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17/05/2023

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Giuseppe Amitrano (Dils): il Real Estate deve innovarsi profondamente

L'immobiliare è la prima industria del pianeta. Vale oltre 270 trilioni di dollari, ma per grado di innovazione è probabilmente tra gli ultimi comparti

Anche il settore immobiliare deve evolversi. E non solo in Italia. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Amitrano, Ceo e Founder di Dils.



Come sta andando il mercato immobiliare nel nostro Paese?


Sebbene il mercato stia attraversando un periodo di incertezza, nel primo trimestre del 2023 i fondamentali rimangono solidi e la domanda di immobili di qualità si mantiene vivace in tutte le asset class. Riteniamo che il superamento dell'attuale fase sia possibile solo adottando una prospettiva di lungo periodo, che prenda in considerazione i principali driver di innovazione dei prossimi 10 anni.
Il primo è senza dubbio la transizione green, così necessaria in un Paese come il nostro che possiede lo stock immobiliare tra i più obsoleti d'Europa, e la cui riqualificazione, sulla spinta delle recenti direttive europee, trasformerà l'intero processo di ammodernamento in un'imperdibile opportunità di riposizionamento, per l'intero settore come per l'Italia stessa.
La seconda è rappresentata dalla rielaborazione della rigida distinzione tra asset class attraverso l'introduzione di nuovi format: l'ibridazione degli spazi, infatti, renderà possibile immaginare e realizzare nuovi luoghi di lavoro, di studio, di vita, che offrano benefici concreti a tutti gli stakeholders quali tenant, comunità e ambiente.

Consideriamo l'innovazione nel settore immobiliare come un fattore moltiplicatore di valore per tutto il territorio, non solo in termini economici, ma anche urbani, con la creazione di nuove centralità e la riscoperta di location ad alto potenziale - e soprattutto sociali - grazie alle ricadute positive sulla qualità della vita degli abitanti delle città e dei suoi quartieri.

Dils si è aperta all'internazionalizzazione: quali sono gli sbocchi?


Siamo molto orgogliosi di aver avviato il nostro processo di espansione in Europa, di cui la partnership strategica in Olanda con Van Gool Elburg, società con cui condividiamo appieno valori e approccio al mercato, rappresenta la prima tappa. Il nostro impegno sarà rivolto a metter a fattor comune il nostro know-how e le tecnologie sviluppate per supportare il management team locale ad accelerarne la crescita. Siamo già pronti per l'ingresso nei prossimi mesi in altri Paesi europei. Il nostro obiettivo è diventare il nuovo player internazionale, smart e alternativo nell'attuale scenario del Real Estate europeo.



Come interpretate il vostro ruolo nel settore e come vi collocate nelle realtà locali?


La nostra idea imprenditoriale di partenza è quella di innovare profondamente il comparto del Real Estate, che è il più grande al mondo e quindi la prima industria del pianeta.

Lo ricordiamo spesso: vale oltre 270 trilioni di dollari, ma per grado di innovazione è probabilmente tra gli ultimi. Quindi consideriamo che un modo di vedere questo settore in maniera differente rispetto al passato passi anche da iniziative realizzate in ambito di sostenibilità sociale, come quella del progetto "This is my Milano", lanciato la scorsa settimana con l'obiettivo di supportare le comunità attraverso interventi concreti a favore delle associazioni ed enti no-profit che operano nei quartieri. Questa iniziativa fa parte del più ampio programma di "Give Back" di Dils e nasce da un diverso modo di fare impresa, che vuole guardare a tutti gli stakeholder in maniera responsabile e sostenibile. C'è quindi la possibilità di fare i bilanci in maniera differente. E noi ci stiamo provando.

Quando però parliamo di immobiliare a Milano si tratta di un territorio particolarmente ricettivo: è esportabile questo modello?


Penso che la città di Milano sia di per sé la composizione, la somma di tanti quartieri. Per cui è verissimo che è stato e continua ad essere un laboratorio di sperimentazione di differenti asset class in un nuovo modo di costruire e pensare agli immobili rispetto al passato.

Milano diviene dunque apripista rispetto a concetti che vengono poi magari ripresi in altre città. Si parla tantissimo, ad esempio, della città dei 15 minuti e dell'idea di costruire all'interno dei medesimi quartieri diverse destinazione d'uso.
Ecco, penso che questo tipo di contaminazione sia molto legata al concetto del quartiere e quindi possa essere anche un modello di riferimento per il resto d'Italia.

Come si immagina Dils tra dieci anni, visto che poi è il tempo che vi siete dati anche sui progetti di Milano?


A livello aziendale abbiamo avviato quasi da un anno un percorso di internazionalizzazione. Immagino quindi un gruppo europeo in grado di fare impresa e capace di farlo in maniera differente rispetto al passato.
E, soprattutto, voglio pensare ad un'azienda di successo partita dall'Italia perché molto spesso, quantomeno in tempi recenti, è avvenuto il contrario. Una azienda partita dall'Italia che è riuscita ad esportare il proprio modello di business all'estero, senza trascurare gli impatti sociali e legati alla sostenibilità che stanno molto a cuore a questa azienda.

 


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