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30/06/2021

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Rossella Sobrero (FERPI): l'Oscar di Bilancio 2021 fotografa l'impatto della pandemia nelle società e nella comunicazione

Un momento per interrogarsi sul cambiamento in atto, una svolta che vede l'attenzione verso l'ESG e una crescita importante delle aziende Benefit

La Federazione Relazioni Pubbliche Italiana (FERPI) lancia la 57esima edizione dell'Oscar di Bilancio, il riconoscimento, promosso insieme a Borsa Italiana e Università Bocconi, che premia annualmente le aziende più virtuose nell'attività di reporting e nella cura dei rapporti con gli stakeholder. Abbiamo intervistato Rossella Sobrero, Presidente di FERPI, per fare il punto della situazione attuale e per comprendere cosa è accaduto a livello della comunicazione durante questa pandemia. In questo anno e mezzo di pandemia che cosa è successo al mondo della comunicazione?

Noi siamo forse ancora più attenti di altri settori e di altri operatori e abbiamo notato che è cambiato il modo di comunicare. Con i molti colleghi con i quali mi confronto abbiamo registrato un crescente uso dei social network e, in generale, un cambiamento che avvicina le aziende e le istituzioni alle persone.

Comunicare in modo diretto?

Oltre che diretto, molto più trasparente. nel senso che purtroppo si è rivelato ancora più critico comunicare in questa fase.

Mi riferisco in particolare alle istituzioni e ai vari problemi legati alla salute. Ho usato il termine trasparente, anche se forse non è proprio quello più adatto perché si è caduti nella "troppa comunicazione" e si è spesso finiti con l'avere poco coerenza. Non è quindi una questione di trasparenza o mancanza della stessa, quanto mancanza di coordinamento e anche di competenze. Noi come comunicatori professionali insistiamo nel dire che la comunicazione deve essere fatta sul fronte dei giornalisti, ovviamente perché fanno questo mestiere, sul fronte dei comunicatori, visto che noi ci occupiamo di comunicazione d'impresa e comunicazione istituzionale, ma anche con le persone.

Abbiamo bisogno di una comunicazione sociale.

Sì, ma in modo professionale e invece il rischio è il caos e siamo anche noi molto preoccupati. Tutti comunicano e quasi non ci sono più ordini di priorità. Oltre a questo, nessuno riporta le fonti e la loro autorevolezza che ha un certo peso. Questo evento ha complicato la vita di tutti e come FERPI stiamo cercando di sottolineare l'importanza del nostro lavoro.



Preparazione, esperienza e competenza.

E' un lavoro qualificato. Le nostre sono delle associazioni riconosciute dalla legge 4 e i nostri soci fanno un colloquio d'esame per essere ammessi. Si fanno regolarmente delle sessioni di aggiornamento ma alla fine ci dispiace vedere che tutti i Comuni sono senza questa professionalità nei loro ranghi. Sono storture del sistema poco comprensibili.

E come si può fare?

Come FERPI ci stiamo impegnando in quello che noi chiamiamo "il tessitore sociale". Riteniamo che la gestione delle relazioni sia così importante da poter migliorare, per esempio, lo sviluppo sostenibile dei territori.
Infatti, si mettono in sinergia i vari attori e gli enti locali, ma anche le no-profit e perché no il mondo dalla formazione e da questa collaborazione si possono trovare delle soluzioni per i problemi che comunque dobbiamo affrontare, sia ambientali e sia sociali.
La vocazione del nostro lavoro è gestire le relazioni, siamo convinti che possiamo avere un ruolo sociale. Anzi, diciamo che l'abbiamo sempre avuto, però in questo frangente mi sembra ancora più importante sottolineare creare dei ponti tra mondi diversi può essere un qualcosa di molto utile per tutti.

Pensiamo all'Agenda 2030 dell'ONU, dove l'obiettivo 17 è proprio quello sul quale tutti puntano, cioè networking e collaborazione. Oggi la singola azienda o la singola associazione no-profit, ma anche il singolo ente pubblico da soli non riescono a fare niente.
Per essere efficaci è necessario unire le forze. Questa è una sfida.

Una sfida e un impegno. Ma come si conciliano le cose?

Innanzitutto dobbiamo superare l'autoreferenzialità.
Questo è il vero rischio di questo mestiere, mentre si deve valorizzare il valore aggiunto che le partnership sono capaci di creare. Ci sono delle aree territoriali dove, per tradizione, questo è più facile e penso per esempio all'Emilia Romagna, che ha una tradizione di collaborazione molto spinta. Ma anche al Molise piuttosto che la Basilicata perché c'è sempre stato un sistema anche cooperativo e via di seguito capace di aggregare. Ma proprio perché presenti determinati elementi, mi ha colpito molto quando tre anni fa il Comune di Bologna ha fatto la Fondazione per l'Innovazione Sociale dove ha inserito all'interno tutti gli attori.


Anche il Trentino è un grande esempio di cooperazione. Non tutte le zone però sono così. Se penso soprattutto al Centro-Sud dico che è un peccato che si faccia più fatica a collaborare perché poi i risultati balzano all'occhio.

Questi sono temi che stanno alla base dello sviluppo economico.

Troppo spesso si è concentrati sui fatturati delle aziende ma non teniamo conto dei sistemi che agevolano l'economia sotto tutti i punti di vista. Invece, l'importanza di tanti fattori sta diventando sempre più importante.

E arriviamo agli Oscar del Bilancio, che di fatto sono un perfetto sistema per guardare il mondo con occhi diversi.

Se li guardiamo in questa ottica, sono emersi con forza i temi della collaborazione, ma è emersa anche la volontà di essere più trasparenti. Questo mi sembra un ottimo segnale.
Per l'edizione 2020 abbiamo avuto 287 candidature e anche tante medie e piccole imprese hanno partecipato e significa che c'è la volontà, non solo da parte di chi come le grandi aziende ha l'obbligo di fare il bilancio sociale, difare qualcosa di utile.



Il bilancio è sempre più visto come uno strumento di comunicazione
, quindi non solo per lo stakeholder e tecnici, che chiaramente hanno bisogno di analizzare il bilancio per fare un investimento, per ma per tutti.

Com'è andata la fase di scelta dell'Oscar del Bilancio?

La gran parte dei bilanci che sono stati analizzati ha riportato che la modalità di collaborazione, soprattutto con le associazioni no-profit, a testimonianza che è diventata importante.
Vedendo i bilanci integrati, cioè quelli che già nascono mettendo insieme il bilancio economico-finanziario con bilancio sociale-ambientale, questa tendenza appare molto evidente. La "parte" sociale è proprio quella che evidenzia la propensione alla collaborazione e lo abbiamo visto anche nella categoria delle "imprese sociali e delle associazioni no-profit", dove spesso è stato sottolineata la collaborazione con le imprese come elemento vincente.

Una modo di operare insieme.

Io dico da tempo che la particella "co" non è mai andata di moda, ora si parla di co-progettazione, collaborazione, co-ideazione e molto altro, quindi c'è forse un maggiore bisogno rispetto al passato di lavorare insieme e la pandemia ha mostrato con forza questa opportunità.



Ha aumentato la voglia di collaborare con gli altri ed è un trend di cambiamento molto marcato. C'è anche una maggiore attenzione nel comunicare agli investitori su questi temi. Non è una semplice operazione di "green-washing", perché il bilancio sociale è uno degli strumenti migliori per raccontare il cambiamento e il percorso intrapreso dalle società.

Quale consiglio si sente di dare alle imprese italiane?

Il primo, forse il più scontato, è che "prima bisogna fare e poi dire", perché il rischio green-washing, soprattutto da quelle aziende che fanno delle dichiarazioni di principio che però sono futuribili, cioè che non hanno ancora fatto un percorso verso lo sviluppo sostenibile, c'è ed è evidente. In quel caso, l'azienda è molto attaccabile. Quindi, avviare un percorso, iniziarlo e poi comunicarlo.
La gente credo che si sia un po' stancata di tante parole e di pochi fatti. Penso che siamo arrivati al momento dove chi fa bene deve comunicarlo perché fa capire che questo premia e anche il mercato lo riconosce come attore sociale nonché economico.
Poi c'è tutto il tema del "brand activism" che da quando è uscito il libro di Philip Kotler non si cerca di fare altro che parlare di un brand e di come deve essere percepito in modo positivo.


Le ultime ricerche dimostrano che le persone chiedono ai brand di occuparsi di problemi sociali e ambientali e questo è stato un cambiamento molto veloce. Mi occupo di questi temi da anni, ma l'accelerazione degli ultimi due è stata veramente molto energica. Noi comunicatori possiamo aiutare le aziende a valorizzare i loro progetti, ma dietro ci devono essere dei fatti concreti. Si chiede sempre più alle aziende di essere coerenti tra dichiarato e agito, non ci devono essere troppe differenze. Oggi con i social network si capisce subito se un'azienda non è corretta e si fa in fretta a smascherarla.

Questa pandemia ci ha insegnato anche a gestire l'incertezza?

Abbiamo imparato che bisogna saper gestire le crisi. Quasi tutte le imprese si sono trovate impreparate a questa pandemia. E' emersa una maggior consapevolezza che la fragilità può mettere a repentaglio il business.

Cosa altro è emerso dalla lettura dei bilanci per l'Oscar?

La grande partecipazione ha permesso di avere una buona fotografia dello stato delle imprese, di tutti i settori e di tutte le dimensioni.


Una cosa che mi ha colpito è che alcune grandi imprese fanno una sintesi del bilancio per renderlo fruibile a tutti.
Quest'anno abbiamo inserito una nuova categoria, per le società benefit, perché innanzitutto queste società hanno l'obbligo di legge un bilancio certificato perché nello statuto dichiarano di conciliare il profitto con gli obiettivi sociali-ambientali. E' un fenomeno veramente impressionante e in crescita, anche se di fatto sono giovanissime perché nascono con la legge di bilancio del 2016. E' un fenomeno interessante perché diverse grandi imprese si stanno trasformando in società benefit.
Io cito sempre Chiesi, perché è una grande casa farmaceutica presente in 12 o 13 Paesi nel mondo e quindi ha una grossa complessità da gestire, ma che si è trasformata. Patagonia ha fatto scuola, ora molti stanno seguendo questa strada. Poi, all'Oscar del Bilancio c'è sempre molto interesse intorno alle grandi aziende quotate in Borsa, come per le istituzioni finanziarie, assicurative e bancarie che hanno delle adempienze di legge che le regolano.

L'Oscar di Bilancio è ormai un'istituzione, ma è anche un gran lavoro di squadra da parte di FERPI.




Assolutamente, viene gestito con Borsa Italiana e l'Università Bocconi, ma è anche una bella occasione di confronto per la comunità economico-finanziaria.
E' gestita nell'ottica del network, con tante associazioni partner, che lo sono davvero e non di facciata. Si tratta di associazioni tecniche che portano il loro contributo nelle varie commissioni di valutazione. Stiamo parlando di una macchina organizzativa che coinvolge centinaia di persone. Un processo rigoroso e trasparente, ma le aziende tengono molto sia al premio sia alla serietà con cui vengono letti e studiati i bilanci.

Sottolineiamo la presenza delle diverse associazioni e istituzioni di settore che, affiancando il Comitato Promotore composto da FERPI, Borsa Italiana e Università Bocconi, sono Partner dell'Oscar di Bilancio 2021:
AIAF - Associazione Italiana per l'Analisi Finanziaria, AIIA - Associazione Italiana Internal Auditors, ANCI - Associazione Nazionale Comuni Italiani, ANDAF - Associazione Italiana Direttori Amministrativi e Finanziari, ANIMA per il Sociale nei valori d'Impresa, Fondazione Sodalitas, CSR Manager Network, Fondazione OIBR - Organismo Italiano di Business Reporting, GBS - Gruppo di Studio per il Bilancio Sociale, Nedcommunity - Associazione Italiana degli Amministratori Non Esecutivi e Indipendenti, Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano.



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