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23/05/2018

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Torretta: per il manager 2.0 ci vuole il counseling

Occorre un giusto supporto che lo aiuti a ritrovare il benessere nel processo di cambiamento, a esprimere il meglio di sé senza paura di sbagliare. Una bussola per orientarsi e relazionarsi sul lavoro e nella vita

Mai come in questo momento i manager sono sotto pressione. Stretti tra le necessità di far sempre maggiore crescita, scenari di business che cambiano di continuo e rapporti con i collaboratori sempre più complicati. La paura del fallimento, lo stress, le difficoltà di conciliare il lavoro con la propria vita portano fatalmente a conseguenze pesanti, in termini di efficienza ed efficacia. Una valida risposta per migliorare la situazione può venire dal counseling. Ne abbiamo parlato con Laura Torretta, counselor sistemico relazionale e autrice di "Ricomincio da me con il counseling - spazi di trasformazione per tornare al centro del tuo benessere".

Che cosa è il counseling?

E una professione di aiuto. In questo processo il counselor è un alleato della persona e la supporta in un percorso di cambiamento per migliorare la qualità della propria vita. Si basa su tecniche comunicative e relazionali, pone l'ascolto attivo e le domande potenti al centro del dialogo. Questa professione è centrata sull'empowerment dell'essere umano e in questi incontri il counselor sostiene con la massima fiducia la persona per esprimere il meglio di sé.

E' un viaggio di crescita personale e di maggiore consapevolezza: sui propri obiettivi di autorealizzazione, sulla sostenibilità della propria motivazione nel tempo, sui possibili schemi limitanti, sulle proprie risorse e su come organizzarle e mobilitarle con maggiore efficacia.

Da tempo si parla di "manager disorientato". Perché può essere utile un percorso di counseling?

Il manager prima di tutto è una persona e spesso, come vedo nei percorsi di counseling, è disorientato perché ha perso la bussola che lo orienta della vita: questo accade quando ci allontaniamo dal centro dei nostri bisogni vitali. Purtroppo, è disorientata la nostra società, i sistemi che abitiamo, la famiglia, la scuola. Non si esime l'azienda.
La digitalizzazione e le nuove tecnologie "disruptive" impongono cambi di paradigmi frenetici alla ricerca di nuovi posizionamenti competitivi, le aziende combattono tra sopravvivenza ed evoluzione.
I manager sono stati per decenni ottimi specialisti funzionali esecutori di gerarchie che chiedevano il massimo controllo.
Ora tutto cambia: diventa prioritaria la capacità di delega e di sviluppo dei team accogliendo "diversity" e "millennials", si chiede di pensare "out of the box" con flessibilità e innovazione! Le sinapsi fanno cortocircuito, i tempi di adattamento dell'essere umano sono più lunghi e imprevedibili rispetto all'aggiornamento di un software.


Vedo ancora troppa attenzione alle strategie e ai processi e poca sensibilità alle Persone come protagoniste del cambiamento organizzativo. Fusioni e acquisizioni nascono da due diligence finanziarie che dimenticano la centralità della parte soft culturale.
I manager si muovono spesso spaventati e confusi all'interno di riorganizzazioni funzionali subìte, ristrutturazioni che li spostano all'interno di organigrammi nati a tavolino che non reggono alla prova dei mercati. Il cambiamento diventa un corpo estraneo rigettato. Diminuisce la fiducia e lo spirito di appartenenza, le organizzazioni diventano puzzle di silos burocratici e deresponsabilizzati. Le indagini di clima sono in picchiata.
In questo scenario, il counseling organizzativo e il counseling sistemico relazionale potrebbero aiutare a sostenere gli snodi critici del sistema e a sviluppare sostenibilità e benessere.

Cosa significa per un manager "riportarsi al centro"?

Come già condiviso prima, riporto il vissuto di molti manager con cui parlo direttamente o che accolgo nei percorsi di counseling.

Mi descrivono situazioni ambientali e relazionali invivibili nelle diverse direzioni verso capi-colleghi-collaboratori-clienti. Si sentono demotivati e svalorizzati, impauriti e arrabbiati. Nessuno accoglie in azienda le loro emozioni, le donne le esprimono più degli uomini, se si danno il permesso senza temere che questo pregiudichi la loro performance.
Naturalmente è una catena sistemica senza fine dove tutti si sfogano con tutti, le dinamiche di potere prendono il sopravvento, l'ansia da prestazione rende ciechi e ruba l'anima, la legge del business e dei numeri imperat. Il sistema perde il suo senso originario: stare bene insieme per un obiettivo comune.
Il counseling può aiutare i manager a riprendersi cura di sé, a ritrovare il proprio centro interiore, a gestire con maggiore consapevolezza il work-life balance. La persona agisce al centro della scena per sentirsi regista e protagonista del proprio destino, leader di sé stesso e dell'organizzazione nel lavoro del futuro, rifocalizza le priorità e sviluppa nuove abilità utili al benessere relazionale.
Stare al centro per ogni persona adulta significa vivere consapevolmente e responsabilmente in equilibrio le proprie intenzioni, i pensieri, le emozioni, le azioni.


Solo da questa posizione esistenziale di verità e senso possiamo collaborare e sviluppare il nostro potenziale.

La vita è fatta di cicli di 7-10 anni: cosa significa, che si deve cambiare lavoro/mansione/azienda?

Certo che no! Ma la crisi del settimo anno arriva! far finta di niente, ignorarla per inerzia non ci aiuta. E' una spinta interiore ad aggiornare i nostri bisogni, ad alimentare la motivazione, a generare nuove esperienze di apprendimento nella vita. Occorre fare un refresh come sui computer. In merito alla realizzazione professionale questo non significa necessariamente cambiare cosa si fa ma rinnovare la scelta di cosa si vuole a questo punto della vita: magari confermo il lavoro ma cambio moglie o sport! Magari confermo cosa faccio ma cambio come lo faccio.
Il bisogno di carriera di un trentenne può stemperarsi a 50 anni e lasciare il posto al bisogno di socialità magari trascurata. Il bisogno di riconoscimento delle proprie competenze di un trentenne si dovrebbe naturalmente stemperare verso i 40 anni lasciando spazio ad un bisogno di maggiore autonomia decisionale.
Spesso però restiamo prigionieri del passato, viviamo per soddisfare bisogni degli altri o imposti dai modelli di comunicazione.


Dobbiamo fare carriera: chi lo dice? Fino a quando? In queste fasi di svolta scegliere consapevolmente è determinante, il counseling è di grande aiuto per valutare le possibili opzioni, per prendere decisioni e per attuarle, per accettarne le conseguenze per sé e per il mondo che ci circonda.

Aumenta lo stress sul lavoro. Quasi 7 italiani si 10 si lamentano delle proprie condizioni lavorative e dell'ambiente in cui le svolgono. Cosa fare?

La gestione dello stress è un fattore centrale per il nostro benessere prima che diventi centrale per la nostra salute!
Dovremmo tutti sviluppare la capacità di individuare le cause di tensione per attivare strategie funzionali di adattamento. Con una maggiore resilienza e attenzione possiamo evitare di cadere in circoli viziosi che ci logorano progressivamente. Come si impara negli incontri di counseling: "la resa a quello che c'è e che non possiamo modificare".
Certo i contesti disorientanti che abbiamo dipinto all'inizio non aiutano. Le aziende hanno una corresponsabilità in tal senso, esiste l'obbligo normativo di monitorare il rischio da stress correlato lavoro all'interno del sistema di promozione della salute e sicurezza; le organizzazioni più illuminate sviluppano iniziative preventive di Corporate Social Responsability e welfare.



L'apertura di sportelli di ascolto e l'attivazione di percorsi di counseling possono aiutare a migliorare il clima e il benessere per rendere l'ambiente più sostenibile. Allo stesso tempo supporto l'introduzione in azienda di pratiche di presenza e meditazione, mindfulness e respiro consapevole: sono allenamenti potenti per radicarci nel "qui e ora", connettere mente e corpo, lasciar andare le tensioni e ritrovare la pace interiore. Provare per credere e io ne sono testimone diretta.

Algoritmi, intelligenza artificiale, Industry 4-0 e Lean Factory: il fattore uomo è vicino all'estinzione o, come detto al World Business Forum occorre passare alla "Human economy"?

Porto più che un'opinione, bensì competenze ed esperienze, 25 anni in azienda di cui 17 nella tecnologia, gli ultimi 7 anni attiva come Executive Professional all'interno di percorsi di change. I numeri, i processi, la tecnologia sono importanti, ma l'eccesso di scientificità ha fatto perdere di vista le persone, che restano troppo spesso il fanalino di coda. La focalizzazione sugli algoritmi rischia di omologare la predittività dei nostri comportamenti, rischiamo di essere sempre più isolati tra smart e agile!
Abbiamo una ricchezza di geni e Dna unici, finora troppo spesso guidati da una cultura individualista e competitiva che sta distruggendo le risorse del pianeta.


Vedo però una timida rinascita di focolai di sostenibilità che valorizzano contemporaneamente un passaggio alla human economy e alla collaborazione sociale. Tutta questa ricchezza sistemica è diversamente irriproducibile artificialmente da robot. Non a caso l'intelligenza più gettonata oggi è quella emotiva al centro della comunicazione, delle relazioni del contatto.
Il vero uomo al centro di questa rinascita è, per me, chi coniuga etica e deontologia, chi utilizza sapientemente e consapevolmente la parte del cervello più evoluta, agisce responsabilmente per il bene comune, per ciò che è utile e giusto. Su questa riappropriazione dei veri valori dell'umanità credo che la filosofia esistenziale del counseling, le abilità di counseling, i percorsi professionali di counseling potrebbero dare un grande supporto.

Assertività e ascolto attivo: ogni manager dovrebbe adottarle...

Verissimo! Sono due capacità fondamentali in ogni relazione nella vita che spesso latitano. Sono risorse preziose nelle organizzazioni dove senza sosta e gli allineamenti sono spesso solo formali. Ma arrivano i millennials che rompono gli schemi, cercano manager che li ascoltino veramente e li coinvolgano nelle decisioni, diversamente se ne vanno.



L'Assertività è la capacità di affermare sé stessi esprimendosi in modo efficace con chiunque senza però offendere, aggredire, rinunciare, sentirsi in soggezione o giudicati. Permette di dire di no senza sentirci in colpa, ammettere i nostri sbagli e criticare in modo costruttivo. Una dinamica relazionale assertiva si basa sul rispetto e sulla fiducia. Spesso però deviamo in azienda da questa posizione "adulta" e si producono situazioni di potere e conflittuali per cui "o si vince o si perde".
L'ascolto attivo richiede empatia e un atto emozionale, un reale interesse a comprendere l'altro. Toppo spesso però si usa l'udito come pura azione tecnica. Questa risorsa manageriale permette di esplorare la diversità e mettere in discussione le proprie certezze, allena la gestione creativa dei conflitti e stimola l'umorismo. Una abilità relazionale 4.0 indispensabile per trovare modalità di incontro sostenibili per lo lo sviluppo organizzativo.
Sono abilità alla base della formazione di un counselor e il loro apprendimento viene stimolato all'interno dei percorsi di counseling!

Frase chiave per un manager: per riuscire a vedere la tua prospettiva devi cambiare prospettiva

Il punto di vista nello spazio cambia a seconda della posizione che assumiamo, lo stesso vale metaforicamente se di fronte a un problema usciamo dalla mappa limitata della nostra mente, automatica ripetitiva e limitata e ci apriamo all'esplorazione dell'ignoto nel territorio più vasto delle infinite possibilità.


La mente spesso ci tiene prigionieri della comfort zone del passato, siamo più efficienti ma meno efficaci: faccio quello che so fare e continuo a farlo nello stesso modo, ma allora divento un robot replicabile?
Il counselor supporta queste riflessioni per un pensiero più flessibile e creativo che va oltre il giudizio, gli stereotipi e le credenze.
Il manager ha la responsabilità di attivare il circuito dell'apprendimento esperienziale continuo, di essere aperto e curioso per affrontare nuove sfide che generano nuove risorse. Imparare a sincronizzare con la mindfulness e il respiro consapevole corpo e mente è un grande esercizio per potenziare l'efficacia hic et nunc. Auguro a tutti i manager di tutte le aziende di spostare la propria attenzione dal saper fare al saper essere, di riappropriarsi del proprio sentire e di rigenerare tutti i sensi al servizio del proprio benessere personale, relazionale, organizzativo.


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