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17/10/2018

economia

Rivoluzione all'italiana?

De Berranger (La Financière de l'Echiquier): la Commissione Europea non potrà esimersi dal negoziare. E' probabilmente quanto stanno ricercando i leader del nostro Paese

Nelle ultime settimane ha creato scalpore sui mercati l'annuncio, da parte del governo italiano, di un obiettivo per il disavanzo 2019 al 2,4% sul PIL (e i due anni successivi). Ricordiamo tutti l'impegno dello 0,8% sottoscritto dal precedente governo, la volontà espressa dal Ministro dell'Economia di non superare l'1,6% e il dato dell'1,9% atteso dal consensus. La situazione non è delle più semplici?
Sotto un profilo strettamente economico poco importa sapere se il rapporto deficit/PIL si attesterà all'1,9% o al 2,4%. A preoccupare invece è la costituzione del disavanzo aggiuntivo alimentato, tra l'altro, dal reddito di cittadinanza che dovrebbe sostenere l'economia senza risolvere tuttavia il principale problema italiano: la bassa crescita potenziale del Paese (basata perlopiù sugli investimenti e le capacità produttive). Inoltre, per fare in modo che l'indebitamento rimanga sotto controllo l'ipotesi di crescita formulata (+1,6% nel 2019) è fattibile, ancorché ambiziosa. In altri termini, un rapporto elevato motivato però da un ampio programma di investimenti in grado di stimolare la crescita potenziale e basato su ipotesi di crescita più caute sarebbe stato, sempre in termini economici, più accettabile.


A prescindere da queste considerazioni il problema di fondo è di natura politica. Il dato del 2,4% è ovviamente un sasso della coalizione populista italiana gettato nello stagno europeo al fine di avviare le trattative. Del resto, già mercoledì scorso, il premier Giuseppe Conte annunciava un disavanzo al 2,4% sul PIL nel 2019, al 2,1% nel 2020 e all'1,8% nel 2021. La Commissione Europea, per il tramite del suo Commissario agli Affari economici non poteva dunque che dichiarare che il DEF è "fuori dai paletti".
Tuttavia, a pochi mesi dalle elezioni europee, la Commissione si trova in una posizione delicata. Da un lato, mentre i movimenti populisti guadagnano terreno dovunque in Europa non è molto incoraggiante vedere una coalizione di partiti populisti concordare su un tema cruciale come la manovra finanziaria. Dall'altro, il bilancio italiano è destinato a rilanciare l'economia. Risulta pertanto difficile per la Commissione Europea opporsi con fermezza a una volontà di rilancio mentre in Europa si profilano un trend di fondo, la fine delle politiche di austerità, e una delle principali sfide economiche per l'Eurozona, la crescita potenziale e gli investimenti.



Pertanto, l'istituzione europea cui sarà ufficialmente sottoposto il Documento Programmatico di Bilancio italiano il 15 ottobre dovrà formulare le sue raccomandazioni a fine mese e non potrà esimersi dal negoziare. E' probabilmente quanto stanno ricercando i leader italiani. Nel frattempo, bisognerà anche monitorare, il 26 ottobre prossimo, gli annunci di Moody's e di S&P sul rating del debito italiano. Altre tensioni in vista.

Olivier De Berranger, Chief Investment Officer di La Financière de l'Echiquier


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