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08/04/2015

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Il Supply Chain Finance per sostenere il credito alle imprese italiane

Un fenomeno in grande fermento con nuove soluzioni. Ma in Italia c'è ancora un grande potenziale di sviluppo: sono diffusi soprattutto servizi finanziari tradizionali come l'Anticipo fattura o il Factoring. Solo l'8% delle soluzioni è di tipo innovativo

Sono 509 gli attori che in Italia forniscono oggi servizi e soluzioni di Supply Chain Finance, che consentono a un'impresa di finanziare il proprio capitale circolante facendo leva non solo sulle sue specifiche caratteristiche economiche, finanziarie o di business, ma anche sul ruolo ricoperto all'interno della filiera. Un mercato in grande fermento a livello globale - come dimostrano le 101 startup finanziate nel mondo - che nel nostro Paese sta iniziando a muovere i primi passi, e in cui giocano un ruolo ancora prevalente i servizi finanziari tradizionali: dall'anticipo fattura al Factoring, che rappresentano l'85% del totale dell'offerta. Faticano ancora a farsi largo le soluzioni più innovative, come il Dynamic Discount, l'Invoice Auction o il Reverse Factoring Evoluto.
Lo stimolo di monitorare e contenere il capitale circolante è ampiamente diffuso, ma le aziende italiane guardano alle soluzioni e ai servizi del Supply Chain Finance in modo ancora poco consapevole. L'esigenza di soluzioni Supply Chain Finance appare latente e non ancora supportata in modo esaustivo dall'offerta, prevalentemente tradizionale e poco incline a cogliere le opportunità della digitalizzazione, che è fondamentale.

Il potenziale di sviluppo appare ancora molto elevato e la Supply Chain rappresenta un tesoro informativo ancora tutto da esplorare per la valutazione del merito creditizio: intercettare i dati strutturati della filiera potrebbe favorire l'accesso al credito delle imprese.
Un elemento cardine dei modelli più innovativi di Supply Chain Finance è rappresentato dal ricorso alle tecnologie digitali, che consentono l'estensione di servizi complessi anche alle PMI gestendo in modo più rapido - e in numero superiore – clienti, documenti e informazioni per attivare le soluzioni di finanziamento e per migliorare la sensibilità sulla rischiosità.
Sono i risultati della ricerca dell'Osservatorio Supply Chain Finance della School of Management del Politecnico di Milano, presentata al convegno "Diamo credito alle Supply Chain!" presso l'Auditorium di Assolombarda, a cui ha partecipato - tra gli altri - Michiel Steeman, Chair of the International Supply Chain Finance Community.

Un'opportunità di sviluppo

"Nonostante uno scenario economico in miglioramento, in Italia non si è ancora creato un ponte solido tra economia reale e impieghi finanziari delle imprese a causa della mancanza di una ripresa decisa, della cautela delle regole di Basilea e degli eccessivi costi reali di accesso al credito e dei criteri di valutazione del rischio", ha affermato Alessandro Perego (nella foto), Responsabile scientifico dell'Osservatorio Supply Chain Finance.

"In questo contesto un'opportunità di sviluppo è rappresentata dai servizi e dalle soluzioni di Supply Chain Finance, che consentono a un'impresa di migliorare la propria situazione finanziaria facendo leva sulle sue specifiche prestazioni e su relazioni e dinamiche caratteristiche della propria filiera".
"Il Supply Chain Finance –- ha spiegato Stefano Ronchi, Co-Responsabile scientifico dell'Osservatorio Supply Chain Finance - offre opportunità alle grandi imprese per sviluppare nuove strategie di filiera, alle PMI per supportare la crescita di eccellenze produttive, alle istituzioni finanziarie per tornare a svolgere il ruolo di promotore dello sviluppo e ai provider B2b per valorizzare il patrimonio delle informazioni che gestiscono, stimolando nel contempo l'innovazione digitale nelle relazioni di business".

L'offerta di Supply Chain Finance in Italia

Dei 509 fornitori attivi nel nostro Paese (oltre 750 nel mondo), il 90% è di matrice o casa madre italiana, il restante 10% internazionale. Una ripartizione che deriva dalla forte presenza di attori provenienti dalla famiglia degli intermediari finanziari: ben il 93% del totale (in maggioranza banche), mentre il restante 7% è composto da attori focalizzati sull'ottimizzazione digitale delle relazioni B2b, da "pure player Supply Chain Finance" o da operatori "Logistics-to-Finance".



La tipologia dei fornitori influenza i servizi offerti sul mercato. La gran parte delle soluzioni disponibili in Italia (85%) è di carattere finanziario con un impatto su crediti e debiti di matrice tradizionale, come ad esempio l'Anticipo Fattura o il Factoring.
Solo l'8% è invece di stampo finanziario-innovativo, come ad esempio il Dynamic Discount (il cliente, attraverso una piattaforma IT, propone al fornitore un pagamento anticipato in cambio di uno sconto sul valore nominale della fattura proporzionale ai giorni di anticipo), oppure l'Invoice Auction (aste per aprire a terzi il finanziamento delle fatture emesse, una sorta di anticipo fattura in cui finanziatori diversi offrono valori crescenti per aggiudicarsi l'incasso di quella fattura, anticipando al fornitore quanto promesso in asta) o il Reverse Factoring Evoluto (che sfrutta la Fatturazione Elettronica e le piattaforme cloud per un anticipo fatture flessibile riducendo rischi e costi dell'operazione). Infine, il 4% degli operatori italiani è concentrato su offerte per l'ottimizzazione delle scorte attraverso relazioni collaborative nelle Supply Chain.
"In Italia l'offerta di servizi e soluzioni di Supply Chain Finance appare ancora fortemente orientata ai servizi tradizionali, mentre i modelli più interessanti, innovativi e di impatto sulle relazioni di Supply Chain si presentano ancora a un livello embrionale - commenta Federico Caniato, membro del Comitato Scientifico dell'Osservatorio Supply Chain Finance -.


Fa ben sperare però l'aumento della diffusione del Reverse Factoring in Italia che, come misurato da Assifact, è cresciuto in modo prepotente nella seconda metà del 2014. Ed è interessante quanto sta accadendo tra gli intermediari finanziari che, sebbene ancora in percentuale limitata, affiancano ai servizi finanziari tradizionali quelli più innovativi".

Alcune esperienze interessanti

Anche se le soluzioni innovative di Supply Chain Finance sono ancora poco diffuse nel mercato italiano, non mancano alcune esperienze interessanti in particolare con riferimento al Reverse Factoring Evoluto.
Staff International (società del Gruppo OTB di Renzo Rosso) ad esempio ha adottato questi modelli con l'obiettivo di tutelare un insieme selezionato di fornitori strategici attivi sul territorio italiano. Whirlpool utilizza una piattaforma di Reverse Factoring flessibile: una volta approvate e caricate le fatture, il fornitore può decidere se e quali farsi anticipare.
Si fanno strada anche in Italia interessanti modelli di Supply Chain Finance, come l'Invoice Auction o alcune declinazioni dell'Inventory Finance.


Alcune centinaia di imprese hanno iniziato a utilizzare la piattaforma Web-Based di provider internazionali per caricarvi fatture con l'obiettivo di cederle in modalità pro-soluto a investitori istituzionali di matrice non bancaria che se le contendono partecipando a una vera e propria asta online di acquisto del credito. Vicina al modello dell'Inventory Finance è invece l'esperienza di Ferrara Food: la soluzione prevede la garanzia di pagamento di tutte le fatture ai fornitori entro 60 giorni da parte di un intermediario finanziario; l'impresa salderà il debito contratto cedendo le proprie fatture attive, sulle quali l'Intermediario tratterrà la quota-parte relativa all'ammontare anticipato.
Tra le soluzioni di gestione collaborativa della Supply Chain, è interessante l'esperienza di Rhiag, distributore B2b di parti di ricambio per il settore automotive che, attraverso una piattaforma, permette di accedere alle informazioni riguardanti i livelli di giacenza, il sell-out e le previsioni di vendita di alcuni dei suoi clienti strategici, collaborando con loro nell'ottimizzazione delle scorte. Altrettanto interessante è il caso di Samsung Electronics Italia, in cui vengono definiti, congiuntamente ai clienti partner, i piani di approvvigionamento e i livelli di stock, a partire dalle previsioni della domanda finale.



Un altro esempio significativo viene dalla PA italiana con la Piattaforma di Certificazione dei Crediti: un ambiente su cui, una volta approvate al pagamento, vengono caricate le fatture elettroniche dirette alla PA per consentire alle banche di accedervi per anticiparle. Le fatture scadute, ma esigibili (approvate dalle PA) possono essere intercettate dalle banche che, pagandole ai fornitori, dovrebbero interrompere l'estendersi incontrollato dei ritardi nei pagamenti.

La Supply Chain per valutare il merito creditizio

Le regole di Basilea hanno posto maggiore attenzione sui metodi di valutazione del rating/merito creditizio per tutelare le banche da esposizioni eccessive, ma i sistemi più diffusi presentano evidenti debolezze: viene data eccessiva enfasi a dati quantitativi raccolti dai bilanci, che rappresentano però fonti di informazione vecchie e fotografate staticamente a fine esercizio; la componente qualitativa è spesso carente, debole e poco rappresentativa; la valutazione dei dati di andamento è limitata alla singola parte delle relazioni che definiscono lo stato di salute di un'organizzazione, ovvero quella delle banche.



"C'è l'esigenza di riuscire a delineare un modello migliorativo per la valutazione del merito creditizio, che includa, oltre alle informazioni già attualmente valutate dagli Istituti di Credito, anche tipiche variabili operative di Supply Chain", ha spiegato Paolo Catti, Responsabile della Ricerca dell'Osservatorio Supply Chain Finance. "Di fronte all'incertezza informativa dei modelli attuali, piuttosto che restringere il campo guardando solo a pochi dati sicuri, può essere preferibile inquadrare la singola impresa all'interno della sua filiera, esaminando le relazioni in essere e come si sviluppano nel tempo. Intercettare questa mole di dati strutturati potrebbe favorire l'accesso al credito a condizioni più consapevoli e quindi più interessanti per le imprese, limitando il costo operativo per gli intermediari finanziari".
 


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