Prepariamoci al lavoro che verrà
"Lavoreremo ancora? Tecnologie informatiche e occupazione", curato da Alfredo Biffi e Pierfranco Camussone, affronta gli effetti della trasformazione della società in digitale
Un'indagine in cui sono stati intervistati 14 opinion leader e raggiunti con questionari mirati ben 300 studenti/neolaureati (di 15 atenei italiani), 62 startupper di settori economici differenti, 243 manager d'azienda (con la collaborazione di Aldai Federmanager), 115 responsabili del personale (con la collaborazione di AiDp, Associazione Italiana dei Direttori del Personale). Questo il panel che ha permesso di evidenziare il vissuto, con rischi e speranze, sul quale sarà il lavoro di domani. Ovvero, quali gli effetti che ci saranno sul lavoro per effetto della rivoluzione tecnologica.
Stiamo parlando del volume "Lavoreremo ancora? Tecnologie informatiche e occupazione", edito da Egea Bocconi, curato da Alfredo Biffi e Pierfranco Camussone, docenti della SDA Bocconi.
Emerge la preoccupazione per una crisi occupazionale che potrebbe interessare il prossimo decennio. Aggregando i dati di tutti gli intervistati, emerge come l'impatto, visibile fin d'ora, entro 10 anni genererà la crisi occupazionale in modo sensibile. Un impatto più forte della sostituzione uomo-macchina si avrà a livello di attività operative fisiche (87% dei rispondenti) o intellettive (92%) ma subiranno un effetto sostituzione anche quelle concettuali di livello (51%).
Abbiamo intervistato Biffi.
Come è nata l'idea di questa ricerca e del libro conseguente?
L'idea nasce dalla esigenza di sistematizzare quanto negli ultimi 3-5 anni è stato prodotto sull'argomento e di capire come questo viene interpretato in nostro Paese da coloro che ne sono direttamente i protagonisti. Ragionando con AICA (Associazione Italiana per l'Informatica ed il Calcolo Automatico) ci si è resi conto come non esistessero numeri italiani che esprimessero la consapevolezza degli attori. Da cui la ricerca e il libro che lasciamo ai chi, a livello macro economico e politico avrà la responsabilità di guidare ed orientare il processo di trasformazione della società in digitale anche con il protagonismo delle imprese come traino del fenomeno.
Quali sono, e quanto pesano, fatto 100% i fattori critici che porteranno in futuro ad una riduzione dei livelli occupazionali?
La logica dice che se l'uomo, come successo nella storia, vuole fare meno fatica e se le imprese per essere competitive e performanti devono essere rapide ed efficienti, l'uno come le altre non possono non investire nella tecnologia.
L'elemento più critico è che le macchine iniziano ad avere ed avranno sempre più "intelligenza non umana" capace di svolgere anche le mansioni più qualificati a livello concettuale. Ciò provocherà distruzione del lavoro come lo intendiamo oggi ma se lo concepiamo come distruzione creativa il concetto di livelli occupazionali diventa non più interessante. Potrebbe essere che grazie alla ricchezza prodotta avremo tutti una occupazione, per meno ore, e magari anche più motivante: in realtà questo dipenderà dal tipo, stile e qualità di vita che vorremo per il prossimo futuro. Bisognerà accettare un periodo di transizione verso un nuovo modello di vita e di sviluppo che potrà essere difficile per alcuni e stimolante per altri, da cui la responsabilità politica di individuare le forme giuste per un equilibrio accettabile.
La tecnologia e la diffusione dei social costituiscono più una minaccia o un'opportunità per creare nuove forme di lavoro?
Distinguerei i due ambiti. La tecnologia è minaccia ed opportunità al contempo: uccide alcune componenti del lavoro, standardizzabili e di routine ed oggi anche in parte concettuali di livello, ma crea anche nuovi ambiti di lavoro, magari frammentati ma molto più specializzati e con necessità di competenze differenti; i social da un lato sono una componente della tecnologia ed in questo rientrano nel precedente ragionamento, dall'altro sono un elemento che potrà creare occupazione se a fini di business, altrimenti rischiano di essere prevalentemente piattaforma di relazione ludica talvolta anche pericolosa se non correttamente gestita.
Il ruolo della formazione è destinato a crescere: quali sono le direttrici che a suo giudizio saranno più importanti?
Diventerà fondamentale almeno su due aspetti. Preparare i giovani ad uno stile di vita in cui il lavoro sarà integrato nella quotidianità d'impiego delle tecnologie, ed in questo le materia tecnico scientifiche saranno fondamentali, ma anche prepararli al senso del rispetto della persona e della solidarietà sociale come modo di pensare per mantenere l'equilibrio tra capacità d'uso della tecnologia e convivenza sociale. Riconvertire coloro che già lavorano e che vedranno ancora più che in passato cambiare velocemente ambiente e contesto di lavoro, contenuto e skills da possedere. La sfida più grande è forse su questo secondo aspetto perché immediato, mentre sul primo si può agire su tempi più lunghi
La contrazione del lavoro colpirà di più i lavori hard rispetto ai soft: con quali strategie si possono contenere gli effetti negativi?
Non sono così sicuro che sarà proprio così. In fondo i lavori hard da sempre sono sottoposti a processi di meccanizzazione prima e di automazione poi e la digitalizzazione negli ambiti più operativi è la prosecuzione naturale di un processo secolare.
Diverso per i lavori soft, più recenti, che in alcuni casi sono ancora da capire. Qui credo che una strategia che può portare frutti sia quelli di lasciare evolvere naturalmente tali lavori senza porre vincoli al contenuto operativo ma salvaguardando in modo flessibile la possibilità per le persone impattate di poter trovare il loro spazio. E' più facile per i lavori soft autorigenerarsi, molto meno per quelli hard, soprattutto se basati su strumentazione fisica.
Questi trend così critici come impattano a seconda che si pensi ad una grande impresa o ad una PMI?
Paradossalmente le PMI che almeno nel nostro paese sono mediamente ancora ancorate a processi di lavoro tradizionali, potrebbero beneficiare di più delle opportunità offerte dalla tecnologia. Maggiore efficienza, maggiore spazio per lavori gestionali oggi spesso solo abbozzati, maggiore possibilità di essere ancora più competitivi in termini di qualità d'offerta e di relazione con il cliente. Per la grande impresa potrebbe esserci il vero impatto occupazionale: a numeri maggiori di personale potrebbero coincidere maggiori volumi di lavoro sostituibile; inoltre, la grande impresa che compete a livello internazionale ha già fatto molto e la tecnologia, pur aprendo nuove prospettive richiederà una progettazione molto fine e analitica, cosa non semplice per esprimere elevati volumi di ritorno degli investimenti.
Titolo: Lavoreremo ancora? Tecnologie informatiche e occupazione
Autori: Alfredo Biffi e Pierfranco Camussone
Editore Egea Bocconi
Pagine: 178
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