Il valore non ha età: come gestire le generazioni nel lavoro - Libro "Il valore non ha età"
Giulia Tossici, Ilaria Marchioni e Gaia Moretti, per Egea, parlano della società moderna
Il tema delle generazioni, dei bias e degli stereotipi legati all'età è particolarmente vivo nell'ambito della formazione e della consulenza organizzativa, eppure non è facile trovare un filo conduttore. Tutti, almeno una volta nella vita, ha fatto esperienza dei pregiudizi legati all'età e si è dovuto confrontare con stereotipi che accompagnano il fatto di essere percepiti come lontani dagli altri. L'età, se ci pensiamo, è la sola ineluttabile diversità che abbiamo necessariamente tutti in comune. Si parla di vero e proprio «age management». Eppure, trovare un filo conduttore per un tema così complesso non è facile. Se guardiamo alla letteratura che si occupa di generazioni questo appare subito evidente: molteplici punti di vista, prospettive, teorie e modelli diversi, per descrivere un fenomeno che, di per sé, è unico.
In quest'ottica, il libro in esame ci invita ad approcciarci al fenomeno da un punto di vista originale, partendo da un costante dialogo interdisciplinare e dalla "messa insieme" di saperi e pratiche diverse: formativo-aziendale, sociologica, psicologica e storico-culturale, a seconda delle competenze delle singole autrici. Percorsi solo in apparenza distanti, ma che puntano a un traguardo comune. Che lo si persegua in un'aula di formazione o nelle relazioni interpersonali, l'obiettivo è uno solo: favorire la crescita, la consapevolezza e la comprensione reciproca fra persone che hanno età diverse, generando un impatto concreto sulla motivazione, la creatività, la voglia di collaborare. E, di conseguenza, anche sulla loro produttività quando lavorano insieme.
In questo contesto l'ingresso massiccio dei giovanissimi della Gen Z - con tutto il portato di innovazione, diversità e richiesta di cambiamento che questo pone alle organizzazioni - è un'occasione da non mancare per integrare i vecchi e i nuovi paradigmi di lavoro. Le aziende che sapranno farlo più e meglio di altre svilupperanno un vantaggio competitivo che si tradurrà in processi snelli e scorrevoli, meccanismi più oliati e sinergici, maggiori opzioni e risorse per affrontare e risolvere i problemi e stili di leadership e decision-making plurali, in linea con i tempi e con la necessità di gestire la complessità di organizzazioni e mercati.
Per raggiungere questi traguardi, la parola chiave è integrazione: degli stili di pensiero, dei metodi di lavoro, degli approcci alla risoluzione dei problemi e dei conflitti, dei livelli di adozione della tecnologia e del digitale, dei modi di fare squadra e della visione di dove si vuole portare il business rispetto alle sfide dell'oggi e del domani. ?
La posta in gioco non è mai stata così alta. La buona notizia è che anche gli strumenti e le leve attivabili per allenare le persone a mettere in campo la versione migliore di sé non sono mai stati così affinati e potenti. "Le differenze, in genere, aggiungono sempre valore", spiegano le autrici. "Per questo l'atteggiamento mentale con cui è auspicabile che si avvicini qualsiasi persona dovrebbe essere guidato dalla curiosità e dalla voglia di aprire i propri orizzonti e farsi «contaminare» dagli altrui punti di vista.
Contaminare e contaminarsi, consapevoli che a volte riusciremo a metterci nelle scarpe di qualcun altro e, a volte, scopriremo che quelle scarpe proprio non ci stanno bene". "I rischi di un ambiente di lavoro", concludono, "dove bias e stereotipi proliferano in maniera indisturbata sono sotto gli occhi di tutti e sostengono gli sforzi di tante aziende a impegnarsi seriamente sui temi della diversity e dell'inclusion, con risultati che spesso riescono a operare dei veri e propri piccoli miracoli e a cambiare positivamente le cose. Il bello della consapevolezza, infatti, è proprio questo: che costa molto meno in relazione ai guadagni enormi che offre".
Federico Unnia
Aures Strategie e politiche di comunicazione