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Luglio_2013

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Giordano (Immobiliare.it): perche' il mercato della casa si autoregola

I prezzi caleranno fino a far ripartire la domanda, che inizierà degli immobili più piccoli. Ma bisogna avere una tassazione certa ed equa, che stimoli gli investimenti. Anche nelle seconde case

Il mercato immobiliare sta attraversando una fase di transizione. Non è certamente fermo visto comunque il numero di compravendite, ma si sta rimodulando, anche alla luce del comportamento delle banche e di un atteggiamento dei proprietari che, se vogliono vendere, iniziano a capire che devono andare incontro alle disponibilità degli acquirenti abbassando i prezzi. Di queste e altre tematiche legate al mondo della casa ne parliamo con Carlo Giordano, Amministratore Delegato di Gruppo Immobiliare.it

Scenario del mercato immobiliare italiano. Come sta andando?

Il mercato è crollato da quasi 900mila compravendite residenziali nel 2006 a 444mila nel 2012. Si era detto che l’Italia aveva raggiunto un minimo, perché la domanda di case è rimasta alta. Oggi l’Agenzia delle Entrate segnala già che il primo semestre del 2013 vede ancora un trend negativo. In base a una nuova stima, chiuderemo l’anno con un trend ancora al ribasso, a circa 420mila compravendite. E’ uno scenario sicuramente preoccupante per il valore che il mercato immobiliare racchiude: una riduzione negli acquisti è una riduzione del PIL italiano.


Per un altro verso non è così preoccupante, poiché significa che non si è rinunciato al progetto-casa. Noi misuriamo le ricerche da parte degli utenti che strutturalmente continuano a crescere. Si sono allungati i tempi di ricerca, e quindi interesse e coinvolgimento ci sono. Quello che sta cambiando nello scenario è che scendono i prezzi. Il mercato italiano non è perfetto, perché è principalmente collocato nelle mani dei piccoli proprietari. Questo comporta che la loro valutazione del prezzo spesso non sia coerente con la domanda del mercato, ma sia legata a una valutazione personale che richiede un tempo lungo di cambiamento. Oggi, dopo quattro anni di crisi è stata presa coscienza che il mercato immobiliare riprenderà con una riduzione del prezzo di richiesta. E’ una situazione in progredire. Negli ultimi 3 anni si è già assistito a una riduzione del prezzo pari al 15% (che varia in funzione della località, del tipo di immobile ecc.). Nel corso del 2013 pensiamo che questo trend proseguirà e tutto ciò riavvierà il mercato.

Qual è la dinamica dei prezzi nel residenziale?

Partiamo dall’inizio. Nel 2006 c’è il grande shock, con il mercato bloccato e tutti sulla porta a vedere cosa sarebbe accaduto.

Dal 2010 si è iniziato a prendere coscienza che il prezzo andava ridotto. Nella fase iniziale il prezzo medio è sceso non tanto perché la media del mercato calava, ma perché alcune persone con necessità di vendere, in realtà svendevano. E quindi nella media si è vista una prima riduzione del prezzo. Oggi assistiamo a un mercato residenziale trasversale, in cui il proprietario si rende conto che il valore che aveva nel 2005, oggi non è più difendibile, ed ha davanti a sé un peggioramento ulteriore. Va considerato che è subentrato un nuovo fattore, la certificazione energetica, che ha iniziato a far comprendere al proprietario che l’immobile assomiglia sempre più al mercato dell’automotive, ha una sua obsolescenza. Non è più vero il concetto in base a cui l’immobile è un qualcosa che si rivaluta all’infinito. E’ in queste condizioni che il proprietario sta riducendo mediamente il prezzo.

Cosa servirebbe per riattivare il mercato?

Basterebbe una cosa: sicuramente che il mondo delle banche torni a dare fiducia, ma anche rendersi conto che i nuovi acquisti, i nuovi compratori, non sono più sulla prima casa ma è l’upgrade della prima casa.

Per fare questo il mercato deve recepire la vendita della prima casa. E’ quindi necessario che si re inneschi la dinamica delle compravendite poiché, se ciò non accade, il mercato non può ripartire.

Il ruolo delle banche, il credit crunch e le difficoltà di accesso al mutuo: quanto hanno contato nella crisi immobiliare?

Nella fase iniziale è quasi il colpevole principale. Sovente però si identifica la banca come la causa di tutti i mali. Io amo ripetere che la banca è un istituto privato e non le si possono dare colpe che non sono sue o doveri che non le competono. Indubbiamente però la banca ha la responsabilità di esser passata da troppo a troppo poco. Nel 2005 si concedevano mutui al 100%, anche al 110% perché si finanziava anche la ristrutturazione. Questo perché quell’immobile nel giro di 2 anni avrebbe avuto una valutazione del 110% del valore stimato. Di conseguenza, il rapporto immobile-mutuo ritornava in un concetto di ragionevolezza. Il 2005 fa capire che il rischio è che chi acquista quella casa non riesca a sostenerne il costo, e che il mercato immobiliare scenda. Mettendo insieme questi due fattori si è passati all’estremo opposto.


Si è quindi usciti del tutto dal mondo immobiliare, mancava la liquidità. Oggi non si può più dire che manchi la liquidità, e le banche vi possono accedere ad un costo estremamente basso. Quello che le banche non vogliono è entrare nel mercato immobiliare come gestore di immobili. Loro sono istituti finanziari, non sarà mai una posizione di successo o di garanzia recuperare l’immobile, perché la vendita non è il loro mestiere. Trovo corretto che la banca abbia riposizionato il suo investimento e la sua disponibilità a mutui sul 50-60%, perché dimostra la solidità che può avere l’acquirente. Ma le banche, e anche il Governo, dovrebbero ricordarsi che il mutuo è una forma di risparmio forzoso, una educazione delle giovani coppie al risparmio. Non aiutare le coppie ad accedere a questo passo le mette nella difficoltà di accedere al risparmio. Chi rimane in locazione non mette da parte nulla e, nell’evoluzione del suo percorso, arriverà al punto di non avere il patrimonio che è la casa. Quindi questo va aiutato.
Ragionando con alcune banche abbiamo visto che sta cambiando l’approccio al richiedente: non piace più il dipendente a tempo indeterminato, magari un ragioniere 50enne, perché non è più lui una persona “solida”.


Piace molto di più il giovane programmatore, perché oggi ha una capacità di reddito in proporzione potenzialmente più alta.
Vere difficoltà rimangono nelle grandi città, dove abbiamo una sproporzione tra costo immobile e reddito. Gli immobili dal 1990 ad oggi si sono rivalutati del 75%, mentre i salari no. Strutturalmente c’è uno squilibrio tra quello che la generazione precedente poteva fare come accesso alla prima casa e quello che possono le coppie di oggi. Un fattore esasperato nelle grandi città. Parimenti si è ridotta la capacità di risparmio e quindi oggi non c’è più quell’equilibrio che c’era un tempo e se prima il mondo finanziario aveva già allungato i mutui per facilitare questo percorso, oggi tende ad allungarli ulteriormente. Spesso 30 anni non bastano.

L’avvento dell’IMU e di altre tasse può esser una delle cause della crisi del mercato?

Certamente, ma molto di più della materialità in sé della tassa. Quando in Italia è stata introdotta l’IMU non ci si è sbilanciati rispetto ai grandi Paesi della UE. Anzi, era ancora inferiore a Francia, Germania e UK. In tutti i Paesi della Comunità Europea è consuetudine che vi sia una tassa sul patrimonio immobiliare.


Ma negli altri Paesi vi è una proprietà più chiaramente misurabile e quindi più facilmente tassabile. E’ anche un concetto di equità: chi ha un immobile di valore è giusto che abbia una tassazione superiore rispetto a chi possiede un immobile piccolo, ed è un’espressione diretta del proprio stile di vita. In Italia era stata tolta e poi rimessa, ma non era fuori scala rispetto all’Europa. Il problema è che all’IMU si sommavano tutte le altre tasse, che non erano state – in un aspetto olistico – rivalutate. Un altro nostro problema strutturale della tassazione degli immobili è che si basa su catasti ormai assolutamente obsoleti. Quindi accade sempre che l’immobile nel centro storico, ormai ristrutturato e riqualificato, con valori di 6.000-6.500 euro al metro quadro, abbia un valore catastale più basso (perché ancora considerato casa popolare) rispetto a uno di prima cintura o semicentrale costruito successivamente. Tutto ciò è scorretto e rende debole l’approccio di questo tipo di tassazione. Occorrerebbe, contestualmente, rivalutare il catasto in modo organico e immettere una tassazione equa, direttamente sul patrimonio.



E’ difficile dire quale sia la soluzione giusta, poiché oggi l’IMU ha preso più un ruolo non di vera tassa ma di oggetto di comunicazione, di aspettativa sociale. E’ stata criminalizzata come imposizione su un bene fondamentale come la prima casa e non più vissuta come risorsa equa per poi sostenere quello che è l’aspetto sociale. In futuro sicuramente dovremo uscire dal modello umorale. Ho vissuto incontri con associazioni dei piccoli proprietari, chiaramente colpiti, in quanto mettendo le case in locazione l’IMU cambia il concetto di reddito. Si sentivano colpiti nella loro proposizione e nella loro ricchezza per l’incertezza di questa tassazione. Come si fa a mettere in locazione, con un affitto magari di tipo 6+6 anni, quando non si conosce la fiscalità a cui si andrà incontro? E’ corretto: qualunque azienda non può far funzionare il proprio modello di business se qualcuno cambia le regole del gioco. E questo è stato il vero pericolo dell’ IMU, non il suo valore assoluto.

Qual è la situazione del mercato dei mutui e come saranno quelli del futuro?

Ci si deve concentrare dove c’è la maggiore opportunità.


Se guardiamo i mutui erogati oggi, osserviamo che su 444mila compravendite dello scorso anno la metà degli acquirenti ha fatto ricorso a un mutuo, è una quota che si è ridotta nel tempo. L’altro aspetto importante riguarda il valore degli immobili. In sostanza, si acquistano immobili di minor valore e con un minor apporto di mutuo, riducendo la rischiosità. Il mercato è diventato più prudente. In realtà, il mercato della prima casa, quello della giovane coppia, è ancora quello più vivo. In primis perché il bisogno è molto forte. E’ un mercato che è rimasto vivo, grazie anche ai genitori, ma che sta diventando piccolo. Anche perché nascono meno coppie e i matrimoni sono in riduzione.
Ma il vero mercato immobiliare oggi, come già detto, è quello del miglioramento della propria casa. E’ il vero spazio che viene a mancare, perché non si riesce a vendere quella che si vorrebbe lasciare. Il modello di una volta in cui le banche concedevano comunque un mutuo per la nuova casa, poiché a garanzia c’era quella più piccola, oggi non ha più valore. C’è troppo rischio. Se non si riesce a vendere si va rapidamente in difficoltà sul mutuo.


Il modello perfetto è vendere la prima casa, ricavare il 70% del valore del nuovo immobile e accedere a un mutuo per il restante 30%. Nessuna banca avrebbe un’esitazione su questo. Il vero punto di partenza è riuscire a vendere la prima casa per poter acquistare l’altra. E questo è il fattore forte in cui il proprietario si è reso conto che deve chiedere di meno. Più il prezzo cala e più si va incontro a chi necessita di un fabbisogno minore, il che favorirà la vendita e il successivo acquisto dell’immobile più grande. Sono ottimista perché non mi aspetto la soluzione dalle Istituzioni o dalle banche, ma bensì dal bisogno, dal vero tessuto della popolazione che è micro. Non si tratta di un grande istituto che deve prendersi un grande rischio o fare una grande scelta. E’ il senso di bisogno che nel micro porterà il singolo a risolvere da solo il proprio problema. E questa è la forza del tessuto italiano. Illudersi oggi che il Governo possa mettere dei fondi di garanzia è inutile perché sono risorse che non ci sono. Così come illudersi che le banche cambino la loro politica del credito: non sta a loro. Anzi, la Banca Centrale porrà vincoli affinché non ci sia un rischio finanziario.


Ricordiamoci che attualmente il costo del mutuo è molto basso, rispetto ad anni fa in cui il costo era pagato dal mutuo stesso. Quindi, la condizione del mercato oggi è positiva, ma bisogna reinnescare le compravendite partendo dal basso.

Quindi si riparte dagli immobili più piccoli?

Certamente. Sono quelli che in questo momento hanno la domanda maggiore dai giovani. Nel vissuto italiano quello della casa è un valore molto forte. Se prendiamo la Germania vediamo un fenomeno opposto: lì si vive in locazione. C’è una valutazione dell’utilizzo e fruizione della casa quasi come quella dell’automobile, transitoria. In Italia quasi l’80% degli acquisti delle case è nel comune di residenza, non c’è mobilità. Alle giovani coppie va benissimo acquistare all’inizio quello che sanno non sarà l’immobile della vita. Questo era già accaduto nel 2004-05, ed era stata una delle marce in più del mercato immobiliare stimolato dagli acquisti degli extracomunitari. Parliamo di famiglie già consolidate che, grazie a lavori di tipo artigianale (purtroppo con grandi quote di “nero”), riuscirono ad avere capacità di risparmio e acquistarono immobili considerati “brutti” dagli italiani.


Parliamo di valori compresi fra i 70 e i 75mila euro. Ovviamente, mettendo così in condizione una famiglia italiana di permettersene uno da 120-130mila euro. Oggi anche gli acquirenti stranieri di quel genere di immobile sono usciti dal mercato: la capacità di risparmio è ridotta per tutti, e poi le banche guardano ancora con più diffidenza questa categoria di lavoratori. Ma questo mercato ritornerà. Chi ha le piccole liquidità acquisterà la piccola casa e re innescherà tutto il mercato, proprio perché il piccolo proprietario ridurrà la sua richiesta che per quattro anni è rimasta ingessata.

Attualmente, in quanto tempo si vende una casa?

Dipende quasi solo dal proprietario. Con gli agenti abbiamo fatto un esercizio: tutto ha un prezzo. La domanda è “in quanto tempo si vuole vendere?”. Si va su Immobiliare.it e si fa una ricerca per un immobile identico o con le stesse caratteristiche, disegnando la zona, le peculiarità, il piano. Si identificano gli altri 30-40-50 immobili uguali, si ordina per prezzo e si decide in quanto tempo si vuole vendere. Se ci si mette tra i primi per prezzo si venderà nel giro di tre mesi, se ci si pone a metà ci si metteranno 7-8 mesi, oltre la metà l’immobile rimarrà invenduto.


Oggi solo su Milano città ci sono più di 27mila appartamenti in vendita. Questo significa un’offerta infinita. E’ vero che ci si innamora della casa e quindi se piace si diventa meno lucidi sul valore euro/mq, ma quando c’è così tanta offerta un equivalente si trova sempre. Un altro problema di oggi è che la tanta offerta rallenta il processo decisionale, perché si ha la percezione che domani possa arrivare un’opportunità migliore. Per questo bisogna essere capaci di farsi identificare subito come la migliore delle opportunità.

Mercato delle seconde case. Come sta andando?

Oggi si sta un po’ riprendendo, ma in un modo selettivo: si stanno scoprendo territori nuovi con un costo di acquisizione basso. Faccio l’esempio della Puglia, che è una naturale espansione della riviera romagnola con condizioni di mare più bello. Inoltre, siamo abituati a una mobilità più facile rispetto a un tempo e con mezzi e infrastrutture migliori. Rimane comunque un settore nell’incertezza poiché chi può acquistare una seconda casa è uno che ha le risorse per farlo.


Quando è stata introdotta l’IMU molti proprietari si sono spaventati, perché quella sulla seconda casa era un po’ vista come quella dei “criminali”. Specialmente oggi che si parla di togliere quella sulla prima casa e tutti deducono che quella sulle seconde sarà tripla, poiché numericamente sono meno. Quindi è un aspetto morale. Di vero e di forte c’è il valore del territorio italiano, e le famiglie ritornano a valutarne il patrimonio per la vacanza. Infine, gli stranieri son tornati a guardare all’Italia con interesse. Sono attenti alle città d’arte, ma guardano ancora di più l’aspetto turistico. Questo dà un sostegno forte al mercato, da parte di chi vive con meno tensione l’IMU, perché nel loro Paese sono abituati a pagarla.

Sempre in tema di stranieri, quanti visitatori avete dall’estero?

Un numero alto. Per andare a scale: Immobiliare.it ha 13 milioni di visitatori mensili, di cui circa la metà di utenti unici. Questo perché chi utilizza il sito lo fa in modo frequente. Il 7% di questi utenti vengono da fuori Italia. C’è sempre la valutazione di quanti siano italiani all’estero che guardano il valore della propria casa qualora la volessero vendere o per acquistarne una, però la maggior parte sono stranieri.


Nel passato avevamo identificato tre profili di utenti esteri, e quello per noi più importante è l’investitore. L’Italia è classicamente un Paese “destination” a livello internazionale con un patrimonio immobiliare riconosciuto, quindi perché non comprare qui? Questi soggetti nel tempo si sono ridotti a causa dell’ansia da incertezza fiscale. Nel momento in cui si fa un investimento si devono conoscere le condizioni del contorno. Più l’Italia è vissuta, magari superficialmente, come Paese senza stabilità e meno l’investitore sarà interessato. Il secondo gruppo è composto da coloro che vengono qui per lavoro, e gli piace confrontare l’affitto con l’acquisto, proprio perché se uno ha una visione di lavoro di lungo periodo può pensare che acquistare un immobile sia un investimento; si risparmia sul canone e si acquisisce un valore che sarà rivenduto. Chi viene per lavoro tipicamente va nelle grandi città e pensa che non sarà un problema rivendere un taglio commerciale. Il terzo profilo è composto dai romantici. Parliamo principalmente di inglesi o francesi che per le città d’arte farebbero qualunque cosa.


A Venezia, la città italiana con il costo al metro quadro più alto, un immobile su tre è posseduto da stranieri, che sono quelli che hanno fatto salire i prezzi. L’Italia è quindi un Paese unico, dal contenuto emotivo molto forte. La quota maggiore degli stranieri è ovviamente sul lusso, sugli immobili di alta gamma. C’è una bella ricerca che indica come più della metà degli attici di Milano sia di proprietà straniera. Questo dimostra la capacità di investimento internazionale sugli immobili e la validità del Paese Italia.


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