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Giugno2013

economia

Euro vs dollaro: la sfida delle banche centrali entra nella fase calda

Diodovich e Longo (IG): In linea generale, riteniamo che la correzione di borsa durante l’estate possa portare a un rafforzamento del biglietto verde. A meno che il FOMC...

Gli indici azionari ai nuovi massimi storici e le politiche monetarie espansive delle principali Banche centrali del mondo preannunciano un estate ad alta tensione. L’iniezione diretta di liquidità sul mercato da parte della Federal Reserve ha dato il via anche agli altri istituti centrali a intervenire sul mercato aperto a sostegno delle attività economiche. Tra le altre banche centrali è da citare il caso della Bank of Japan che ha promosso delle strategie monetarie ultra espansive per far uscire l’economia nipponica dalla deflazione (nuovo target inflazione fissato al 2%). Questo studio esamina i fattori che potrebbero pesare sulle decisioni della BCE e della Fed nei prossimi mesi per cercare di capire l’impatto sull’Euro/Dollaro e come questo si presenterà alla tornata elettorale di settembre in Germania.

La BCE ed Eurolandia
Il principale organo decisionale della Banca centrale europea è il Consiglio Direttivo, che si compone di sei membri del Comitato esecutivo (tra cui figura il presidente Mario Draghi) e dei governatori delle banche centrali nazionali dei 17 Paesi dell’area dell’euro.

Nello schema che segue sono rappresentati gli strumenti di politica monetaria della BCE, tra cui figurano le operazioni di mercato aperto. Nel corso degli ultimi due anni la Bce ha più volte ritoccato il livello dei tassi d’interesse, portandolo al nuovo minimo storico dello 0,50%. Diverse sono state le misure promosse dalla Bce negli ultimi anni volte alla salvaguardia dell’area Euro. Tra queste citiamo:
‐ le due aste LTRO (Long Term Refinancing Operation) con scadenza a 3 anni per un totale di 1.018 miliardi di euro;
‐ il piano OMT (Outright Monetary Transactions), ovvero gli acquisti illimitati di titoli governativi con scadenza inferiore ai 3 anni;
‐ il fondo salvastati ESM (European Stability Mechanism), che da settembre 2012 ha sostituito l’EFSF e l’EFSM.
Eventuali prossime decisioni della BCE potrebbero interessare il tasso sui depositi overnight. L’ammontare dei depositi è sceso notevolmente dopo che il tasso sui depositi è stato portato allo 0% a luglio scorso. Le misure adottate dalla BCE l’estate scorsa hanno portato a un allentamento delle tensioni sulla crisi debitoria, confermato da un forte calo dei rendimenti dei titoli di Stato dell’Europa periferica (Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, Italia).

Molti Paesi nelle ultime settimane sono tornati a finanziarsi sul mercato primario anche favoriti dall’eccesso di liquidità. Anche sul Btp a 10 anni abbiamo assistito a una marcata flessione dei rendimenti, che sono tornati sui livelli minimi del 2010, e un forte aumento della domanda da parte degli investitori esteri (anche grazie al ritorno della stabilità politica con la formazione del nuovo governo Letta). Nonostante un miglioramento del clima di fiducia i dati macroeconomici continuano a evidenziare segnali di forte debolezza. Riteniamo, quindi, che nei prossimi mesi la BCE possa intervenire sul livello dei tassi, riducendoli ulteriormente sia per migliorare le condizioni del mercato del credito che per sostenere la crescita economica. Riteniamo che esistano elevate probabilità su un prossimo taglio dei tassi (depositi e rifinanziamento principale) di 25 punti base nei prossimi mesi da parte della BCE. Meno probabili, invece, sono riduzioni dei tassi maggiori di 25 punti base.

La Fed e gli Usa
Il FOMC (Federal Open Market Committee) è il principale organo esecutivo della Federal Reserve (Fed). Tale organo, presieduto da Ben Bernanke, è composto dai 6 membri del Board della Fed e da 5 governatori dei 12 distretti regionali della Banca centrale statunitense.

L’attuale composizione del FOMC vede al suo interno una maggioranza di membri favorevoli a una politica monetaria più accomodante (dovish), elemento determinante per le scelte di politica monetaria dei prossimi mesi. Dallo scoppio della crisi dei subprime, le scelte di politica monetaria della Federal Reserve si sono concentrate soprattutto su due strumenti: il tasso sui Fed Fund e le misure non convenzionali, come il Quantitative Easing (QE) e l’operazione Twist. Importanti interventi sono stati fatti dalla Federal Reserve anche sul fronte delle misure non convenzionali, che hanno riguardato l’acquisto di titoli (Treasury e titoli garantiti da mutui, MBS) sul mercato, incrementando il bilancio della Banca centrale statunitense. Il recente miglioramento del mercato del lavoro sta aprendo alla possibilità di una exit strategy nonostante i recenti dati macroeconomici siano stati contrastati. Ci aspettiamo che i prossimi piani della FED possano partire dall’eliminazione delle misure non convenzionali. Le attese di un tasso d‘inflazione stabile sotto al 2% ci inducono a pensare che i tassi sui FED funds rimarranno nel range 0-0,25% almeno sino alla fine del 2014.

Riteniamo che la Fed agirà in maniera graduale in linea con i miglioramenti del mercato del lavoro. In particolare, decisioni in tal senso potrebbero essere intraprese se il tasso di disoccupazione dovesse portarsi al di sotto del:
‐ 7,2%, riduzione di 20-25 mld di dollari di Treasury, con QE rimanente pari a 60-65 mld;
‐ 6,8%, completa rimozione del QE4, con acquisti limitati a 40 mld di MBS;
‐ 6,5%, eliminazione del QE.
Un altro tema delicato negli Stati Uniti riguarda il debito pubblico. L’esplosione del debito negli ultimi anni e il superamento della soglia dei 16.400 mld dollari potrebbe riportare d’attualità l’ipotesi del default tecnico per il Paese a stelle e strisce. Ci aspettiamo un inasprimento dello scontro tra Repubblicani e Democratici durante l’estate che potrà raggiungere il culmine a settembre. Se entro questa data le parti non riusciranno a trovare un accordo, reputiamo che anche le agenzie Moody’s e Fitch possano rivedere al ribasso il rating sul debito degli Stati Uniti, con ripercussioni negative sull’economia e sul biglietto verde.

Conclusioni
In linea generale, riteniamo che la correzione di borsa durante l’estate possa portare a un rafforzamento del biglietto verde.


Il Dollar Index, dopo la rottura dei massimi di luglio scorso, potrebbe tornare a guardare ai massimi di giugno 2010, quando si è portato al ridosso di 89,00. Fissiamo il nostro target da qui a tre mesi in un range compreso tra 1,18­1,20, ovvero tra i due minimi del 2010 e del 2012.

Filippo A. Diodovich e Vincenzo Longo, Market Strategists di IG


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