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02/12/2020

economia

Mercati: i primi possibili ingredienti per i prossimi mesi

Antonio Cesarano (Intermonte SIM): dall'evoluzione della pandemia alla situazione negli USA, dal comportamento delle banche centrali alla questione del petrolio, fino alla forza della domanda cinese

La fase post-elettorale USA ha portato a diversi ingredienti da considerare per provare a delineare la possibile evoluzione dei mercati dei prossimi mesi. Vediamoli.
Primo ingrediente: l'evoluzione della pandemia. Si sta assistendo da un lato a notizie incoraggianti sul fronte vaccino/terapie e, dall'altro, alla ripresa della diffusione del virus negli Usa e, in parte, anche in Australia e in Giappone, proprio mentre in Europa si inizia a discutere di possibili allentamenti in vista della pausa natalizia.
Secondo ingrediente: la fase post presidenziali USA. Democratici e repubblicani non riescono a trovare un accordo su due punti importanti per fine anno, ossia un nuovo piano fiscale e il via libera all'innalzamento del tetto sul debito per evitare lo shutdown (cosiddetto fiscal cliff).
Sul primo punto, un recente report della Century Foundation ha sottolineato come, in assenza di un nuovo piano, 12 milioni di cittadini Usa rischiano di perdere ogni forma di sussidio dal 26 dicembre.
Terzo ingrediente: banche centrali.

In questi giorni è arrivata la conferma da parte di BCE e Fed che, malgrado le positive notizie sul fronte cure, il supporto monetario continuerà ad essere cospicuo dal momento che occorrerà diverso tempo prima che l'impatto delle terapie/vaccini risulti evidente. Ultimo aggiornamento riguarda l'intenzione del sottosegretario al Tesoro Mnuchin di non consentire la proroga di diverse linee Fed (tra cui quella relativa al piano acquisto corporate) oltre la scadenza del 31 dicembre. La Fed ha subito protestato adducendo l'impatto negativo sull'economia di una mancata proroga.
Nel caso in cui davvero Mnuchin facesse sul serio, fino a gennaio la Fed avrebbe le mani in parte legate. La partita si riaprirebbe però con l'arrivo da febbraio della nuova amministrazione Biden con un nuovo ministro del Tesoro, probabilmente donna (Brainard o Yellen?).
Quarto ingrediente: petrolio. La situazione appare diversa rispetto a marzo/aprile scorso, dal momento che la Russia è molto collaborativa ed inoltre la Cina è in ottimo stato di salute sul fronte della domanda di petrolio oltre che dei consumi interni.

Più in dettaglio, emerge quanto segue:
- Piena disponibilità dell'Opec+ a prorogare di 3/6 mesi (ossia fino a giugno 2021) i tagli alla produzione di petrolio, senza escludere la possibilità di tagli ancora più marcati. In questo caso, a differenza dello scorso marzo, la Russia appare essere non solo collaborativa ma addirittura il primo sponsor di differimento/incremento dei citati tagli alla produzione.
Quinto ingrediente: la forza della domanda cinese sia sul fronte petrolio (testimoniata tra gli altri fattori dal tasso di utilizzo impianti delle raffinerie su livelli storicamente molto elevato), sia sul fronte consumi. Basti citare il volume record (circa 75 mld di dollari) di negoziazioni sulla piattaforma di AliBaba nel giorno dell'11 novembre, il Single's Day (la versione cinese del Black Friday).
Provo allora a mescolare gli ingredienti aggiungendo qualche altra considerazione di fine novembre/quasi fine anno.
In estrema sintesi, dai 5 ingredienti prima descritti emerge un contesto in cui tra i fattori positivi iscriviamo le buone notizie sul fronte terapie, la buona tenuta della domanda cinese, il supporto delle banche centrali (supporto Fed forse rinviato a febbraio) e la disponibilità Opec+ a prorogare/incrementare i tagli alla produzione.


Le notizie negative riguardano invece più la situazione contingente sul fronte virus negli Usa e gli scontri istituzionali in corso nella fase finale della coesistenza di due presidenti USA, in attesa anche dell'esito del ballottaggio per il Senato in Georgia il 5 gennaio.
Aggiungo la possibilità che ci possa essere una terza ondata pandemica in Europa nel primo trimestre 2021, frutto della coincidenza della parte centrale dell'inverno e del possibile aumento dei contagi dopo gli allentamenti natalizi. Se così fosse, la sequenza temporale delle tre ondate della spagnola del 1918/1919 sarebbero di fatto emulate.
Consideriamo infine il fatto che siamo a fine novembre, poco prima del ponte del Thanksgiving Day della prossima settimana negli USA, che si preannuncia sottotono, con l'attesa che solo il 35% degli statunitensi si sposterà a fronte del 65% del 2019 (fonte GasBuddy). Inoltre, potrebbero esservi a fine mese vendite da parte dei fondi sovrani per colmare le ridotte entrate fiscali degli stati (in buon parte produttori di petrolio) da cui originano, in vista di riduzione dell'offerta necessaria per sostenere i prezzi del petrolio.




Cosa potrebbe allora accadere sui mercati?

Sui mercati azionari il contesto, almeno fino al primo trimestre 2021, appare mediamente ancora favorevole, alla luce del sostegno in arrivo dalle banche centrali cui si aggiunge quello fiscale, man a mano che si insedierà la nuova amministrazione Biden e verranno superati gli ostacoli per la partenza del Next Generation EU. A questo si aggiunga l'ottimismo indotto dai buoni risultati sui vaccini/terapie, sebbene gli effetti dovrebbero essere più evidenti nella seconda parte del 2021.
Il tutto però con un caveat di breve: gli ultimi giorni di novembre/inizio dicembre potrebbero essere interessati da prese di profitto in considerazione di vendite di fine anno da parte, per esempio dei fondi sovrani per i motivi accennati, sulla scia delle notizie meno favorevoli sul fronte virus negli Usa e dello scontro istituzionale in corso a fine mandato Trump. Tuttavia, se così fosse, potrebbe trattarsi di una occasione per rientrare, in vista appunto del sostegno da parte delle banche centrali che non mancherà nei prossimi mesi.

Antonio Cesarano, Chief Global Strategist, Intermonte SIM

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