29/12/2021

editoriale

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E' tempo di riformare il Patto di stabilità 

Il 2022 sarà un anno cruciale per l'Italia e per l'Unione Europea. C'è un nuovo governo in Germania che inaugura l'era post Merkel, ci saranno le elezioni in Francia, e in Italia chissà cosa accadrà, visto l'appuntamento cruciale per l'elezione del Presidente della Repubblica. L'Europa potrebbe andare incontro anche ad una devastante crisi energetica e la pandemia non sembra affatto fermarsi.  Sarà anche l'anno in cui si dovrebbe decidere cosa fare del Patto di stabilità, visto che finora è stato sospeso causa pandemia ma che dovrebbe rientrare in vigore dal 2023. Andrebbe riformato. Draghi il 15 dicembre alla Camera è stato piuttosto chiaro: quelle di Maastricht e l'insieme di norme che governano la politica di bilancio degli stati della UE, sono "regole pro cicliche che hanno aggravato i problemi". In pratica, le famose regole europee "sono incompatibili con gli investimenti pubblici necessari nei prossimi anni".

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E su questo in molti esperti hanno concordato, persino Reagling del MES. L'ex capo della BCE nutre la speranza che sotto la presidenza francese del primo semestre 2022, sia possibile almeno avviare un progetto di riforma quantomeno dell'anacronistico tetto del 3% di spesa pubblica. Forse il recente accordo tra Italia e Francia può essere una base di partenza, tenendo conto che a Parigi per certi aspetti sono messi peggio di noi, almeno in termini di bilancia commerciale e sono campioni di spesa pubblica. Noi invece veniamo da oltre due decenni di avanzi primari. I due Paesi mediterranei però sono una massa critica imponente nella UE.  Naturalmente, è già partito il fuoco di sbarramento della Germania e suoi satelliti, che non vedono l'ora di rimetterci in gabbia. Infatti l'Italia ha dimostrato che senza le pastoie imposte dalla UE ha potuto crescere nel 2021 più di tutti gli altri Paesi. E' vero che arrivavamo da un -8,9%, ma la crescita del Pil riconosciuta da tutti gli enti internazionali, spiega bene cosa sia in grado di fare la nostra economia se lasciata libera di fare. E questo a Bruxelles (e a Berlino) non va bene. Le parole di Draghi inoltre smentiscono clamorosamente la narrazione dell'austerità europea, quell'insieme di regole che dal 2012 in poi hanno affossato la crescita del nostro Paese, distruggendo ricchezza e lavoro. Aprono una crepa che, aggravata dalla Brexit, porta un numero crescente di persone a perdere fiducia nell'Europa, ma soprattutto nella sua governance. Vedremo se alle parole seguiranno i fatti.

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Ai Paesi vengono richieste riforme rapide a getto continuo per accedere al Recovery Fund. Vedremo se a Bruxelles cambierà qualcosa e saranno altrettanto solerti.



Claudio Gandolfo


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