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_Febbraio2013

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In calo di 7 punti l'indice di fiducia degli italiani

Secondo la Global Survey di Nielsen nel quarto trimestre 2012 va a picco la fiducia. Donne più pessimiste. Si risparmia su abbigliamento, svago, pasti fuori casa e vacanze

Secondo i dati raccolti nell’ultima “Global Survey sull’indice di fiducia dei consumatori e sulle intenzioni di spesa” da Nielsen, azienda leader globale nelle misurazioni e analisi relative ad acquisti e consumi, a utilizzo e modalità di esposizione ai media, emerge che l’indice di fiducia in Italia continua a calare, arrivando a 39 punti nel quarto trimestre 2012 (-7 punti rispetto al trimestre precedente), collocandosi in Europa in quart’ultima posizione dopo Portogallo (38), Ungheria (37) e Grecia (35).
L\'indagine globale Nielsen sulla fiducia dei consumatori misura l’indice di fiducia, le maggiori preoccupazioni e le intenzioni di spesa tra più di 29.000 intervistati on line, in 58 paesi. Livelli di fiducia dei consumatori sopra e sotto i 100 punti indicano il grado di ottimismo e pessimismo.
Le donne, il cui indice di fiducia è pari a 36, risultano più pessimiste rispetto agli uomini (43).
I più ottimisti sono gli intervistati tra i 35 e i 49 anni, rassicurati da un posto di lavoro, mentre i più negativi sono i giovani sotto i 20 anni, con un indice di fiducia di 33 punti.

Pessimismo che si riscontra anche tra gli over 50, dovuto probabilmente alla possibilità di perdere il posto di lavoro.
Nel 2013 i consumatori si muoveranno con molta cautela nelle scelte d’acquisto – ha commentato a BusinessCommunity.it Roberto Pedretti, Amministratore Delegato di Nielsen Italia - L’incertezza economica e politica globale nell’ultimo trimestre del 2012, dettata dalla crisi dell’Euro zona, dall’incombenza del fiscal cliff negli Stati Uniti e dall’aumento dell’inflazione in Cina, ha spinto il consumatore al contenimento della spesa in tutto il mondo. Le crescenti preoccupazioni economiche hanno ridotto la fiducia della maggior parte dei consumatori: solo 10 Paesi su 58 analizzati dalla ricerca riportano un indice di fiducia sopra il livello base di 100 punti”.
Per ciò che concerne le forme di risparmio adottate dai consumatori, la Global Survey di Nielsen rileva che, nel quarto trimestre 2012, il 67% degli italiani ha speso meno in abbigliamento (contro il 58% della media Europea e il 52% della media globale). Nello stesso tempo, fa registrare una brusca contrazione l’out of home: il 64% degli intervistati ha ridotto i pasti fuori casa (versus media Europa e globale pari al 39%), il 62% le spese per lo svago extra domestico (contro il 53% della media Europea e il 48% della media globale).

Il 55% (media Eu 39%, globale 31%) ha ridotto i soggiorni brevi. Infatti, rispetto al 2011, si registra un’impennata delle famiglie che hanno tagliato gli short breaks per preservare la vacanza annuale (55% rispetto al 33% di un anno fa). Per quanto riguarda le spese telefoniche, la maggior diffusione di Internet, la forte competitività tra gli operatori e l’introduzione di nuovi tool (sistemi di messaggistica istantanea/chat, VOIP ovvero telefonate via web) hanno contribuito al risparmio dei consumatori. Secondo i dati Nielsen, infatti, nel 2012 rispetto all’anno precedente, gli utenti che utilizzano tali tool - sia da telefono sia da pc - crescono di circa il 30%.
Le donne, che da sempre gestiscono il budget di spesa famigliare, hanno dichiarato di aver cambiato il comportamento di spesa in modo maggiore rispetto agli uomini (90% vs. 82%). Ancora una volta i canoni tradizionali vengono rispettati: gli uomini dichiarano di aver risparmiato maggiormente nelle spese per l’auto (46%), le donne nell’abbigliamento (76%) e nella spesa alimentare (61%).
“Nonostante si taglino le spese, gli italiani hanno dimostrato di saper fare fronte alle difficoltà, adattando le scelte d’acquisto alle condizioni di mercato.


In questo momento di recessione, a fronte della necessità di razionalizzare le spese, i consumatori tendono a fare molta più attenzione a ciò che acquistano e, nonostante l’effetto inflazione, questo nuovo comportamento ha restituito loro potere d’acquisto - ha continuato Roberto Pedretti, Amministratore Delegato di Nielsen Italia - L’ondata di crisi che sta attraversando il nostro Paese, dopo aver toccato i risparmi, sta ora impattando sui consumi e sta spingendo le aziende a studiare strategie innovative che potrebbero indirizzare la fiducia dei consumatori intorno alle insegne e alle marche. La tendenza generale per tutto il 2013 - ha concluso Pedretti – sarà volta all’efficienza: il mondo distributivo dovrà costruire assortimenti più ricchi per i consumatori che oggi più che mai sono attenti al rapporto qualità/prezzo”.
Il posto di lavoro viene collocato come prima preoccupazione per i prossimi 6 mesi da un terzo (il 28%) degli intervistati in Italia (ben al di sopra del valore registrato sia a livello europeo che globale, entrambi pari al 15%). Segue la preoccupazione per l’economia, indicata dal 12% del campione (media Eu 13%, media globale 15%) e quella per il saldo di debiti (8% in Italia come nella media europea, superiore di due punti alla media globale).


L’8% si dichiara preoccupato anche per l’educazione dei figli (media Eu 6%, media globale 5%). Il 7% indica come criticità l’aumento delle bollette di gas ed elettricità, un valore ben inferiore al 12% rilevato a totale Europa (8%, invece, media globale).
Solo l’11% degli italiani pensa di uscire dalla recessione nei prossimi 12 mesi, in linea, d’altra parte, con il dato a livello Europa, ma sensibilmente al di sotto della media globale (21%).
Il 60% dichiara di non vedere vie d’uscita nel medio periodo, un dato inferiore alla media Eu (64%), ma sopra di 10 punti al valore registrato a livello globale. Un terzo dichiara di non sapere se si uscirà dal periodo di crisi (media Eu 25%; media globale 29%).
Rispetto al trimestre precedente, gli italiani che dichiarano che non si uscirà dalla crisi sono cresciuti di 5 punti, gli europei mediamente di 3 punti, il global di un punto.
La propensione al consumo si abbassa notevolmente. Se chiamati a esprimere un giudizio sulla opportunità del momento di acquistare ciò che “si desidera” o di cui si “ha bisogno”, più della metà del campione (il 54%) lo considera “negativo”.


Un dato ampiamente al di sopra della media Eu (26%) e ancora di più al livello globale (16%). Il 38% degli intervistati considera “mediocre” l’attuale congiuntura economica per fare acquisti (contro medie Europa e globale del 47%).
Gli italiani non smentiscono la loro vocazione al risparmio: il 41% infatti ha dichiarato di impiegare il denaro restante, dopo aver coperto le spese essenziali, in forme di risparmio (vs. media Europa pari al 32% e media globale del 45%); circa un terzo (il 28%) destina le somme a vacanze e viaggi (media Eu 25%, media global 29%). Ben un quinto (il 22%) dichiara di non avere avanzato nulla dopo gli acquisti essenziali, dato simile a quello europeo (21%) e superiore al globale 15%. Il 19% si indirizza verso spese per abbigliamento, tenendo presente che la media in Europa e globale in questo caso è sensibilmente superiore (31%). Il 17%, infine, ha utilizzato il denaro restante per saldare debiti. Anche qui ci imbattiamo in valori europei e globali nettamente superiori, rispettivamente del 26 e 24%.
Anche nell’utilizzo del denaro restante si riscontrano differenze tra i generi: le donne si orientano verso l’abbigliamento (21% contro il 17% per gli uomini) e le spese per la casa (16% rispetto all’8% per gli uomini), mentre gli uomini preferiscono investire in nuovi prodotti tecnologici (14% contro il 7% per le donne) e impiegare il denaro per saldare mutui e debiti.


Da segnalare, inoltre, che il 26% delle donne dichiara di non avere denaro rimanente da spendere, 7 punti in meno rispetto agli uomini.
Facendo un raffronto con i trimestri precedenti, anche l’utilizzo di denaro restante dopo aver coperto le spese essenziali segna un trend in peggioramento rispetto a un anno fa. I settori che più ne subiscono l’impatto negativo sono l’out of home (svago e pasti/cene fuori casa) e quello dell’abbigliamento: dal quarto trimestre 2011 al corrispondente periodo 2012 il primo passa dal 19 al 13%, il secondo dal 29 al 19%.


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