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Maggio2013

economia

Implicazioni per gli investimenti e rischi di un cambiamento della politica delle Banche Centrali

Utermann (AllianzGI): Nel 2013 proseguirà la fase di lenta ripresa dell’economia globale, con il supporto di una liquidità abbondante

La nostra idea secondo cui gli interventi di Quantitative Easing continueranno ad essere significativi e dureranno più a lungo di quanto atteso dai mercati, si fonda sulla convinzione che siamo in presenza di un cambiamento fondamentale a lungo termine della politica monetaria all’interno dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). Gli anni 1980-2000 sono stati contrassegnati dalla fissazione di target per l’offerta di moneta, dalla determinazione di livelli massimi di inflazione e dalla costituzione di Banche Centrali indipendenti. In termini generali, questo approccio era dovuto all’andamento registrato dall’inflazione negli anni ’70, che l’aveva resa il peggior nemico delle Banche Centrali.
La “grande crisi finanziaria” ha portato a rivedere questo orientamento; la nuova generazione di banchieri centrali considera la deflazione registrata in Giappone come la peggiore minaccia per le nostre economie. Questo scenario ha determinato una maggiore tolleranza nei confronti dell’inflazione, attribuendo minore importanza alla massa monetaria presente nel sistema (per il calo del moltiplicatore monetario).

Come conseguenza, i bilanci delle Banche Centrali si sono ampliati moltissimo. Non siamo certi che questa espansione possa essere pienamente sterilizzata, pertanto, a meno che non si torni a meccanismi di trasmissione monetaria più normali (con la ripresa del moltiplicatore monetario), l’inflazione dovrebbe riprendere a salire. Le aspettative rialziste sull’inflazione dovrebbero essere supportate anche dalla riduzione delle pressioni salariali al ribasso, a seguito della diminuzione dell’impatto della globalizzazione oltre che dell’apprezzamento delle valute dei mercati emergenti.
Le implicazioni per gli investimenti di questo cambiamento a lungo termine nella politica delle Banche Centrali sono significative. Innanzitutto, le valute dei Paesi che presentano un’espansione più consistente dei bilanci delle Banche Centrali, a parità di condizioni, probabilmente registreranno una svalutazione di più ampia portata. È un fenomeno già evidente: il Regno Unito, il Paese con la maggiore espansione di bilancio, ha la valuta più debole (con riferimento agli scambi commerciali), mentre il Giappone, il Paese con la politica monetaria meno espansiva, fino a poco tempo fa aveva la valuta più forte.

Secondariamente, il moderato incremento dell’inflazione previsto, abbinato ai cambiamenti normativi che costringeranno molti operatori dei mercati finanziari a rivolgersi agli investimenti cosiddetti “privi di rischio”, potrebbe portare gli investitori a registrare rendimenti reali negativi sulle obbligazioni di riferimento dei Paesi OCSE. Come terzo punto, i mercati azionari in genere evidenziano una performance soddisfacente nei periodi di deleveraging e di inflazione in moderato rialzo; inoltre sono supportati da elevati rendimenti da dividendi, che spesso risultano superiori a quelli dei titoli di Stato. Infine, le valute dei mercati emergenti (che registrano un inasprimento delle condizioni monetarie ed una minore espansione dei bilanci delle Banche Centrali) dovrebbero rivalutarsi, elemento a sostegno di investimenti senza copertura del rischio di cambio.
Nonostante i progressi registrati dai risk asset nel primo trimestre 2013, le prospettive sono ancora positive, anche se permangono alcuni rischi di rilievo. Il rischio politico nell’Eurozona potrebbe alimentare nuove tensioni e ritardare ulteriormente la tanto auspicata ripresa nei paesi periferici.


C’è inoltre la possibilità di un grave conflitto in Medio Oriente, che farebbe salire il prezzo del petrolio con gravi conseguenze per la crescita economica globale.

Andreas Utermann, Global Chief Investment Officer di AllianzGI


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