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08/05/2024

economia

Tassi di interesse: illusione di allentamento o vera svolta?

Artaz (La Financière de l'Echiquier): l'allentamento è tutt'altro che evidente

In occasione, lo scorso dicembre, dell'ultima riunione dell'anno della Federal Reserve (Fed) statunitense, il presidente Jerome Powell aveva pronunciato un discorso particolarmente accomodante ritenuto, col senno di poi, essere il tanto atteso "pivot" nella traiettoria della politica monetaria. Lo stesso discorso provocò, quale conseguenza diretta, un "allentamento delle condizioni finanziarie" che hanno nel frattempo seguito questo percorso nonostante la risalita dei tassi e il riemergere dei timori inflazionistici. Ma di cosa parliamo esattamente quando utilizziamo i termini "condizioni finanziarie"? Il più delle volte ci si riferisce ai vari indici delle condizioni finanziarie di mercato. Sebbene ne esistano molti e ognuno abbia le sue caratteristiche, questi indicatori funzionano tutti più o meno allo stesso modo: aggregano diversi dati di mercato tra cui solitamente il livello o la valutazione dei mercati azionari, i premi di rischio sui mercati obbligazionari, il livello dei tassi nominali e i tassi di cambio. Questi indicatori sono poi ponderati, in base spesso al loro presunto impatto sulla dinamica del PIL perché il concetto di "condizioni finanziare di mercato" presuppone che le variabili finanziarie abbiano un'influenza diretta sull'attività economica.

È comprensibile: un rialzo dei mercati azionari - negli USA in particolare dove gran parte dei risparmi sono investiti nei mercati - comporta un effetto ricchezza positivo, che a sua volta stimola i consumi e gli investimenti. L'allentamento dei premi di rischio di credito agevola il finanziamento delle imprese, che ricorrono principalmente ai mercati. In quest'ottica si capisce quindi che gli ultimi mesi segnati da un violento rally dei mercati azionari, da una compressione dei premi di rischio di credito e da una stabilizzazione dei tassi, corrispondono a un allentamento delle condizioni finanziarie di mercato. È tuttavia importante fare un distinguo tra questo concetto, strettamente legato ai mercati azionari, e le condizioni finanziarie dell'economia reale. Su questo fronte, l'allentamento è tutt'altro che evidente. Negli Stati Uniti, la pressione continua a esercitarsi sulle famiglie. Il tasso dei mutui ipotecari a 30 anni - il parametro di riferimento per il mercato immobiliare - resta attestato al di sopra del 7% e la domanda di prestiti rimane estremamente contenuta. Il tasso medio praticato sulle carte di credito è ancora ben superiore al 20%. Sono in costante aumento le richieste non accettate di un prestito per l'acquisto di un'autovettura.


Le imprese, quelle almeno che non si finanziano sui mercati, non si trovano certo in una situazione migliore. Dall'ultima indagine sulle PMI condotta dalla National Federation of Independent Business emerge che il tasso medio pagato sui prestiti a breve termine, pari al 9,8%, è ai massimi livelli dai primi anni 2000. Nell'Eurozona, la situazione è appena migliore. Nell'ultima Bank Lending Survey condotta dalla Banca Centrale Europea (BCE) si registra un leggero miglioramento sul fronte del credito al consumo, più marcato per i mutui ipotecari. Sul versante delle imprese invece, accelera la domanda di credito mentre si inaspriscono le condizioni di prestito, ancorché in modo più marginale. Quindi, mentre fervono i dibattiti a Wall Street per sapere se le banche centrali abbiano inasprito a sufficienza la politica monetaria e se le condizioni finanziarie si siano allentate troppo, a Main Street la conclusione è insindacabile: le condizioni di finanziamento sono molto restrittive e tali rimangono.


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