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15/06/2016

leisure

Edificabilita' bene comune

L'analisi in un libro di Francesco Maria Esposito, presentato al Festival dell'economia di Trento, propone la disciplina dei prezzi immobiliari contro la speculazione e un piano casa da 480 mila alloggi "public housing" in 10 anni per far ripartire l'economia

Per il 70% degli italiani la casa costituisce la principale voce di spesa, sottraendo liquidità all'economia domestica. Se il suolo fosse considerato un bene comune, al pari dell'acqua, come in Germania, i costi di locazione abitativa, che intaccano oggi il 65% della busta paga degli italiani, potrebbero scendere in modo esponenziale. Dal 1963 fino al 1985 il costo per una locazione o per una rata di mutuo in Italia incideva solo per il 20% su uno stipendio medio.
Che la casa sia ancora oggi tra i primi desideri dei giovani italiani è confermato da una recente ricerca dell'Istituto Ixè che evidenzia come un italiano su 4 tra i 18 e 34 anni abbia il sogno di acquistare una casa. Però lo studio mette anche in risalto che in Italia il 75% dei giovani tra i 16 e i 34 anni vive con i genitori e 2 terzi di questi (51%) non lo fa per libera scelta, ma perché non può permettersi un alloggio.
L'analisi di Francesco Maria Esposito, urbanista e architetto, founder partner di World - Law, Economics & Architecture, autore del Libro Edificabilità bene comune (Cacucci Editore, Bari), presentato al Festival dell'Economia di Trento I luoghi della crescita.


Lo studio dell'autore propone, per uscire dalla crisi italiana, un'economia immobiliare libera da speculazioni e la realizzazione di un piano abitativo pluriennale nazionale, a costo zero per lo Stato, con un consumo di suolo quasi nullo, in grado di assicurare 480mila alloggi in 10 anni a prezzi convenzionati.
"Lo squilibrio tra redditi e costi abitativi - spiega Esposito ha contribuito a generare una bolla immobiliare globale con effetti devastanti: a Roma, come a Milano, oggi una casa costa mediamente più del triplo che a Berlino. Questi costi sono gonfiati dalla speculazione fuori controllo della rendita fondiaria urbana e bisogna ridurli per liberare risorse necessarie ad aumentare i consumi".
"I paesi che hanno risentito meno della crisi come Germania, Austria, Danimarca e Paesi Bassi - spiega l'autore - sono quelli che hanno avuto, nel tempo, la capacità di programmare lo sviluppo dell'edilizia abitativa pubblica (social housing) tutelando l'urbanistica dalla speculazione.
Per contro Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna (i cosiddetti PIIGS) che hanno lasciato completamente libero il mercato immobiliare senza per altro favorire nessuna politica di social housing e sono tutti Paesi in forte crisi economica.


Il terreno edificabile deve diventare, al pari dell'acqua e l'aria, un bene prezioso per la collettività e deve essere lo Stato a fissare il prezzo di vendita e di affitto delle case. Questo permetterebbe di frenare la speculazione immobiliare, origine dell'attuale crisi economica, e, a catena, diminuire la disoccupazione, aumentare il Pil, ridurre il debito pubblico e ricondurre il Paese su un sentiero di crescita sostenibile.
Spesso i governi sono concentrati sulla stabilità del debito pubblico e perdono di vista il fatto che quel che conta è la crescita che dipende - e sempre più dipenderà - dalla stabilità del privato. La speculazione sulla rendita fondiaria, penalizzando le famiglie, accresce il debito privato inquinando di fatto l'ambiente socio-economico, l'intero ciclo globale.
Con un mercato immobiliare senza regolamentazione non si possono generare economie stabili. E' necessario separare l'attività produttiva "del costruire" dalla speculativa sul "poter costruire"
Tutti i Paesi più virtuosi dell'Eurozona - conclude Esposito - oltre ad una politica di regolamentazione immobiliare, vantano una percentuale di social housing compresa tra 25 al 35% delle case abitate a fronte di una media dei PIIGS del 4%.


Questa carenza di Social housing è un altro segnale di una politica abitativa che lascia ancora più margine alla speculazione".
L'autore propone nel libro un piano abitativo pluriennale nazionale da circa 120 miliardi a costo zero per lo Stato, in grado di assicurare 480mila abitazioni di cui:
- 240mila convenzionate a 2000 ?/mq (50% volumi residenziali) dove ognuno può acquistarne liberamente;
- 120mila garantite a 1500 ?/mq (25% volumi residenziali) destinate a giovani e precari;
- 120mila non profit a 1000 ?/mq (25% volumi residenziali) destinate a persone con reddito imponibile non superiore a 15 mila euro.
Un progetto ambizioso che avrebbe anche il vantaggio di produrre fino a 500mila nuovi posti di lavoro nel settore delle costruzioni e nell'indotto, e comporterebbe un consumo di suolo quasi nullo mediante la logica del riciclo e della riqualificazione delle aree.
Inoltre il progetto, corredato di tabelle esplicative, prevede norme precise sia per l'acquisto - il cui costo verrebbe equiparato ai costi di costruzione ed ai redditi - sia per la locazione, attraverso misure simili a quelle della legge tedesca sul caro-affitti, che prevede un aumento massimo definito e controllato entro il 10% della media dell'area in 5 anni, estendibile a tutte le abitazioni già esistenti.




L'autore
Francesco Maria Esposito, architetto e urbanista dal 1989, ha rivestito numerosi incarichi professionali nel campo della progettazione urbana e ambientale. Ha condotto studi in Italia e all'estero sul problema dell'equità e della giustizia distributiva in termini di alternatività rispetto all'attuale diritto urbanistico.
Come studioso dell'economia e del diritto ha evidenziato nelle sue ricerche e nei suoi saggi quanto la complementarietà tra l'uso della risorsa territorio, l'etica e l'economia, sia crocevia di progresso economico, inteso oltre che come crescita del PIL, come diminuzione delle disuguaglianze e costruzione di sistemi economici stabili che puntino a garantire il diritto allo sviluppo della comunità umana universale.

Titolo: Edificabilità bene comune
Autore: Francesco Maria Esposito
Editore: Cacucci
Pagine: 344


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