I costi della contraffazione alimentare del Made in Italy
Osservatorio Italia In Testa: in Europa il business dell'imitazione dei nostri prodotti raggiunge 26 miliardi di euro contro un export alimentare che ne vale circa 13. L'Italia chiede all'UE un marchio di origine per tutelare anche l'industria italiana ed il consumatore
E' partita l'EXPO 2015 e si ritorna doverosamente a parlare di tutela del nostro patromonio enogastronomico, ora più che mai sotto attacco da parte di chi copia, anche in modo spudoratamente fantasioso, i prodotti della nostra eccellenza.
Nella sola Europa il business della contraffazione alimentare ("Italian Sounding") tocca complessivamente i 26 miliardi di euro contro un export alimentare che vale circa 13 miliardi di euro.

Le cose non vanno meglio nel resto del mondo: il mercato nord americano sviluppa complessivamente 24 miliardi di euro di fatturato "Italian Sounding" a fronte di un export dei prodotti alimentari autentici pari a circa 3 miliardi di euro. Negli altri Paesi (extra Ue ed extra Nord America) l'italian sounding vale 10 miliardi di euro contro un export dei prodotti made in Italy che vale 4 miliardi di euro (per ogni prodotto alimentare autentico ce ne sono 2,5 falsi).
(Dati Federalimentare)
Delle potenzialità del settore delle esportazioni e della necessità di tutelale il Made in Italy e trovare soluzioni efficaci per combattere la contraffazione e l'italian sounding, si è discusso nel corso del convegno dal titolo "Prospettive di tutela del Made in Italy alle porte dell'Expo", organizzato dall'Osservatorio Italia In Testa.
"L'entrata in vigore della nuova direttiva europea che abolisce l'obbligo di indicare la sede dello stabilimento di produzione, non ha certo aiutato il nostro mercato interno - ha spiegato Vito Giambiero Gulli, Consigliere Federalimentare - nel prossimi mesi chiederemo di essere tutelati con una lettera all'Europa, si dovranno ritenere di produzione italiana solo gli articoli che indicano in maniera inequivocabile il luogo in cui sono stati prodotti.