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_Gennaio2013

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Perché troppi progetti di enterprise social networking falliscono nei primi sei mesi

Hughes (BroadVision): Uno dei motivi principali di questo fallimento consiste nella mancanza di un obiettivo chiaro relativo al network creato

L’approccio delle aziende verso i social network è cambiato molto in questi ultimi anni. Non molto tempo fa, il pensiero che i segreti aziendali potessero essere divulgati su Facebook e Twitter era fonte di preoccupazione per i dirigenti, che reputavano l’utilizzo dei social network sul posto di lavoro una perdita di tempo, una fonte di distrazione e un luogo ideale per i pettegolezzi d’ufficio. Oggi, sono le aziende senza una presenza consolidata sui social media pubblici ad essere l’eccezione, e sempre più società stanno constatando i benefici del social networking anche in ambito business.
Questo cambiamento è senza dubbio dovuto ad alcune statistiche particolarmente interessanti che dimostrano i vantaggi che i social network possono apportare al business aziendale. Un recente rapporto di McKinsey Global Institute (MGI), ha stimato che, solo analizzando quattro settori industriali, il social networking potrebbe contribuire alla crescita annua dell’azienda per un valore tra i 900 e i 1300 miliardi di dollari americani.

Il report MGI evidenzia, inoltre, che, nonostante la maggior parte delle aziende utilizzi i social network per la comunicazione verso l’esterno, i due terzi di questo potenziale deriva, in realtà, dal loro uso interno. L’utilizzo del social networking per la comunicazione e collaborazione interna all’azienda può, infatti, aumentare la produttività dei dipendenti del 20-25%.
Tuttavia, molti progetti di enterprise social networking falliscono nei primi sei mesi. Sembra, spesso, semplice attribuirne la colpa alle soluzioni adottate, ma, considerando che alcune aziende subiscono ripetuti fallimenti su diverse piattaforme tecnologiche, è ovvio che le cause non siano, in realtà, imputabili alla tecnologia utilizzata.
Uno dei motivi principali di questo fallimento consiste nella mancanza di un obiettivo chiaro relativo al network creato. Un approccio inizialmente molto utilizzato era quello di diffondere l’utilizzo dei social network dal basso: gruppi di dipendenti decidevano di adottare una soluzione da estendere in seguito a tutta l’azienda. Oggi questo metodo è ampiamente screditato poiché, pur essendo a volte molto efficiente per avviare un social network, spesso non ha un obiettivo di business definito e il suo utilizzo appassisce velocemente.

Nel suo rapporto Making The Case For Enterprise Social Networks ( http://www.altimetergroup.com/2012/02/making-the-business-case-for-enterprise-social-networks.html ), Charlene Li di Altimeter Group fa notare come “la quotidianità del lavoro” allontani i dipendenti dal social network per riportarli ai loro “compiti di routine”, ricadendo nei modelli di lavoro e di comunicazione convenzionali. In aggiunta, la mancanza di precisi obiettivi può portare ad un uso sbagliato di questa tecnologia, che rischia di trasformarsi in una chat room per pettegolezzi e futilità.
Il fallimento di questi progetti è da attribuire, in parte, ai fornitori di soluzioni social che incoraggiano questa modalità di implementazione dal basso, sostenendo che sia un modo semplice e discreto di incorporare la tecnologia nell’ambiente aziendale. Inoltre, molti fornitori descrivono le soluzioni di business social networking come “macchinette da caffè virtuali”, rafforzando la percezione che si tratti di un luogo per conversazioni non inerenti al vero lavoro.
Oggi, sono molte meno le aziende che si lasciano condizionare da questo pensiero.


È, invece, sempre più diffusa l’idea che il successo di un social network per il business interno dipenda da obiettivi chiaramente definiti e dall’approvazione da parte del management aziendale: deve essere uno strumento di lavoro professionale, che utilizzi i mezzi di collaborazione e comunicazione offerti dall’ambiente social per svolgere le normali attività lavorative, incrementandone la produttività.
Emerge, tuttavia, un’altra causa comune di fallimento: perché un social network aggiunga valore reale ai processi business, i dipendenti devono sfruttare le potenzialità che esso offre. Devono, quindi, modificare l’approccio secondo il quale la conoscenza del singolo individuo è una forma di “potere”, iniziando a comprendere che condividere la propria esperienza può portare notevoli benefici, e, di conseguenza, cominciare a sfruttare i vantaggi offerti dal social networking.
Questo approccio può essere cambiato dallo spostamento del flusso d’informazione di tipo “push” verso un flusso d’informazione di tipo “pull”. La maggior parte delle aziende sono totalmente dipendenti dalle email, che sono il loro principale mezzo di diffusione dell’informazione.


L’email è l’archetipo della soluzione “push”, con la quale il mittente sceglie chi riceve l’informazione che sta spedendo. Chiunque non si trovi in copia all’email potrebbe non sapere mai che è stato dimenticato; chiunque si trovi incluso nella discussione senza volerlo, fa fatica ad estrarsene. Utilizzare un social network per comunicare, stabilisce un flusso d’informazione di tipo pull, che offre al consumatore la possibilità di scegliere cosa ricevere in base alle sue preferenze relative ai flussi di attività ed alle tipologie di informazione.
Per molte società questo tipo di cambiamento culturale rappresenta una sfida ben più grande rispetto a quelle di scegliere le soluzioni giuste e ottenere l’approvazione da parte dei dirigenti. Richiede una vera leadership, con manager che diano l’esempio ai loro dipartimenti sul fatto che accumulare le conoscenze senza condividerle non è più accettabile. Questo è un cambiamento difficile per molti manager, tuttavia, senza di esso, risulterebbe impossibile convincere i propri dipendenti a farlo.

Richard Hughes, Direttore della Strategia Sociale presso BroadVision

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