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26/05/2021

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Lavoratori italiani fiduciosi sul futuro, ma la pandemia è stata dura

Secondo una ricerca ADP, per il 20% la sfida più difficile è stata la gestione dello stress. Flessibilità, metodo di lavoro e competenze sono invece i cambiamenti in positivo. Il 27% pensa che questo periodo abbia contribuito a rafforzare le proprie competenze

"Come vedi il tuo lavoro nei prossimi 5 anni, ti senti ottimista o pessimista in proposito?" a questa e altre domande hanno risposto i quasi 2000 lavoratori italiani intervistati da ADP (multinazionale leader nell'ambito dell'human capital management) nella sua nuova survey "People at Work 2021: A Global Workforce View", una ricerca che analizza gli atteggiamenti dei dipendenti nei confronti dell'attuale mondo del lavoro e le loro aspettative e speranze future. ADP Research Institute ha intervistato 32.471 lavoratori di 17 Paesi tra il 17 novembre e l'11 dicembre 2020, tra cui 2000 in Italia.
Si dichiara ottimista verso il futuro il 63% degli italiani, contro un 37% che invece teme le conseguenze del COVID-19 sul sistema lavoro. Più ottimisti gli uomini delle donne (66% contro 59%) un dato piuttosto scontato se pensiamo che nell'ultimo anno in Italia hanno perso il lavoro 444 mila persone, di cui 312 mila sono donne, circa i tre quarti del totale (dati Istat).
La fascia più pessimista è quella degli over 55 (40%) mentre la più ottimista è quella tra i 18 e 24 anni con una percentuale di ottimisti del 72%.


Stranamente, i lavoratori italiani sono più inclini a pensare che il COVID-19 avrà un impatto positivo, invece che negativo, su questioni come ottenere una maggiore flessibilità e sviluppare nuove competenze professionali.
Sembra quindi che per alcuni lavoratori la pandemia abbia scatenato sia il coinvolgimento sia la resilienza, tanto che in molti vedono un suo impatto positivo sotto diversi aspetti.
Secondo Marisa Campagnoli, HR Director di ADP Italia (nella foto), "nonostante tutte le pressioni causate dalla pandemia da COVID-19 e la mancanza di certezze sulla durata delle sue conseguenze, l'opinione dei lavoratori rimane positiva e l'umore generale sembra essere misuratamente fiducioso nei confronti del futuro. C'è la sensazione che, ciò che è stato un periodo estremamente grigio, possa avere però un risvolto positivo in ambito lavorativo.
In particolare, per quanto riguarda il passaggio a un più flessibile modello lavorativo, o allo sviluppo di nuove competenze utili ai dipendenti per affrontare quella che sembra essere la "nuova normalità", mentre l'economia globale cerca di trovare slancio per una rapida ripresa.


È comprensibile, tuttavia, che la sicurezza lavorativa ed economica siano in cima ai pensieri di molti, e queste preoccupazioni purtroppo riflettono la realtà. In un anno in cui molte aziende hanno dovuto chiudere temporaneamente o definitivamente, o modificare le proprie attività in maniera significativa, gli effetti sui lavoratori sono stati gravi.
La sfida ora per i datori di lavoro e per i team HR è quella di trovare possibili modi di sfruttare le positività, e allo stesso tempo, dove possibile, alleviare gli svantaggi per assicurarsi che il personale rimanga ottimista, motivato e incoraggiato a progredire lavorando al meglio
".
Una delle domande chiave posta ai lavoratori intervistati è: "Qual è stata la tua più grande sfida sul lavoro dall'inizio della pandemia?".
Il 21% ha risposto "Rimanere in buona salute", il 20% "La gestione dello stress", il 13% "Worklife balance", il 12% "Mantenere la produttività", il 9% "Gestione del carico di lavoro", solo l'8% "Non ho avuto grossi cambiamenti", il 6% "Creare un ambiente di lavoro idoneo anche a casa", a parimerito con "Costruire relazioni".

Infine, il 3% ha risposto "Farsi notare o riconoscere sul lavoro".


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