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16/02/2022

idee

Europa tra autonomia strategica e sovranità

Pierre Blanchet (Amundi): l'Unione Europea per diventare una realtà politica ma la sovranità strategica europea deve diventare un'opportunità di investimento. Siamo ancora troppo dipendenti da fonti esterne

Il concetto di sovranità strategica va ben oltre le questioni della sicurezza e della difesa. Presuppone anche una relativa autosufficienza e la capacità di imporre i propri standard e di creare leader globali negli ecosistemi di domani. Questo obiettivo politico deve fondarsi sulla realtà economica e richiederà innanzitutto un nuovo impulso agli investimenti in Europa.
La questione della sovranità strategica europea è stata riportata al centro del dibattito pubblico dalla crisi della sanità pubblica.
E mentre la Francia assume la presidenza di turno dell'Unione europea, il Presidente Emmanuel Macron l'ha resa ancora una volta una questione politica. Eppure, è un concetto difficile da comprendere perché abbraccia diverse realtà e va ben oltre le questioni della sicurezza e della difesa. La sovranità strategica è intesa come la capacità di ampliare la gamma di possibilità pur restando coerente con i propri obiettivi, e l'Unione Europea è ancora lontana dal raggiungere questo risultato.

Ridurre le forti dipendenze esterne


L'improvviso arresto delle importazioni durante i lockdown ci ha ricordato che la sovranità è, in primo luogo, una questione legata alla garanzia della fornitura di beni essenziali.

Esistono quasi 140 prodotti per i quali l'Europa dipende quasi completamente da fornitori non europei. Questo elenco comprende materie prime e combustibili fossili, che difficilmente possono essere sostituiti, nonché componenti elettronici e medicinali. La dipendenza dal petrolio sarà ridotta dalla transizione energetica, ma la transizione comporterà altrettanta dipendenza dai metalli, dalle terre rare e dalle celle fotovoltaiche. Attualmente la Cina rappresenta più della metà delle importazioni in termini di valore dei prodotti per i quali la dipendenza esterna dell'Unione Europea è molto elevata. Ma l'Unione Europea è anche strettamente dipendente dall'India per i componenti farmaceutici ed è quasi completamente dipendente da Taiwan per i semiconduttori avanzati. Guardando ai settori strategici, possiamo constatare un'estrema concentrazione in alcuni settori come quelli dei semiconduttori e dei prodotti farmaceutici, con una dipendenza dell'Europa destinata a diventare più critica in un mondo post-Covid. L'industria farmaceutica europea vanta dei player che sono leader a livello globale, ma importa la maggior parte dei principi attivi farmaceutici (API) ed eccipienti dall'India e dalla Cina.

In Europa i medicinali finiti non vengono più prodotti a causa della pressione dei costi.
La Cina detiene una forte posizione nella catena di approvvigionamento di farmaci antibiotici, antivirali, antibatterici e antinfiammatori. L'India è leader mondiale nei segmenti per il sistema nervoso centrale e per le vie respiratorie. Non è chiaro, però, quanto costerebbe riavviare in Europa la produzione di questi farmaci dal momento che l'industria farmaceutica è altamente integrata. Comunque, se venissero prodotti nell'Unione Europea l'impatto sui consumatori finali sarebbe un aumento dei prezzi.
I vincoli geologici sono difficili da aggirare ma la produzione di beni industriali in Europa, combinata a una maggiore diversificazione dei fornitori, contribuirebbe a rendere il continente più autonomo. Detto questo, ci vorrebbero miliardi di euro in investimenti per circa un decennio.
Prendiamo l'esempio della sovranità digitale. Come sottolinea Thierry Breton, ciò necessita di una "capacità europea autonoma nel settore della microelettronica", il che significa che l'Europa dovrebbe essere autosufficiente nella produzione di semiconduttori.

Questo settore ha una catena di approvvigionamento molto complessa, con numerosi operatori coinvolti a livello di progettazione, litografia, produzione (fusione) o distribuzione. Eppure, quando si tratta di produzione di chip, il settore ha tutte le caratteristiche di un mercato oligopolistico di commodity, con un numero molto limitato di player, ossia Taiwan, Corea e Cina, e barriere d'ingresso molto elevate (capacità di produzione tecnologica all'avanguardia e di massa). Oltretutto, l'area è soggetta a un'intensa attività sismica e a tensioni politiche.
La quota europea del mercato mondiale dei semiconduttori pari a 380 miliardi di euro (440 miliardi di dollari) è meno del 10% in termini di valore, rispetto al 44% del 1990. L'ambizione della Commissione europea è di raggiungere il 20% entro la fine del decennio (in linea con la sua percentuale di domanda da parte degli utenti finali). Oggi i chip prodotti in Europa sono di fascia media (20 nm e oltre) e sono utilizzati principalmente nell'industria automobilistica ma non esistono fonderie di semiconduttori all'avanguardia, necessarie per prodotti come i dispositivi mobili o le auto a guida autonoma.



La sfida quindi non consiste solo nell'aumentare le capacità produttive in Europa, ma anche ammodernare i siti di produzione. Entrambe le cose richiedono investimenti significativi (europei o non europei), una strategia di ricerca e sviluppo di lungo periodo e ingegneri di talento. A settembre 2021 Intel ha dichiarato che potrebbe investire fino a 80 miliardi di euro nei prossimi dieci anni per potenziare le capacità di produzione di chip in Europa.
TSMC (Taiwan) e Samsung (Corea) sono attualmente gli unici produttori in grado di produrre nodi al di sotto di 7 nm, mentre la domanda dei clienti per il 5G e l'intelligenza artificiale aumenterà nei prossimi 3 anni. L'Europa può contare sul leader mondiale della litografia ASML, ma questo è solo un tassello del puzzle. Nonostante il sostegno pubblico, non è certo che gli operatori europei saranno in grado di raggiungere in modo redditizio le capacità produttive da leader di Taiwan entro dieci anni.
Il ritorno sul capitale investito dalle imprese europee è diminuito costantemente dalla crisi finanziaria e si è pericolosamente discostato da quello dei loro omologhi statunitensi.


Tali investimenti richiederanno la creazione di un contesto normativo adeguato, l'orientamento dei risparmi e degli investimenti istituzionali al lungo periodo e la garanzia che i ritorni sugli investimenti siano costantemente superiori al costo del capitale.

Essere in grado di stabilire le regole del gioco


Il secondo aspetto della sovranità strategica è l'autonomia degli standard. Se, in tempo di pace, la guerra è di natura commerciale, allora gli standard e i regolamenti sono le sue armi. Fissare e imporre questi standard è un marchio di sovranità. Tra l'altro, abbiamo visto che la maggior parte dei conflitti tra Cina e Stati Uniti riguardano gli standard, con gli Stati Uniti che accusano la Cina di non applicare le regole stabilite su larga scala negli ultimi 30 anni, mentre la Cina afferma il suo legittimo diritto di imporre i propri standard.
L'Unione Europea, la cui capacità di attuare norme è talvolta controversa, è almeno in grado di imporre i propri standard, come ha dimostrato con il GDPR. Le garanzie comuni sulle merci importate da Paesi al di fuori dell'Unione Europea o la direttiva UE sui diritti dei consumatori sono esempi passati di norme che il resto del mondo deve seguire.


Il tentativo riuscito dell'Europa di riformare il sistema fiscale internazionale con un'imposta minima globale, che includa le entrate digitali, è un esempio più recente e fortemente vincolante.
La tassonomia verde che l'UE sta mettendo a punto riveste una grande importanza strategica nel contesto della transizione energetica. L'Europa si assicurerà l'autonomia se riuscirà ad imporre le proprie regole, che indirizzeranno gli investimenti, per un valore dai 200 ai 300 miliardi di euro necessari ogni anno per garantire questa transizione sul continente.

Far nascere (o rinascere) i leader globali


Una terza via alla sovranità strategica consiste nella creazione o rafforzamento dei leader europei in segmenti che assicureranno la sovranità di domani. Questo non coinvolge solo dei settori, ma intere catene del valore ed ecosistemi che porteranno allo sviluppo di nuovi prodotti e servizi. Alcuni esempi sono l'intelligenza artificiale, la cybersecurity, le piattaforme di e-commerce, il cloud, l'internet delle cose, la mobilità verde, l'idrogeno, lo spazio e le apparecchiature medicali all'avanguardia.


Questi segmenti offrono ritorni sul capitale investito superiori alla media europea degli ultimi dieci anni, ma per svilupparli sarà necessaria una maggiore integrazione finanziaria in Europa.
Per diventare una realtà politica, la sovranità strategica europea deve essere un'opportunità di investimento. Ciò richiederà a sua volta che i ritorni sugli investimenti siano interessanti e almeno pari a quelli offerti dalle altre grandi regioni del mondo. I fondi pubblici indicheranno la strada, ma non saranno sufficienti per soddisfare tutto il fabbisogno di capitale azionario. Saranno inoltre necessari investimenti privati e risparmi a lungo termine sotto forma di fondi tematici che investono in aziende quotate o fondi di private equity o di private debt che allineino gli obiettivi di governi, aziende e investitori.

Pierre Blanchet - Head of Investment Intelligence di Amundi


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