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_Aprile2013

editoriale

Le fondamentali differenze tra il Colosseo e il Partenone

Perchè è sbagliato accostare l'Italia alla Grecia. Anche se con la terapia a base di manovre repressive fanno di tutto per impoverirci

Passa il tempo ma non passa la minaccia che, di volta in volta, qualche solone istituzionale o accademico lancia allarmato sui media: “L’Italia farà la fine della Grecia”. Oppure, il classico “Il debito pubblico italiano è insostenibile, e va ridotto attraverso riforme e politiche di austerità”.  

E’ dall’inizio dell’estate del 2011 che questa vulgata è stata messa in giro ad arte tra la popolazione del Bel Paese. E che l’accostamento dell’Italia alla Grecia fosse del tutto improprio era chiaro a chiunque fosse stato in grado di ragionare con la propria testa. Ma da allora, questo mantra gira e spunta qua e là. Vediamo cosa ne pensava all’epoca chi governava e conosceva bene i conti dello Stato.

Era il 16 novembre 2011 quando Maria Cannata, all'epoca Dirigente Generale del Debito Pubblico, Ministero del Tesoro, Ministero dell’Economia e delle Finanze, dichiarò: “Io soffro quando sento affiancare l’Italia alla Grecia. C’è un abisso di differenze: la solidità del sistema, la capacità di reazione imprenditoriale, i fondamentali dell’economia e molte altre cose.

L’accostamento tra i due Paesi è stato fatto solo dai media italiani, ripreso poi da quelli stranieri. E’ sbagliato”.

Pochi giorni dopo il governo politico di Berlusconi fu esautorato e sostituito da quello dei tecnici guidato da Monti, al grido di “dobbiamo ritrovare la credibilità internazionale. L’Italia rischia il default”. E poco dopo iniziarono le manovre lacrime e sangue, anche perchè fu comunicato che in cassa non ci sarebbero stati i soldi per “pagare gli stipendi degli statali”. Sempre in ossequio al riordino dei conti fu fatta la riforma del mercato del lavoro, che porta il nome del ministro Fornero, che di fatto innalzò l’età pensionabile e creò il problema degli esodati. Sempre perchè “manca la copertura”. Il tutto condito da un aumento generalizzato delle imposte, IMU tra tutte, che hanno fatto precipitare l’Italia nell’odierna recessione.

E nuovamente, nonostante tagli e sacrifici (e un avanzo primario), il debito pubblico è salito, e sentiamo ancora ripetere che “faremo la fine della Grecia”.

Quindi che succede?

Come abbiamo scritto da molti mesi, l’Italia ha sofferto nel 2011 di una crisi di fiducia, mai di solvibilità. Il tutto alimentato dagli interessi di chi aveva convenienza ad erodere il nostro sistema economico e sociale, e ci ha imposto una terapia a base di deflazione salariale, svalutazione interna, riforme selvagge, austerità, attacco allo Stato sociale, svendita del patrimonio statale e tagli ad una spesa pubblica tra le più basse d’Europa. Coi risultati che son sotto i nostri occhi. E’ bastato che la UE paventasse vari rischi defalt, manovrare al meglio lo spread, e ci hanno fatto ingoiare le pillole più amare. Eppure mai, nemmeno per un momento, l’Italia è stata a rischio! Lo certifica la stessa Commissione Europea nel suo Fiscal Stability Report (http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/european_economy/2012/pdf/ee-2012-8_en.pdf ), da cui è tratto il grafico.  Contrariamente a quanto ci era stato raccontato, l’Italia non è mai stata in pericolo default.


Dal 2009 e ancor di più nel 2010 e 2011 l’Italia si è tenuta ben al disotto del valore critico di pericolo, mentre la Gran Bretagna era nettamente al di sopra nel 2009, e la Spagna lo è stata nel 2009 e nel 2012. Nel medio termine, il rischio dell’Italia sarebbe medio ed equiparato addirittura a Paesi considerati primi della classe come Finlandia e Francia, mentre ad alto rischio sarebbero Paesi come Belgio e Regno Unito. A basso rischio sarebbe la sola Germania. Ancora più sorprendenti sono le previsioni di lungo termine, allorché il rischio italiano viene giudicato basso ed allo stesso livello di Germania e Francia.

Altro che dover ricostruire la credibilità internazionale! La verità è che le politiche di rigore non erano affatto giustificate, perché l’Italia non è mai stata in procinto di cadere in alcun baratro, come invece iconizzato da molti espertoni ancora oggi.

Certamente ora, a forza di manovre depressive-repressive la situazione economica peggiora a vista d’occhio. L’anno scorso hanno chiuso una media di circa 1000 aziende al giorno.


La disoccupazione è esplosa. Solamente nel 2012 gli italiani hanno “intaccato” circa 21 miliardi di euro di risparmi, utilizzati per pagare imposte o semplicemente per sopravvire oppure per aiutare figli o amici in difficoltà. Per fortuna rimaniamo un Paese col tasso di propensione al risparmio più alto del mondo. Oltre che con circa l’87% delle famiglie proprietarie della casa in cui abitano (ancorchè molte sotto mutuo). Senza contare il basso tasso di indebitamento delle famiglie e un rapporto patrimonio privato/debito pubblico di 4 a 1, forse il più alto al mondo. 

A questo va aggiunto un vero e proprio “sequestro” di liquidità (di fatto lo è il non pagare i debiti della PA) da parte dello Stato, che si stima essere ben oltre i 100 miliardi. Soldi che non essendo nel circolo economico mandano in crisi il sistema-imprese, che trovano veri e propri muri invalicabili nelle banche, a loro volta alle prese con problemi di varia natura, per essere eufemistici. Una spirale micidiale in cui è stato facile entrarci, ma da cui si può uscire solo con coraggio e decisioni politiche nette, che è molto difficile vengano prese in questo momento.


Manca troppo tempo alle elezioni tedesche, e il governo Monti è sempre in carica... Nonostante le recenti elezioni che l’hanno visto soccombere.

Ma il sistema-imprese italiano, nonostante tutto (tasse, inefficienze dello Stato e l’euro), tenta di salvarsi dallo strangolamento attraverso l’export. Già, questo noi ce l’abbiamo. La Grecia no.

 

Claudio Gandolfo

  

 

 


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