Il cloud e' un Porto sicuro? Si', con regole chiare e condivise
Zunino (Netalia): il cambio della normativa UE sulla tutela dei dati coinvolge un numero consistente di imprese di piccole, medie e grandi dimensioni. Dai servizi di file sharing, ai vari Cloud service provider, ai retailer che operano a livello globale
Ormai è assodato, la Corte Europea di Giustizia ha bocciato il Safe Harbour stabilendo che l'accordo internazionale non tutela a sufficienza i dati dei cittadini dell'Unione Europea.
La decisione è stata ratificata in Italia dal Garante per la Privacy che, il 6 novembre scorso, ha dichiarato decaduta l'autorizzazione emanata a suo tempo.

Questa decisione storica ha già iniziato a delineare un effetto a catena nel mondo della gestione e del trasferimento dei dati.
Per circa 15 anni - dal 2000 fino al mese scorso - il Safe Harbour ha rappresentato la soluzione di compromesso, un accordo estremamente utile che ha permesso alle aziende statunitensi di trasferire i dati dei cittadini europei nei Data Center in tutti gli Stati Uniti, dove le leggi sulla privacy sono più permissive, rispettando soltanto degli "standard sulla privacy" indicati dell'Unione Europea.
Le aziende che desideravano spostare una quantità maggiore di dati dovevano semplicemente dichiarare di sottoscrivere sette principi guida su come i dati venivano trattati, ma la sentenza della Corte di Giustizia Europea ha inviato un messaggio forte in base al quale i diritti di privacy degli utenti devono essere sanciti dalla legge e non abbandonati a una sorta di "autocertificazione".