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_Febbraio2013

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Nel 2012 boom di fallimenti in italia: oltre 1.000 casi al mese, +33% in tre anni

Preti (CRIBIS): Lombardia, Lazio e Veneto le regioni più colpite. Edilizia e Commercio all\'ingrosso i settori in maggiore difficoltà. 45mila casi da inizio 2009

Nell’anno appena concluso sono state 34 le imprese che ogni giorno (considerando anche le domeniche e i giorni festivi) sono state costrette a portare i libri in Tribunale, oltre 1.000 al mese, per un totale di 12.463 fallimenti da gennaio a fine dicembre. È il dato in assoluto più alto a partire dal 2009, ovvero da quando la crisi economico-finanziaria ha iniziato a far sentire i suoi drammatici effetti.
Più in generale, in questi ultimi quattro difficili anni sono state 45.301 le imprese italiane ad aver dichiarato fallimento, con un trend di aumento costante che ha visto il numero dei casi nella penisola crescere di un terzo dall\'inizio della crisi economica ad oggi. Questa è la drammatica fotografia che emerge dall\'Analisi dei fallimenti in Italia aggiornata al 31 dicembre 2012 e realizzata da CRIBIS D&B, la società del Gruppo CRIF specializzata nella business information.
Il trend dei fallimenti rilevato dal 2009 al 2012 evidenzia un netto e insesorabile aumento, fino a raggiungere i 12.463 casi del 2012, il dato più alto da molti anni a questa parte, con un incremento del +2% rispetto al già preoccupante numero registrato nel 2011, quando i casi rilevati erano stati 12.

169. La variazione sale a +10% rispetto al 2010 (quando i fallimenti erano stati 11.268) e addirittura si assesta ad un +33% rispetto al 2009 (9.383 casi).
Il 2012 si è chiuso con 3.745 fallimenti nell\'ultimo trimestre, dopo i 3.212 casi di gennaio–marzo, i 3.109 di aprile–giugno, i 2.397 di luglio–settembre. Negli ultimi tre anni, non si era mai registrato un numero così alto di eventi tra ottobre e dicembre.
Entrando maggiormente nel dettaglio, tre quarti dei fallimenti rilevati nel corso del 2012 ha riguardato società di capitali (il 76% del totale, per la precisione), il 13% società di persone, l\'11% ditte individuali.
“Purtroppo il consuntivo dei fallimenti registrati nel corso del 2012 non sorprende in quanto il perdurare della crisi economica ancora irrisolta non poteva non riflettersi in modo diretto e pesante anche su questo indicatore, confermando una volta di più lo stato di grande difficoltà in cui versano molte imprese italiane, già messe a dura prova dai magri anni precedenti – illustra Marco Preti, Amministratore Delegato di CRIBIS D&B -. Per altro, il trend di fallimenti era stato anticipato anche dai dati relativi ai ritardi di pagamento accumulati dalle imprese nei confronti dei propri fornitori.

In effetti, è ormai assodato come la cattiva performance di pagamento sia il segnale più efficace del rischio di fallimento di un’azienda”.

L’analisi territoriale
La distribuzione dei fallimenti lungo la penisola presenta situazioni molto differenti tra le diverse aree geografiche. Nello specifico, oltre un quinto dei casi dell’intero 2012 ha interessato la Lombardia (per la precisione il 22,7% del totale), che si conferma la regione di gran lunga più colpita anche perché è quella con la maggior densità di imprese: nel 2012 in regione hanno dichiarato fallimento 2.826 imprese ma dal 2009 ad oggi sono stati complessivamente quasi 10.000 i casi rilevati.
La seconda regione per numero di fallimenti è il Lazio, con 1.345 casi nel 2012, pari al 10,8% del totale nazionale, seguita dal Veneto (1.082 casi, pari al 8,7% del totale) e dalla Campania con 1.008 (8,1%). Vengono poi il Piemonte (961), la Toscana (865), l\'Emilia Romagna (861), la Sicilia (651) e la Puglia (565).
Più di 400 fallimenti hanno invece interessato imprese delle Marche, oltre 300 dell\'Abruzzo, seguito da vicino da Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Sardegna e Umbria, tutte con più di 200 fallimenti.


“Per quanto riguarda la distribuzione territoriale dei fallimenti – aggiunge Preti - deve essere necessariamente considerata alla luce della localizzazione delle imprese italiane, concentrate principalmente nel Nord del Paese. D’altro canto, le dinamiche che caratterizzano le singole regioni sono direttamente influenzate dall’andamento degli specifici comparti economici maggiormente presenti sul territorio”.

I settori economici più colpiti
Ancora una volta l\'Edilizia è il settore ad aver evidenziato le maggiori criticità sul fronte dei fallimenti: con oltre 2.600 imprese fallite nel corso del 2012, infatti, quasi un caso su cinque ha interessato questo comparto negli ultimi 12 mesi. Nello specifico, sono state 1.571 le attività fallite nella "Costruzione di edifici" mentre 1.040 casi sono stati rilevati tra gli "Installatori". A conferma della drammatica situazione dell’intero comparto, dall\'inizio del 2009 ad oggi complessivamente si contano 8.740 fallimenti nel settore edile, cui si accompagnano le criticità rilevate tra le imprese del settore immobiliare, che ha chiuso il 2012 con 658 fallimenti.



Molto colpito risulta anche il Commercio all\'ingrosso, che supera i 1.700 casi di fallimento nel corso del 2012 (954 casi nel "Commercio all\'ingrosso dei beni durevoli", 747 nel "Commercio all\'ingrosso di beni non durevoli"), a cui vanno aggiunti gli oltre 1.400 fallimenti del Commercio al dettaglio (tra cui i settori più colpiti sono "Ristoranti e Bar", "Abbigliamento e accessori", "Arredamento – Articoli per la casa", "Alimentari", "Rivenditori vericoli e stazioni di servizio").
Nell\'Industria, invece, i settori più colpiti risultano essere l\'”Industria Manufatti in metallo” (563 fallimenti), l’”Abbigliamento ed altri prodotti tessili” (245), l’”Industria macchinari industriali e computer” (243), l’”Industria alimentare” (210), l’”Industria del mobile/accessori per arredi” (204), l”Industria della pietra e vetro” (175) e le “Attrezzature elettriche ed elettroniche” (139).
“L’andamento dei casi di fallimento tra i diversi settori dell’economia italiana lascia ipotizzare che l’accentuazione delle difficoltà si sia concentrata non solo nei comparti in cui il ciclo economico sembra essersi completamente bloccato con la crisi, come ad esempio quello dell’edilizia e delle attività correlate, ma anche in quei comparti dove la competizione internazionale è più forte.


Questo ha accentuato ulteriormente il processo di selezione tra le imprese, con un incremento costante dei fallimenti – commenta Preti”.
“Alla luce di questo preoccupante scenario sarebbe fondamentale che anche le imprese italiane adottassero un’efficace politica di credit management – conclude Preti - che, attraverso strumenti adeguati, consentisse loro di conoscere in maniera approfondita e tempestiva lo stato di salute e l’affidabilità dei propri partner commerciali, in modo da contenere quanto più possibile i livelli di rischiosità e mantenere in equilibrio le esigenze di sviluppo del business con quelle di salvaguardia del cash flow”.



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