Anche in finanza, historia magistra vitae
Perché dobbiamo solo imparare dalla bancarotta di Firenze del 1345. Ci sono tutti i segni delle crisi bancarie e finanziarie di oggi
Cicerone la sapeva lunga. Guardare a quanto avvenuto ad altri, in epoche diverse, contesti anche differenti dal nostro, per capire quali errori non ripetere. Evidentemente nella Toscana di oggi (e chi parla è mezzo sangue aretino, con un legame affettivo e familiare molto stretto alla grande Banca Etruria che fu) pochi hanno studiato o letto De Oratore, in cui è contenuta la frase suddetta (o meglio, l'estrapolazione che si è fatta di una frase più ampia).

Tutto ciò premesso non cambia però il succo: possibile che dalle vicende passate non si siano tratti gli insegnamenti conseguenti? MPS prima, Banca Etruria poi. Insomma, repetita iuvant verrebbe da dire.
Un recentissimo scritto, di cui si caldeggia insistentemente l'acquisto e la lettura, è 1345. La bancarotta di Firenze. Una storia di banchieri, fallimenti e finanza, di Lorenzo Tanzini, edito da Salerno Editore. Si tratta di un'avvincente ricostruzione storica di una serie di fallimenti a catena, avvenuti nella prima metà del 1300, che portarono al crollo di quello che ai tempi era il sistema creditizio e finanziario più importante dell'Europa.
Una serie di rovesci, frutto dell'intreccio diabolico tra potere, elite finanziaria, mondo politico e popolo semplice, i cui effetti portarono al fallimento di quelle che oggi potremmo chiamare merchant banks. Un batter d'ali che a distanza di poche migliaia di chilometri genera uno tsunami capace di far fallire un'intera città e il suo sistema economico.
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