si è accompagnato l'emergere di nuovi sistemi di valori: l'importanza attribuita al territorio, il rispetto per l'ambiente e la natura, la richiesta di etica e di trasparenza nei confronti dei produttori, valori che si traducono in nuove e diverse scelte di consumo. Illuminante a tal proposito una riflessione, di alcuni anni fa, di Giampaolo Fabris che evidenzia il mutamento dei trend di consumo coerentemente all'emergere di altri sistemi di valori. In particolare, il sociologo sottolinea come, ad esempio, l'edonismo un driver fondamentale nell'evoluzione dei consumi, sia però diverso dal passato, dal momento che non vede soltanto o prevalentemente nei consumi la fonte di appagamento, ma perde le sue componenti più materialiste e apprezza anche, in taluni casi, "il piacere della rinuncia o della procrastinazione, di trovarsi in ambienti ecologicamente confortevoli.


Edonismo oggi coesiste con un costante confrontarsi con i nuovi principi di realtà che indicano che l'eccesso, con tutti i suoi corollari, contraddice l'idea stessa di piacere", precisa Polesana.
Si riducono quindi gli acquisti d'impulso a favore di una ricerca attenta che premi la scelta individuale, non imposta. Esemplari in tal senso i tanti canali attraverso cui l'individuo effettua i suoi acquisti dall'outlet, all'hard discount, allo spaccio aziendale, al negozio dell'usato, nonché a varie modalità di scambio o di baratto.
Il consumatore oggi è attore politico conscio di avere, certamente, dei diritti ma anche dei doveri come dimostrano i consumi "verdi", "etici" e persino "critici": pensiamo, ad esempio, ai GAS (Gruppi di Acquisto Solidale), gruppi di individui che si formano spontaneamente per acquistare i prodotti del territorio direttamente alla fonte, accorciando dunque la filiera e premiando così i piccoli produttori, in base a un rapporto di fiducia/solidarietà dalla evidente valenza politica, economica e sociale; oppure al commercio equo e solidale, che aiuta la crescita e lo sviluppo delle attività nei paesi più svantaggiati e garantisce, ai produttori e ai lavoratori, un trattamento economico e sociale equo.


Abbiamo chiesto qualche ulteriore chiarimento a Polesana.

Quali altri effetti ha prodotto la crisi?

La crisi ha inoltre provocato e favorito una presa di distanza da alcune categorie merceologiche, non indispensabili per il suo benessere, a favore di altre in cui la dimensione relazionale ed esperienziale hanno un ruolo più spiccato
La crisi dei consumi non è dunque stata e non è solo quantitativa, ma anche e soprattutto qualitativa poiché ha interessato i convincimenti, i desideri e i bisogni degli italiani che evolvono trascinando con sé anche il mondo del consumo in direzione del bene-essere e non del ben-avere. Ecco perché assistiamo a una ridefinizione delle gerarchie di spesa in cui acquistano, ad esempio, priorità i prodotti tecnologici perché facilitatori di relazioni o tutti quei beni e servizi ad alto contenuto esperienziale e relazionale.
È inoltre l'epoca dell'accesso, come preconizzava Rifkin, di qui lo sviluppo della sharing economy ovvero un'economia della condivisione o economia collaborativa, che consiste in un modello socio-economico basato sull'accesso a beni e prodotti, anziché sul loro possesso, tramite le pratiche di condivisione, di prestito, di baratto, di locazione, di cambio e scambio, di donazione e di noleggio.


Si tratta di un modello che, promuovendo forme di consumo più consapevoli, basate sul riuso invece che sull'acquisto e sull'accesso invece che sulla proprietà, riduce l'impatto dei consumi sull'ambiente.

Le imprese che responsabilità hanno in questo processo?

Cova e Badot, e poi Fabris, e attualmente Giordano e Arvidsson, evidenziano come l'agire dell'impresa debba declinarsi secondo i principi del Societing, ossia di un marketing rivisitato in direzione di un valore sempre maggiore assegnato all'ambiente, alla società, all'uomo. L'impresa non è infatti una monade orientata alla massimizzazione del profitto ma un attore sociale incastonato nel contesto sociale. Il suo agire ha ricadute da un punto di vista sociale, politico e culturale e a sua volta ne è determinato. La circolarità è essenziale per la sua stessa esistenza.
Richieste di prodotti sani e sicuri, di packaging eco-compatibili, di prodotti realizzati con processi a ridotto impatto ambientale, ecc. devono far parte del suo agire in modo tale da espletare quella funzione di "servizio" alla comunità che sempre di più il cittadino si aspetta dall'azienda, che deve contribuire a rendere migliore la vita delle persone giocando un ruolo attivo e positivo all'interno della società contribuendo, ad esempio, alla sua economia o all'occupazione per il benessere delle persone, come fa Brunello Cucinelli per cui le persone contano, cosa che dimostra con azioni concrete.




Qualitativamente la pubblicità come si è posta innanzi a queste nuove istanze?

Possiamo affermare che, a fronte del persistere di una serie di stereotipi e di relative narrazioni poco attuali e sovente all'insegna della banalità, se non della volgarità (esemplari in tal senso le tante pubblicità in cui delle donne sono rappresentate, per sineddoche, solo le parti anatomiche), si possono comunque individuare alcuni trend che la percorrono in maniera sempre più consistente e stabile. Trend in cui sono ravvisabili quei valori che caratterizzano più specificamente questo periodo storico.
La pubblicità del resto, lo ribadiamo, per essere compresa e per essere efficace deve legarsi e riferirsi alla realtà sociale cui si rivolge. Deve cioè fare riferimento a immagini condivise, a temi di largo interesse sociale: dall'emergenza ambientale, alla salute, all'etica e così via.
E una parte della pubblicità che oggi vediamo dimostra effettivamente di recepire le nuove istanze che animano la nostra società. Ci sono cioè evidenze di un graduale "assorbimento" e quindi di rielaborazione, nei messaggi pubblicitari, dei mutamenti che hanno investito la sfera economica, politica, la vita civile e il costume sociale.



E se va certamente precisato che la pubblicità non può abdicare al suo obiettivo, ossia stimolare il goodwill dei soggetti nei confronti dei prodotti che propone, tuttavia va anche ricordato che può e deve "mutare" nelle modalità in cui vi assolve ispirandosi a una creatività sintonizzata sul sentire contemporaneo.

Ci fa un esempio?

Possiamo segnalare come l'attenzione, il rispetto al e per l'ambiente sia sempre più presente nella pubblicità e trasversale alle più disparate categorie merceologiche, tra cui l'automotive. Dell'auto cioè si sottolinea sovente il basso impatto ambientale in termini di inquinamento.
Un altro trend è l'ibridazione tra pubblicità commerciale e pubblicità sociale, nel senso che la prima affronta, nei suoi messaggi, temi tipici della seconda, temi cioè di carattere etico, sociale e ambientale.
Sovente inoltre l'accento è sulle relazioni, che vanno dalla vicinanza azienda-consumatore, all'accento sul valore dei legami.
Anche lo stress sul prezzo è al centro di molta pubblicità, ma ciò che cambia, rispetto al passato, è la necessità di "contestualizzare" la convenienza che non è semplice promozione ma si carica di valori altri che hanno a che fare con l'agire dell'azienda che pratica quel prezzo.


E dal momento che consumare implica un orientamento di tipo valoriale poiché attraverso le merci, che non hanno un semplice valore d'uso ma sono segni, l'uomo costruisce la propria identità e entra in relazione con gli altri e con il mondo ne consegue che quelle narrazioni che si sintonizzano con l'attualità socio-economica saranno anche quelle in cui l'individuo più facilmente si riconoscerà e in cui riconoscerà un senso e un valore all'oggetto rappresentato.

Quali sono i settori merceologici che hanno maggiormente compreso e valorizzano queste nuove istanze?

Quanto alla relazionalità, alla vicinanza, all'engagement sicuramente la telefonia per una sorta di affinità genetica con queste dimensioni dal momento che offre devices che consentono di mantenere e sviluppare le relazioni.
Il settore alimentare che sempre di più pone l'accento su una serie di dimensioni che rimandano a un rapporto rispettoso con la natura attraverso, in particolare, il biologico che, nonostante i costi elevati, sta crescendo poiché risponde a istanze di tipo salutistico nonché di rispetto per l'ambiente.



Anche se, mi sento di dire che tutte le categorie merceologiche interpretano, magari con minore "costanza", le tematiche che abbiamo considerato sopra.

I sistemi di controllo della comunicazione - si pensi all'istituto di autodisciplina pubblicitaria - come si muovono innanzi a queste nuove istanze?

Penso che dovrebbero fare di più. Parlo, in particolare, dell'immagine della donna che continua a essere ridotta a corpo. E credo di non dover spendere molte parole a dimostrarlo perché sono sotto gli occhi di tutti le numerose pubblicità, che letteralmente, la riducono ai suoi attributi fisici, mentre immagino tutti fatichino a ricordare narrazioni pubblicitarie in cui viene rappresentata come una professionista, una persona colta, una con un cervello insomma.
Credo, al di là di questo soggetto che, per ovvie ragioni, mi sta particolarmente a cuore, si dovrebbero forse promuovere eventi o comunicazioni che insistano sulla necessità, da parte della comunicazione pubblicitaria (quindi degli addetti ai lavori ma anche degli inserzionisti), di confrontarsi il più possibile con la società, di porsi davvero in una situazione di ascolto che tenga conto delle nuove necessità e del nuovo sentire che interessa la società tutta.



E aggiungo la citazione di un vecchio spot presentato a Cannes parecchi anni fa. Il prodotto pubblicizzato era Solo un soft drink. Lo spot metteva in scena una vecchietta che cantava "happy birthday", in maniera davvero stonata, per interrompersi, a un certo punto, e bere un po' di Solo e quindi riprendere stonata come prima. Lo spot si concludeva con una scritta in sovraimpressione che così recitava: "Solo, probably the only soft drink that cures nothing but thirst". Questo per dire che è più efficace una comunicazione onesta, e magari ironica, che una ingannevole e irrispettosa dell'intelligenza del suo interlocutore.

Titolo: Pubblicità e valori. Nuovi consumi e nuovi messaggi per una società che cambia
Autore: Maria Angela Polesana
Editore: Franco Angeli
Pagine: 252

Disponibile anche in e-book

@federicounnia - consulente in comunicazione

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