Versione stampabile dell'articolo del magazine del 18/09/2019 | Link alla versione sfogliabile


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Unione Europea alle corde

L'UE a trazione franco-tedesca ci spremerà come limoni per tenersi in vita. Si prepara infatti una nuova stagione di svendite di asset strategici. Basterà per farla sopravvivere?

E' la nonna di ogni problema e la madre delle relative soluzioni. No, non parliamo dell'uovo e della gallina, ma dell'Unione Europea, e dei trattati di Mastricht per la precisione.
E' chiaro ormai a tutti che l'Italia, e i Paesi del sud Europa, sono stati penalizzati a favore della Francia e della Germania (e dei suoi naturali vassalli (Olanda, Austria, Finlandia ecc.).
L'euro suggellò le pareti della gabbia e, attraverso la BCE, rese l'Italia - secondo Paese per attività manifatturiera - subalterna dei diktat imposti da Francoforte.
Da quel corpo di trattati ne uscirono poi altri, come il fiscal compact che, di fatto, imbrigliarono in una gabbia i Paesi, attraverso una serie di decreti che limitarono sempre di più la possibilità dei governi di incidere sulle politiche economiche nazionali (le "Direttive"). E la Commissione Europea fu sempre nominata a immagine e somiglianza con questa visione.
Alzi la mano chi si ricorda una decisione non cosmetica che si sia rivelata in qualsiasi modo a favore dell'Italia e a svantaggio di Francia e/o Germania. Non ci sono mani alzate perché non esiste una simile decisione.
E questo ci porta al problema iniziale.
Che questa EU28 - 28 finchè non ci sarà la Brexit - sia modellata per avere un traino franco-tedesco è lampante. La politica finanziaria dei due Paesi ha consentito loro di cannibalizzare imprese e ricchezze degli altri stati membri. Hanno le banche più importanti, le multinazionali continentali più grandi, i governi più forti e impongono le loro politiche.
Nessuna politica estera comune, nessuna politica sull'immigrazione, nessuna visione di medio-lungo periodo, nessun atto che vada nella direzione di una vita migliore per la popolazione. Solo una finanza rigorosa e predatoria che adesso, nel mondo globalizzato, perde colpi pesantemente.
In tutto questo l'Italia (seconda potenza industriale!) è ormai ridotta ad un ruolo di comprimario, al pari della Polonia e, in molti casi, di peso specifico inferiore alla Spagna.
C'è poco da esaltarsi per qualche carica a livello europeo che o è rappresentativa (vedi Tajani Presidente del Parlamento Europeo) o esecutiva di ordinanze altrui.
E' chiaro che la scelta di Berlino e Parigi è di confinare Roma ancora di più nell'angolo e di spremerla fino alla fine.
La discussione del nuovo strumento "salva-stati" è lampante e indicativa di come una norma che richiederà all'Italia un versamento di svariate decine di miliardi (ma è un prestito?) sia stata tenuta lontana dal parlamento e dai media. Il popolo non deve sapere e lo stato deve solo pagare.
Non c'è da discutere, ma solo sottoscrivere, quello che viene preparato nelle cancellerie tedesche e francesi.
In questo, il neo ministro del MEF Gualtieri, dal 2009 a Strasburgo e già Presidente della commissione Problemi economici e monetari dell'Europarlamento, è colui che ha firmato le norme sul Fiscal compact, sul bail-in, ed è sempre stato un uomo di fiducia di Moscovici. Un vero competente e difensore degli interessi italiani.
Chi crede che adesso si opporrà a qualunque richiesta se dovesse andare a danno del popolo italiano?
Le votazioni al Parlamento Europeo sono state chiare. Per rimettere insieme una maggioranza simile a quella in carica è stato necessario l'appoggio del nostro M5S, ed è passata per pochissimi voti. Segno che anche agli altri Paesi questa UE dei burocrati e dell'establishment non piace. La sua caduta o riforma radicale è solo questione di tempo. Von der Layen non è stata votata neanche da tutti i partiti tedeschi al governo, e loro l'avatar di Merkel la conoscono bene.
Per adesso la Francia gode ancora della truffa dell'FCA (finché dura), ma la Germania è entrata in crisi pesantemente, e cercherà in ogni modo di trovare risorse nei suoi "partner" per sopravvivere. L'ha sempre fatto.
Si apre da noi in contemporanea - casualmente - una nuova stagione di privatizzazioni, che significa cessione da parte dello stato di beni e asset degli italiani. Compresi quelli strategici, su cui in Francia e Germania hanno già messo gli occhi.
Visto che ormai siamo come in guerra, stavolta daremo l'oro a Berlino e Parigi, la patria dei sinceri europeisti?

Claudio Gandolfo