La crisi dell'automotive tedesco mette in crisi la supply chain italiana
Sangalli (Intesa Sanpaolo): i settori più coinvolti della nostra manifattura vedono un "peso" del cliente Germania al 20% del loro valore aggiunto
Se il settore dell'automotive tedesco frena, è inevitabile che il comparto manifatturiero italiano ne risenta, visto che è il nostro primo mercato di esportazione.
Ma la grande eterogeneità del settore, l'appartenenza ad altre supply chain mondiali, consente una diversificazione che ne può limitare i danni a livello di sistema Paese.
Ne abbiamo parlato con Ilaria Sangalli, economista presso Intesa Sanpaolo.

Parliamo della produzione manifatturiera a valore aggiunto in Europa.
Qual è la posizione di Germania e Italia?
Si può parlare dei due Paesi come di vere e proprie locomotive.
La Germania da sola raggiunge un 34% di tutto il valore aggiunto manifatturiero continentale.
L'Italia è un po' staccata come ampiezza e si classifica al secondo posto con un 13%.
Se sommiamo i due dati arriviamo al 47%, quasi la metà del valore aggiunto manifatturiero europeo.
La Germania è il miglior partner commerciale italiano.
Quanto pesa la sua crisi sul nostro comparto manifatturiero?
Le attuali difficoltà della Germania in realtà si inseriscono in un contesto più ampio di problemi nel settore degli autoveicoli: ci sono nuove normative, c'è una trasformazione sfidante verso le alimentazioni alternative, come l'elettrico.
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