Partiamo prima dagli aspetti positivi, segnalando, tra le altre, le due soluzioni innovative del Codice della crisi.
A livello UE c'è stato un ampio dibattito sul fatto che la disciplina della crisi dovesse rispettare il principio dell'Absolute Priority Rule, ovvero del rimborso ai creditori a cascata da quelli privilegiati ai chirografari.
Il criterio a cascata portava però a un eccessivo "ingessamento" e determinava la necessità di avere finanza esterna, perché tutta la liquidità di fatto viene assorbita da creditori privilegiati.
Un altro orientamento di pensiero faceva propendere la bilancia a favore della relativa priority rule: basata sull'idea che nelle soluzioni negoziali della crisi non si debbano usare gli stessi criteri che si usano nei casi di fallimento (oggi liquidazione giudiziale).
Poiché si mira alla continuità aziendale e si è in presenza di una proposta negoziata, potrebbe essere ragionevole prevedere che il surplus generato dalla continuità sia distribuito a favore dei creditori anche in deroga alla graduazione dei privilegi.
Un cambiamento di paradigma, dunque: dalla staticità del patrimonio alla dimensione dinamica della continuità.
I rischi: l'uso distorto ai fini della riscossione e il sostegno (che potrebbe venir meno) delle banche
Passando poi agli elementi critici, ne possiamo sempre individuare due.
Il primo potrebbe essere un uso distorto degli obblighi di segnalazione degli enti istituzionali.
Pur non essendo la lettera della norma in questo senso, tuttavia, di fatto, Inps, Agenzia delle Entrate e Inail potrebbero indurre l'uso della composizione negoziata per finalità di recupero dei crediti forse anche a discapito degli stessi fornitori dell'azienda in crisi.
Si tratterebbe di una deriva applicativa da scongiurare.
In effetti le soglie di segnalazione sono molto basse: dai 5mila ai 15mila euro (a seconda che l'impresa non abbia o abbia dipendenti) di contributi non pagati a Inps; dai 5mila di debiti IVA verso l'Agenzia delle Entrate.
Per le altre imposte, i tetti variano in base a dimensioni e tipologia dell'impresa, dai 100mila euro per le imprese individuali ai 200mila per le società di persone al mezzo milione per le altre società.
Un ulteriore punto critico sta nella reazione delle banche di fronte alla composizione negoziata.
Le banche non possono revocare gli affidamenti, ma possono ridurli o non darne di nuovi.
È difficile immaginare che le banche possano sostenere agevolmente e rapidamente un'impresa che va in composizione negoziata; sembra più probabile che queste tendano a cedere le posizioni o a dare mandato per gestirle.
Da qui dunque l'importanza della diffusione di finanziamenti alternativi a quelli bancari.
I prossimi passi: soluzioni innovative di finanza legate all'entrata in vigore del Codice della crisi
Se la tempestiva emersione della crisi è fondamentale, bisognerebbe però anche prevedere l'operatività di strumenti idonei a risolvere questa condizione.
Chi può dare nuova finanza in alternativa alle banche? Si inizia a parlare (ma per ora sono solo sulla carta) di Fondi di ristrutturazione che comprano crediti "single name" gestiti da un pool di banche in cambio di quote del fondo stesso e che possono erogare nuova finanza per sostenere il risanamento.
Si sta sperimentando anche lo sconto di fatture commerciali attraverso l'uso delle piattaforme.
I crediti commerciali incagliati sono nel complesso talmente rilevanti che se resi liquidi potrebbero aiutare l'impresa a risollevarsi o a ricorrere in modo più efficace alla composizione negoziata.
In mancanza di adeguati strumenti finanziari, l'esperto rischierebbe di fare il direttore di un'orchestra senza strumenti e senza bacchetta.
Dovrebbe piuttosto avere a disposizione un tool kit finanziario o comunque conoscerne l'operatività in modo tale da poter suggerire all'imprenditore soluzioni finanziarie appropriate e non più bancocentriche.
La crisi produttiva ha spesso, se non sempre, disfunzioni finanziarie, la cui soluzione potrebbe agevolare una ripresa anche economica.
Nell'ambito di soluzioni finanziarie che vadano a costruire questa cassetta degli attrezzi, è necessario strutturare canali che agevolino la trasmissione di risorse dai grandi capitali privati all'economia reale. Tali canali devono essere gestiti da aziende che hanno esperienza specialistica e strutturati su un servizio moderno e digitale, in modo da garantire tempi di processo in linea con le aspettative dei grandi investitori istituzionali.
I fondi che comprano crediti commerciali hanno decine di migliaia di posizioni in portafoglio ingestibili senza il digitale.
L'acquisto di crediti commerciali va dunque veicolato attraverso piattaforme completamente digitalizzate che gestiscano e integrino dati di incassi e pagamenti, credit scoring e documentazione a supporto del credito.
Matteo Tarroni, CEO & Co-Founder di Workinvoice (nella foto) e Vincenzo De Sensi, Founder Studio Legale De Sensi e Professore di Diritto della Crisi d'Impresa
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