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22/03/2023

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Startup: come individuare se acceleratore è quello giusto

Andrea T. Orlando (Startup Wise Guys Italy): sei fattori che possono far capire ai founder se chi supporta sia un valido aiuto o un pericolo per il futuro dell'attività

La transizione digitale degli ultimi anni, l'evoluzione del mercato e dei relativi modelli di lavoro post pandemia hanno svolto un ruolo cruciale nella ripresa del nostro Paese, favorendo al contempo la nascita, lo sviluppo e la crescita di un numero sempre maggiore di startup. Sono attualmente 14.621 le startup innovative italiane iscritte al Registro delle Imprese e del Made in Italy, valore in aumento dell'1,8% rispetto al trimestre precedente. Un dato che conferma un trend in crescita e che fa ben sperare per il futuro.
Anche gli investimenti nelle giovani imprese italiane sono in aumento: nel corso del 2022 sono stati registrati oltre 2 miliardi e 340 milioni di euro di finanziamenti per le startup del Bel Paese. Un dato molto incoraggiante rispetto al 2021, quando la raccolta era stata di 1.243 milioni di euro: le startup e scaleup italiane hanno segnato, infatti, un +67,3%, in controtendenza rispetto a ecosistemi più maturi in Europa, quali Regno Unito e Germania, dove i volumi investiti sono rimasti sostanzialmente stabili.
In linea con le previsioni di inizio anno, nel terzo trimestre del 2022 i dati dell'Osservatorio Trimestrale sul Venture Capital in Italia di Cross Border Growth Capital hanno registrato un notevole incremento rispetto all'intero anno precedente, con 197 round di finanziamento, per un totale di 527 milioni di euro, soprattutto nei settori Fintech, Software e Biotech.

Gli investitori internazionali costituiscono, inoltre, una parte significativa del totale investito quest'anno, grazie a due round emessi che hanno superato i 100 milioni di euro.
A supportare strategicamente la crescita delle startup ci sono gli acceleratori. Oltre a investitori istituzionali (CDP VC) e privati (Venture Capital, angel investor), i programmi di accelerazione giocano, infatti, un ruolo sempre più centrale nella crescita delle giovani imprese, soprattutto in fase pre-seed/early stage. I dati parlano chiaro: seppur la nascita di acceleratori sia ancora un fenomeno recente in Italia (i primi programmi sono stati costituiti negli ultimi dieci anni), nel 2021 la mappatura degli acceleratori (e incubatori) italiani comprende 229 realtà.
Di fronte a questo scenario in crescita le domande - per un founder di una startup - rimangono però sempre le stesse: come scegliere il programma di accelerazione che possa supportare al meglio lo sviluppo della propria idea e la crescita della startup? Quali sono i suggerimenti per sfruttare al meglio i servizi forniti? Cosa differenzia un buon acceleratore da un cattivo acceleratore?
Ecco alcuni consigli pratici ma fondamentali.



1 - L'orizzonte temporale


Il fattore tempo è una delle principali variabili da considerare quando si decide se e come effettuare investimenti. L'orizzonte temporale di un finanziatore misura il massimo intervallo di tempo - più o meno esteso - all'interno del quale egli è in grado di non preoccuparsi delle oscillazioni di valore del proprio investimento. In linea di massima, un buon acceleratore ottimizza l'investimento nel lungo periodo; un buon acceleratore è sia un reclutatore, sia un beta tester, sia un mentore personale, e non ha paura di "sporcarsi le mani". Mentre un cattivo acceleratore predilige il breve termine, cercando di ottenere vantaggi immediati, di qualsiasi natura essi siano, perdendo di vista quelli di lungo periodo.

2 - Gli obiettivi e la mission


Un buon acceleratore si concentra solo sull'accelerazione, non prediligendo altre attività (incubazione, oppen Innovation), esprimendolo chiaramente e in modo trasparente sui propri website. Poiché un investitore in fase pre-seed/early stage non ha spazio per management fee elevate, un buon acceleratore si concentra ed impegna solo su questo aspetto, per essere efficiente oltre che efficace.


Inoltre, un buon acceleratore non ha paura nel fare mosse audaci: sebbene consideri il punto di vista degli altri, non ha timore di ammettere anche i propri errori e fallimenti.

3 - Investimento


Un buon acceleratore investe denaro ed è consapevole che le startup early stage siano molto diverse dalle società più mature. I founder dovrebbero, infatti, avere in pre-seed almeno l'80% delle quote. Nelle prime fasi di vita di una startup, può capitare che i founder diluiscano troppa equity e troppo presto nei confronti dei primi finanziatori. La conseguenza è che, con quote sensibilmente inferiori, i fondatori potrebbero perdere buona parte dell'interesse e della motivazione che una startup nei primi anni di vita richiede.
Un altro consiglio che dovrebbe diventare un mantra? Più investitori e meno consulenze. Se è vero che le startup early stage rappresentano il potenziale inespresso della nostra economia, è fondamentale che gli investitori e gli acceleratori mettano a loro disposizione i propri fondi e non solo i loro servizi di consulenza, in questo modo avranno l'opportunità di costruire un portafoglio diversificato e aumentare la propria credibilità.




4 - Sviluppo del portafoglio e tasso di sopravvivenza


Un buon acceleratore si dimostra sempre trasparente a condividere il tasso di sopravvivenza delle proprie startup. Inoltre, mitiga il rischio della fase iniziale e trascorre del tempo di qualità con i fondatori per creare la strategia più adatta. Un buon acceleratore conosce le sfide attuali delle società nel proprio portafoglio ed è sempre alla ricerca proattiva di soluzioni; chiarisce il ticket di investimento (e il costo di accelerazione) dal primo giorno.
Al contrario, un cattivo acceleratore - durante il demo day - porta le startup davanti agli investitori sperando che la raccolta fondi venga finalizzata il prima possibile, lavora per evidenziare il percentile ad alte prestazioni pensando che ripagherà per l'intero batch (anche se non lo farà).

5 - Processo aziendale e cultura del lavoro


Un buon acceleratore mira a conoscere i founder e il team in modo approfondito, facendo, in fase di selezione, domande mirate per comprenderne al meglio il loro background: come hai conosciuto gli altri founder? Come ti è venuta l'idea? Cosa stavi facendo prima di questo? Dove/Cosa hai studiato? In cosa sei portato? Sei a tempo pieno in questa startup? Hai già creato la società? Se sì, chi c'è nella tua "captable"? Hai un ESOP deliberato? Che ruolo ha ciascuno? Cosa farai se il piano A fallisce?
Al contrario, un cattivo acceleratore si concentra sui Business Plan e documenti excel che, dopo un lungo processo di due diligence, molto probabilmente porteranno a un rifiuto.



Inoltre, un buon acceleratore, coinvolge i fondatori che diventano partecipanti attivi della strategia di accelerazione, mentre un cattivo acceleratore cerca di ridurre al minimo l'impegno e massimizzare la sua retribuzione, esercitando il controllo sull'intera operazione. Non solo! una volta concluso il programma, un buon acceleratore mantiene i contatti con i founder, anche mesi dopo la fine del programma.

6 - Disponibilità e supporto


La disponibilità e il supporto sono aspetti fondamentali nella scelta di un acceleratore. Infatti, un buon acceleratore non solo reagisce prontamente alle richieste dell'imprenditore, ma, conoscendo le sfide del mercato attuale, è continuamente alla ricerca proattiva di soluzioni. Fornisce adeguate motivazioni, spiega i limiti e fornisce feedback mirati. Lo si distingue da un acceleratore poco professionale che, invece, tende a fare false promesse, ad investire poco tempo sulla realtà imprenditoriale e a dare scarso supporto una volta concluso l'affare, ritardando le decisioni, impiegando notevole tempo per rispondere alle domande o, talvolta, non rispondendo affatto.




Andrea T. Orlando, Managing Partner di Startup Wise Guys Italy


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