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09/06/2021

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Ecco come le PMI possono ripartire

Antonio Lafiosca (BorsadelCredito.it): per ripristinare la fiducia degli imprenditori che devono investire e far fluire liquidità al sistema attraverso una massiccia defiscalizzazione dell'economia reale

È tempo di ricostruzione post bellica. Che passi per la massiccia defiscalizzazione dell'economia reale da un lato ma anche degli investimenti, tutti, nell'economia reale. È una via quasi obbligata per consentire alle PMI di investire e ristrutturarsi in vista della ripresa, che potrebbe anche essere, finalmente, alle porte.
Abbiamo ancora sei mesi prima che lo stop alle moratorie (prorogate fino a fine 2021 dal Decreto legge Sostegni Bis) si interrompa soffiando in faccia alle imprese la polvere che finora è stata nascosta sotto il tappetto. Nel frattempo saranno messe a terra le risorse del PNRR, con i primi progetti che saranno avviati a ridosso o dopo l'estate.
Allo stesso tempo sono stati pubblicati tutti o quasi i bilanci 2020. Le aziende si sono presentate alla prova dei conti - loro malgrado - con il fiato corto. Perché è vero che, secondo Cerved, la maggior parte di esse chiuderà il 2020 in pareggio o con un utile d'esercizio e con indici di redditività, pur crollati rispetto al 2019, in media ancora positivi. Ma è altrettanto vero che il sistema è stato supportato dall'estensione della Cassa Integrazione e dagli interventi sulle garanzie pubbliche per iniettare liquidità.


E che il livello di resilienza acquisito dalle PMI fino al 2019 è ciò che permette agli indici di solidità finanziaria e patrimoniale di essere ancora sostenibili seppur in deterioramento.

Attenzione al rapporto tra debiti finanziari e MOL


Il leverage, precisa Cerved, crescerà dal 61% al 68%, mentre il rapporto tra oneri finanziari e MOL (Margine Operativo Lordo) aumenterà dal 12,8% al 15,5%: si tratta di livelli ancora sotto quelli del 2007.
Tutti tranne il rapporto tra debiti finanziari e MOL, che si incrementerà da un multiplo di 3,2 a uno di 4,5: ed è un dato da non sottovalutare, perché dà una misura del crollo della redditività lorda e del maggiore ricorso delle PMI ai debiti. Dunque, se finora hanno potuto sopravvivere grazie alle posizioni di rendita acquisite negli anni precedenti, non possiamo essere certi che il trend proseguirà nel prossimo futuro.

A quando il ritorno al pre-Covid?


Secondo l'indagine di Duff&Phelps, condotta presso cento aziende dei principali settori produttivi italiani (manifatturiero, servizi finanziari, telecomunicazioni, ICT, utilities, distribuzione alimentare), il 41,7% dei manager prevede un aumento del fatturato nei prossimi 6-12 mesi e il 36,6% un calo.


Il 39,1% degli intervistati vede il fatturato tornare a livelli pre-crisi già nel 2021, ma un 40% rimanda questo dato al 2022. A patto, secondo il 20% dei rispondenti, di puntare in modo massiccio sulla digitalizzazione e sulla risposta ai nuovi bisogni dei consumatori e di saper dominare il cambiamento.
Alla fine, non è tanto importante che la ripartenza avvenga prima o dopo, l'importante è farsi trovare pronti. E, soprattutto, come possono le PMI, già con margini risicati e con un livello di indebitamento importante, trovare le risorse.
La faccenda è chiara nella sua drammaticità: ed è per questo che parliamo di ricostruzione post bellica.

Un governo autorevole per ripristinare la fiducia


Serve un governo solido e autorevole e un ecosistema di business che faccia da rete di salvataggio. Un governo credibile e forte ci dà autorevolezza in ambito europeo e ci consente di sedere ai tavoli delle decisioni, permettendo di ripristinare la fiducia che è poi il principale motore degli investimenti.
Ma poi servono politiche micro chiare, precise, efficaci.




Andare oltre la logica dei sussidi


È necessario, secondo noi, andare oltre la logica assistenziale che è stata sicuramente utile nella fase iniziale della pandemia, e adottare strumenti strutturali di defiscalizzazione dell'economia reale.
Dal cuneo fiscale per rendere sostenibile il lavoro, agli incentivi agli investimenti in capitali pazienti che fluiscano verso le imprese e ne sostengano i progetti nel medio-lungo termine. Qualche passo in avanti, almeno in teoria, è stato fatto con i PIR alternativi, che hanno allargato il raggio d'azione ai titoli di società non quotate. Ma, come spesso abbiamo sostenuto, i PIR sono uno strumento precluso a certi asset come il direct lending e con un'offerta sul mercato limitata.
Gli strumenti come il marketplace lending, che invece arrivano davvero nelle maglie dell'economia reale, ad oggi sono sempre stati esclusi da ogni incentivo proposto per far fluire liquidità alle PMI. È una contraddizione che nemmeno la pandemia è riuscita a scardinare. E che ha resistito anche di fronte al fatto che la nostra potenza di fuoco, grazie a collaborazione e progetti elaborati con primari soggetti finanziari, è diventata significativa.


Insomma, l'Italia ha tutti i mezzi, le idee e le soluzioni necessarie per ripartire: si tratta solo di utilizzarli al meglio.

Antonio Lafiosca, Co-Founder & Chief Operating Officer di BorsadelCredito.it


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