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13/05/2020

economia

Troppo ottimismo in giro o scarsa percezione dei dati macro?

Marciot (Unigestion): dopo essersi concentrati sull'impatto economico devastante del virus in termini di perdite umane e di crescita economica, il sentiment degli investitori è diventato via via più positivo

I mercati azionari hanno mostrato ultimamente segnali di resilienza, nonostante i terribili dati macroeconomici e le notizie contrastanti sul fronte della pandemia. La lotta tra le banche centrali e l'impatto delle misure di contenimento sulla crescita sta infuriando, ma il sentiment degli investitori rimane essenziale. Fintanto che persisterà un sostegno illimitato, i rischi al ribasso per gli asset rischiosi saranno contenuti. Ciononostante, la dispersione tra e all'interno delle diverse classi di attivi rimane elevata e gli effetti a catena dell'attuale tracollo economico non sono ancora stati misurati. La cautela e la selettività rimangono fondamentali per navigare in queste correnti incrociate, così come uno sguardo più in profondità per valutare se l'attuale cambiamento del sentiment sarà di lunga durata, oppure breve e fragile.

La recessione è arrivata

Dopo qualche settimana di attesa per vedere il vero impatto della pandemia sui dati economici, ora non abbiamo dubbi che la recessione è arrivata, si è consolidata e sarà profonda.

Il 68% dei dati misurati dal nostro Growth Nowcaster si sta deteriorando: un livello di attività paragonabile alle recessioni del 1990 e del 2001, con una forte probabilità di scendere ai livelli del 2008. I sondaggi e gli indicatori principali sono già scesi a questi livelli o al di sotto di essi: l'IFO tedesco è inferiore di 10 punti rispetto ai livelli del 2008, mentre negli Stati Uniti, gli indici Philadelphia e Empire State sulle business conditions sono precipitati a livelli senza precedenti: -80 e -57 rispettivamente, rispetto al -40 della crisi finanziaria. La disoccupazione negli Stati Uniti è aumentata di 26 milioni di persone in un mese (circa il 10% della forza lavoro), e la natura dello shock rende difficile stabilire se la maggior parte di questa distruzione di posti di lavoro sarà riassorbita nel prossimo futuro. Ogni settore dell'economia sta subendo un duro colpo e gli investimenti, i consumi e le aspettative sono i più penalizzati. Le attuali previsioni degli economisti sul Pil per il 2020 indicano una contrazione del -3,4% negli Stati Uniti e del -5% in Europa, in linea con le ricerche sulla pandemia che, in uno "scenario di base", indicano una contrazione del -3% negli Stati Uniti e del -4% in Europa.


La chiave per risolvere un'equazione economica molto complessa è confrontare l'impatto negativo delle misure di contenimento con gli stimoli promessi dalle banche centrali e dai governi. Finora la risposta è stata adeguata, massiccia e sufficiente a superare lo shock (a priori), con un totale di 4 trilioni di dollari in denaro promesso tra programmi di acquisto di asset e prestiti all'economia confezionati in pacchetti speciali per il COVID-19. Tuttavia, più che l'entità dei danni attuali, il fattore più importante è la durata della pandemia. Sarà determinata in gran parte dall'efficacia delle misure di quarantena e dal tempo necessario per creare un vaccino. Dopo essersi concentrati sull'impatto economico devastante del virus in termini di perdite umane e di crescita economica, il sentiment degli investitori è diventato via via più positivo. Riteniamo che l'impatto sarà più duraturo di quanto attualmente previsto, ma gli operatori sono diventati troppo ottimisti, dunque il sentiment è ancora fragile?

Il sentiment è davvero migliorato?

Dato il cupo contesto macroeconomico, il sentiment sembra, almeno in apparenza, troppo ottimista.


L'indice MSCI All Country World è sceso "solo" del 15,9% su base annua, dopo aver registrato un forte incremento del 6,9% in aprile, al 24 aprile, e del 23% rispetto al minimo del 13 marzo. L'S&P 500 mostra dati ancora migliori, in calo dell'11,6% su base annua e in crescita di quasi il 10% ad aprile. Ovviamente, gli importi senza precedenti che la Fed ha immesso nei mercati finanziari per mantenere a galla la liquidità e proteggere dai rischi sistemici sono il fattore principale alla base di una così rapida ripresa. Il "focus shift" da parte del mondo degli investimenti è stato incredibile, passando da "l'attuale tracollo economico è il peggiore dalla grande depressione del 1929" a "qualunque cosa accada, le banche centrali e i governi salveranno la situazione".
Tuttavia, sembra che questo punto di vista non sia condiviso da un ampio spettro di attori: chi assume il rischio nel fixed income, credito, commodities e azioni non comunica lo stesso messaggio. La dispersione sta diventando estrema tra e all'interno di queste diverse asset class, mentre l'ampiezza - la proporzione di azioni in crescita rispetto a quelle in calo - ha raggiunto livelli allarmanti.


Gli investitori obbligazionari, spinti principalmente dagli sviluppi economici in termini di crescita, inflazione e supporto quantitativo, riflettono un tipo di shock profondo e prolungato. I rendimenti sovrani globali distano a soli 9pb rispetto ai recenti minimi storici dello 0,50%, nonostante il muro d'offerta creato da miliardi di dollari di sostegno fiscale all'economia reale.
Inizialmente, gli spread del credito hanno registrato un momentum molto positivo legato alla crescente propensione al rischio e all'inclusione di titoli di grado sub-investment grade nei rispettivi programmi di acquisto societario della Fed e della Bce. Tuttavia, hanno iniziato ad espandersi di nuovo e a distaccarsi dai loro omologhi azionari. La solvibilità si è fortemente deteriorata e si prevede che nei prossimi 12 mesi i fallimenti raggiungeranno la doppia cifra. Nel mondo delle commodities, la dispersione tra metalli preziosi ed energetici legati alla crescita è impressionante. L'oro è salito del 17% su base annua, mentre il primo contratto sui futures WTI è precipitato del 77%, essendo sceso per la prima volta in territorio negativo con il crollo della domanda e la scarsità di depositi per il petrolio appena estratto.



Infine, considerando l'azionario, solo un numero limitato di settori ha contribuito al rimbalzo, ovvero tecnologia, grandi multinazionali e settori difensivi come l'healthcare. I titoli energetici e legati a consumi discrezionali nell'S&P 500 sono in media il 50% al di sotto dei massimi di 52 settimane fa, mentre IT, beni di consumo e healthcare sono scesi solo del 10%. L'ampiezza - misurata dalla differenza percentuale tra l'indice e la distanza mediana delle azioni dai massimi - è estrema, a indicare che un numero molto concentrato di azioni sta prosperando. Questo è stato storicamente un indicatore principale dei grandi cali di mercato, e mette in dubbio la forza dell'attuale "rally". Per ora, gli analisti stanno valutando una contrazione degli utili del 20% per il 2020, che è coerente con gli attuali livelli di crescita negativa previsti per quest'anno. Tuttavia, le aspettative prevedono anche una significativa ripresa nel 2021, dando per scontato che le misure di contenimento non saranno prolungate o rinnovate.

Olivier Marciot, Senior Vice President del Cross Asset Solutions team di Unigestion

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