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_Febbraio2014

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Cibando.com, la start up che punta al business della ristorazione

Kim (Cibando): Un servizio offerto non ai consumatori, ma a chi vuole farsi trovare dai clienti. Far capire cosa, come si mangia e il costo

Si parla tanto di start up e spesso anche un po’ a sproposito, creando aspettative molto alte. Ci sono esempi di aziende che sono nate nel mondo digitale, fondano le radici nel digitale, ma che hanno un business molto solido concentrato in mercati assolutamente old economy. Uno di questi esempi è certamente Cibando.com, azienda italiana, finanziata da imprenditori di matrice europea, che offre servizi a valore aggiunto ai propri clienti e con una ricaduta importante verso i consumatori finali. 

Partiamo dall’idea, parlandone con il creatore, Guk Kim, coreano, giovanissimo, trapiantato in Italia, con una laurea in Economia e Business Administration alla John Cabot University della Capitale. “L’azienda nasce a Roma, ma l’idea mi è venuta venendo a Milano. Infatti, dovevo andare a cena e cercavo un ristorante e lì mi sono accorto che mancava qualcosa. Vedevo foto interessanti di sale vuote, nessuna foto di piatti o dell’ambiente e mi sono detto: c’è un mercato. Cibando si è formata e oggi ha raccolto gli investimenti anche dal fondo tedesco Point Nine Capital e siamo seguiti da un business angel italiano, Fabio Pezzotti.

Chiamavo i servizi telefonici, come l'892424 ma ottenevo indirizzi, non menù o consigli. La mia esigenza era semplice, quasi banale: capire cosa e come si mangia e il costo. Niente di trascendentale. Siamo partiti poi dalla creazione di un’App per iPhone, non da un sito internet, e su quell’App abbiamo costruito un’offerta che avesse avuto un senso per il consumatore, il cliente dei ristoranti, ma anche per chi doveva portarci del fatturato, ossia i nostri clienti, i ristoratori. Mi piaceva pensare di creare un prodotto tascabile, sempre aggiornato, che potesse fare vivere una food experience, non un semplice catalogo. Analizzando le richieste dei ristoratori, abbiamo capito che potevamo offrire un servizio molto interessante per loro a prezzi modici. Abbiamo puntato sulla realizzazione di immagini, scatti, dei piatti che offrivano e degli ambienti, creando quindi dei contenuti che potessero essere importanti per la nostra App, ma anche per i loro siti internet. Cerchiamo il ristoratore, presentiamo la nostra offerta con l’App e proponiami un servizio professionale e di alto livello a cifre che possono permettersi.

Le immagini e in contenuti, poi, vengono inseriti nei vari sistemi online, quali TripAdvisor, Yelp e via di seguito. Quindi non siamo alternativi a nessun sistema, ma assolutamente integrati, perché noi andiamo a mirare con precisione il nostro target e il target di riferimento dei clienti. Se vuoi sapere dov’è un ristorante esistono infinite possibilità, a partire dal motore di ricerca, ma mancava qualcosa che potesse far emergere il potenziale dei locali”. Un’esperienza, quella di Guk Kim, certamente non semplice in un mercato internet e dello sviluppo del software come quello italiano. 

“La fase economica è disastrosa e i ristoratori non sono esentati dalla crisi”, ha proseguito Kim. “L’idea di start up era stata giudicata interessante dai venture capital che hanno investito e abbiamo raccolto parecchi clienti, ma le difficoltà non mancano. Una start up di questo tipo è alla costante ricerca di risorse umane, sotto tante forme, dai programmatori ai commerciali, senza dimenticare chi crea i contenuti per essere riutilizzati. E poi ci sono i problemi strettamente amministrativi da affrontare. Non dovendo andare sui clienti finali, sono i ristoratori la fonte del nostro fatturato, ma si tratta di attività che non fanno uso delle carte di credito per i pagamenti, bensì degli assegni”.


 

Una complicazione tecnica e di cash flow molto delicata, anche se sono proprio i ristoranti gli esercizi che hanno un maggior tasso di penetrazione della cosiddetta “moneta elettronica”. 

“Dal punto di vista degli introiti, l’amministrazione impazzisce dietro ai problemi di spedizione degli assegni incassati dalla rete vendita e all’incasso”, conclude Guk Kim. “In altre nazioni tutto questo non avviene, non esistono i ritardi dei pagamenti, assegni con una datazione ambigua o cose di questo tipo ed è difficile raccontare queste cose a degli stranieri presenti nel consiglio d’amministrazione. Fare start up in Italia è difficile per le tasse, la burocrazia e la scarsità di risorse umane preparate, ma è un’esperienza possibile, non impossibile. In Cibando siamo ossessionati dal fatturato, ma come per ogni start up quello che più conta è avere un’idea di business da sviluppare e trovare i modi per eseguire una strategia. Il panorama non è sconfortante, è semplicemente difficile perché tra le start up c’è troppa competizione, spesso inutile e ingiustificata, ma è una bella palestra per cercare di andare alla conquista dell’Europa”.


 

 

 

 


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