L'uguaglianza è nemica dell'equità

Sembrano due sinonimi, ma in realtà rappresentano due concetti differenti

Ci sono cose che mi succedono e che riguardano il mondo del digitale che mi fanno aprire gli occhi sulle percezioni dei manager e degli imprenditori.
In un recente webinar mi sono imbattuto in una diatriba tra due concetti: "uguaglianza" e "equità".
Siccome i discorsi filosofici mi piacciono parecchio, ho voluto come il mio solito provocare, cercando di far emergere la percezione dei due termini e i tanti preconcetti che sono collegati.
Come se non bastasse, si aggiungono poi i termini "parità", tanto abusata, e infine "merito", diventato molto di moda con il nuovo governo del Paese.
Tralasciando questi ultimi due, scopro sempre che, parlando di bias, ossia di preconcetti, legati all'intelligenza artificiale, si finisce sempre per assimilare l'uguaglianza con l'equità.
Non dobbiamo occuparci dell'uguaglianza, perché siamo diversi per natura, alti e bassi, biondi o mori, magri e grassi e via di seguito, perché questo è un pensiero che non ci fa fare nessun passo in avanti, se non per dirci che apparteniamo alla stessa specie.
L'equità è invece un concetto che deve pervadere la società e quindi gli algoritmi.

Una società equa aiuta chi ha bisogno, livella le opportunità ma è conscia del fatto che qualcuno ha delle caratteristiche e altri no.
L'immagine a corredo dell'articolo è piuttosto eloquente.
Se pensiamo agli algoritmi e all'intelligenza artificiale, non è impossibile pensare che siano governati dai principi di equità, ossia che non solo non svantaggino qualcuno, ma che rendano possibili cose che per qualcuno non lo sono.
L'approdo, nemmeno a dirlo, sarebbe il concetto di giustizia, ma per quello dovremo aspettare ancora un po'.
Di fatto ci potremmo accontentare dell'equità, sarebbe già una conquista.
Ma perché accontentarsi?
Iniziamo ad abbattere il concetto di uguaglianza, in fondo anche in inglese c'è differenza tra "equality" ed "equity".
Non è un obiettivo impossibile da raggiungere.