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Settembre_2013

economia

I salvataggi finanziari possono risultare redditizi per le banche centrali

Utermann (AllianzGI): Gli esempi di garanzie governative e di partecipazioni azionarie sono abbastanza eterogenei, tuttavia i costi risultano generalmente inferiori a quanto inizialmente si possa temere

 

Il costo di una crisi finanziaria è certamente evidente per i mercati debitori, ma quanto costa effettivamente un salvataggio finanziario ai paesi creditori? La domanda è particolarmente pertinente alla luce della recente udienza della Corte Costituzionale Tedesca sulla legalità del piano OMT (Outright Monetary Transactions) adottato dalla Banca Centrale Europea, nonché a fronte della rinnovata preoccupazione che la Grecia possa avere nuovamente bisogno di aiuti finanziari.
Le crisi bancarie implicano in genere il trasferimento del rischio dal settore privato al settore pubblico, mentre le crisi del debito sovrano coinvolgono gli istituti sovranazionali come il Fondo Monetario Internazionale o, nel caso della crisi del debito in Europa, la Banca Centrale Europea.
Tuttavia, l’attenzione tende a concentrarsi sui grandi numeri, ovvero sui capitali a rischio, più che sul probabile o effettivo costo netto per chi fornisce l’aiuto finanziario.
Vale la pena di riflettere sul costo fiscale netto dei paesi OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), distinguendo in particolare tra gli interventi del governo, come le garanzie, le partecipazioni azionarie o la nazionalizzazione di istituti, e l’attività della banca centrale come prestatore di ultima istanza, ovvero l’immissione di liquidità, i prestiti o l’acquisto di titoli.


Gli esempi di garanzie governative e di partecipazioni azionarie sono abbastanza eterogenei, tuttavia i costi risultano generalmente inferiori a quanto inizialmente si possa temere:


• Durante la crisi bancaria nei Paesi nordici all’inizio degli anni ’90, il costo netto per la Finlandia ammontò al 9% circa del Pil (Prodotto interno lordo), poco meno del 13% del costo fiscale lordo.
• La partecipazione del Tesoro degli Stati Uniti in AIG (American International Group Inc.) ha prodotto un guadagno di 5 miliardi di Dollari americani e l’investimento in Citigroup e Bank of America 4,5 miliardi di Dollari.
• Nel Regno Unito l’investimento del governo in Lloyds Banking Group è vicino al pareggio, mentre la partecipazione in Royal Bank of Scotland ha fatto guadagnare al governo britannico 5 miliardi di Sterline grazie all’inserimento della stessa RBS nel piano di salvataggio Asset Protection Scheme.

Più positivo il resoconto delle attività delle banche centrali come prestatori di ultima istanza. I salvataggi finanziari alla fine si rivelano redditizi:

• L’Autorità Monetaria di Hong Kong nel 1998 acquistò titoli per 118 miliardi di Dollari di Hong Kong (HKD), compreso il 10% di HSBC, con un guadagno di 90 miliardi di HKD.


• La Federal Reserve nel 2008 ha acquistato titoli Bear Stearns per circa 30 miliardi di Dollari americani, con un guadagno di 6,6 miliardi. I prestiti e gli acquisti di titoli AIG da parte della Fed le hanno fatto guadagnare ulteriori 17,7 miliardi di Dollari.
• Il piano di accesso alla liquidità della Banca d’Inghilterra ha prodotto un guadagno di 2,3 miliardi di Sterline. Analogamente, il piano di acquisto di titoli della banca centrale britannica, che finora ha accumulato oltre 31 miliardi di Sterline, prevedibilmente produrrà un utile netto in quasi tutti gli scenari delineati dalla banca tranne uno.
• Tra il 2009 e la fine del 2011 la BCE ha acquistato titoli per 276 miliardi di Euro che dovrebbero produrre un utile netto di 70-80 miliardi. In quest’ottica, il prestatore di ultima istanza riveste un ruolo critico ma alla fine redditizio nell’ambito delle crisi bancarie o del debito sovrano. Qualora si presentasse la necessità di fornire ulteriori aiuti finanziari alla Grecia, che per la prima volta prevedano la partecipazione pubblica, almeno parte del costo sarebbe coperto dai proventi della Banca Centrale Europea derivanti da piani precedenti.


Se questo concetto fosse più chiaro, forse l’opposizione popolare e il dibattito pubblico sui salvataggi finanziari assumerebbero toni più moderati.

Andreas Utermann, Global Chief Investment Officer


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