Sembra che né politici, né BCE riescano a comprendere le semplici basi dell'economia: l'inflazione deriva dalla velocità di circolazione della moneta, che nella sua forma più semplice è trainata dalla domanda di credito - non dalla sua offerta! Incentivando investitori e consumatori a spendere e investire, la domanda di credito sale.
Sostenere il settore bancario invece non supporterà né inflazione né crescita, ma renderà il contratto sociale ancora più fragile.
Oltre a non funzionare risulterà addirittura controproducente, sia per le banche, sia per un obiettivo di normalizzazione.
Infine, sono felice di avere la possibilità per reintrodurre la mia teoria del Triangolo delle Bermuda dell'economia, che tra l'altro non mi ha ancora fatto meritare un premio Nobel! Attualmente, le manovre di politica monetaria sono progettate a favore di quel 20% dell'economia che ha già l'accesso al mercato del credito: banche e società quotate.
Tutto ciò a discapito del restante 80% - le piccole e medie imprese che ottengono meno del 5% del credito e lo 0% del capitale politico, mentre il 20% - Wall Street - ottiene il 95% del credito e il 100% del capitale politico.
Allora, qual è il problema?
Che quel 20% (che ottiene il 95% e il 100% di tali vantaggi) crea meno del 10% dei nuovi posti di lavoro e della nuova produttività; l'80% invece (che ottiene il 5% e 0%) crea il 90% dei nuovi posti di lavoro e genera il 100% della nuova produttività.
Non c'è da stupirsi se ci troviamo all'interno di un modello economico senza mobilità sociale, dove la crescita dei profitti societari deriva non tanto dalla produttività, quanto dai programmi di riacquisto e dai tagli agli investimenti in capitale fisso (ironicamente, i tagli al Capex migliorano gli utili dai tre ai cinque anni).
Sia il contratto sociale (leggi: Main Street), sia il modello di business sono ormai entrambi superati.
La mia teoria - e vi ricordo che rimango un economista libertario - è descritta di seguito.
a) Il 2016 punta a riequilibrare l'economia da Wall Street verso Main Street.
Affinché la crescita economica e della produttività aumentino, abbiamo bisogno di assistere ad una sottoperformance di Wall Street a favore di una Main Street pagata di più.
Inoltre, le aziende hanno urgente bisogno di cominciare a investire in produttività e in beni strumentali, elementi in gran parte ignorati per quasi un decennio.
Questo è il motivo per cui il contratto sociale è ormai rotto a spese dell'élite politica, che in gran parte si rifugia nella convinzione che alla fine "la logica prevalga".
Sì, la logica prevale...
ma non come pensano sondaggisti e opinionisti: prevale dal basso.
b) I governi che possono indebitarsi allo 0% devono cominciare a proiettare i propri investimenti infrastrutturali su larga scala.
Com'è possibile che la voce delle infrastrutture sia così spesso negativa?
c) Le aziende devono smettere di massimizzare i flussi di cassa e cominciare a massimizzare i profitti nel tempo, non solo trimestralmente, investendo in capitale umano: rieducazione, miglioramento dei prodotti, velocità di internet, e big data.
d) La crisi del contratto sociale va vista in prospettiva storica.
La buona notizia è che la successiva evoluzione della fase fingi-ed-espandi non sia una nuova guerra, ma un più necessario cambio di paradigma, allontanandosi da un contratto sociale basato sulla paura e su misure di emergenza.
e) Non si può vivere 24/7 nella paura e, alla conclusione dell'era del contratto sociale, se ne aprirà una nuova.
Sarà una fase agitata e la qualità politica "peggiorerà" prima di poter migliorare, ma è un'evoluzione del tutto necessaria per allontanarsi da un paesaggio politico ?comunità-centrico' in cui conta di più avere un paio di mani utili rispetto ad ambizione, aspirazioni e sogni.
In quasi tutti i Paesi che ho visitato negli ultimi sei mesi ho visto drammatici cambiamenti.
Permettetemi di segnalarne alcuni.
1) Main Street si sta riprendendo, ed è in cerca di obiettivi più ambiziosi.
La microstruttura di ogni economia sta lavorando sempre più duramente.
Quello che ci serve è la fine di banchieri centrali alla stregua di "rock star" e di politici che vendano soltanto "misure di emergenza".
2) Il mondo sta più che bene - ha solo bisogno di un piccolo aiuto in termini di investimenti in capitale fisso e infrastrutture, ma è complessivamente più equilibrato e pronto al cambiamento rispetto al passato.
3) Avremo anche toccato il fondo in termini di ambizioni politiche, investimenti, capex, occupazione, inflazione e crescita, ma da qui si può soltanto migliorare.
Il cambiamento è positivo: si tratta di un nuovo contratto sociale che deve essere visto per quello che è veramente: la fine delle economie pianificate che abbiamo (ironicamente) adottato dalla caduta del muro di Berlino.
Ma cosa significa per i mercati e per la politica?
L'opzione Brexit è più probabile del suo contrario.
L'elettore medio non voterà sulla base di fatti, ma per corroborare il suo diritto di protestare contro l'élite.
Negli Stati Uniti non si tratta di Trump, ma di come nessuno voglia mantenere l'élite politica.
Il motto è "tutto fuorché gli elitisti".
Dubito che la Clinton abbia qualche possibilità di conquistare la Casa Bianca, essendo così vecchio stile nei confronti del contratto sociale.
Si rafforzeranno ovunque estremismi di destra e sinistra, non tanto per il contenuto dei programmi, ma per il semplice fatto di presentare una proposta diversa e lontana dal centro.
Uno spettro politico più vasto è un vantaggio: forse potremo finalmente provare a differenziare per argomento, piuttosto che per semplice posizionamento!
Al mercato non piacerà: come anticipato, il prezzo di questa transizione è una sottoperformance di Wall Street, in parte per un effetto di trasferimento di reddito verso Main Street, e in parte a causa della necessità (positiva) di maggiori investimenti.
L'alternativa è un'altra dose dell'insensato stato di emergenza in cui abbiamo vissuto per gli ultimi otto anni.
Il re è morto, lunga vita al re.
Steen Jakobsen, Chief Economist di Saxo Bank
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