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20/11/2019

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La crisi dell'automotive tedesco mette in crisi la supply chain italiana

Sangalli (Intesa Sanpaolo): i settori più coinvolti della nostra manifattura vedono un "peso" del cliente Germania al 20% del loro valore aggiunto

Se il settore dell'automotive tedesco frena, è inevitabile che il comparto manifatturiero italiano ne risenta, visto che è il nostro primo mercato di esportazione. Ma la grande eterogeneità del settore, l'appartenenza ad altre supply chain mondiali, consente una diversificazione che ne può limitare i danni a livello di sistema Paese. Ne abbiamo parlato con Ilaria Sangalli, economista presso Intesa Sanpaolo.

Parliamo della produzione manifatturiera a valore aggiunto in Europa. Qual è la posizione di Germania e Italia?

Si può parlare dei due Paesi come di vere e proprie locomotive. La Germania da sola raggiunge un 34% di tutto il valore aggiunto manifatturiero continentale. L'Italia è un po' staccata come ampiezza e si classifica al secondo posto con un 13%. Se sommiamo i due dati arriviamo al 47%, quasi la metà del valore aggiunto manifatturiero europeo.

La Germania è il miglior partner commerciale italiano. Quanto pesa la sua crisi sul nostro comparto manifatturiero?

Le attuali difficoltà della Germania in realtà si inseriscono in un contesto più ampio di problemi nel settore degli autoveicoli: ci sono nuove normative, c'è una trasformazione sfidante verso le alimentazioni alternative, come l'elettrico.

Quindi non si tratta di difficoltà legate alla sola Germania, ma sono trasversali a tutto il settore nel mondo, e in Europa dove si sta partendo in ritardo su alcuni fronti.
Essendo la produzione tedesca molto sbilanciata sul settore degli autoveicoli, che assorbe quasi il 20% del valore aggiunto di tutto il manifatturiero, va di pari passo che un rallentamento del settore sta comportando un rallentamento di tutto il Paese e, a cascata, ha un effetto anche sull'Italia che, tra tutti i Paesi che prendono parte alla sua catena del valore degli autoveicoli, è il primo per contributo in termini di valore aggiunto.

Oltre all'automotive, quali sono i settori più colpiti dalla frenata tedesca?

La crisi è molto sbilanciata sul settore degli autoveicoli. A catena sono colpiti tutti i settori che ne forniscono le componenti (come ricambi, freni ecc.). Poi abbiamo tutta la filiera dei metalli, componenti meccaniche, intermedi in gomma-plastica, intermedi chimici, tessile e pelletteria per l'automotive. L'Italia è coinvolta in questo rallentamento tedesco con tutte queste specializzazioni che sono fortemente radicate nel nostro sistema industriale.



Può essere identificato l'impatto sulla nostra supply chain di settore?

I settori più coinvolti della nostra manifattura vedono un "peso" del cliente Germania al 20%. Mi spiego meglio: di tutto il valore aggiunto italiano che queste aziende destinano all'automotive nel mondo, il cliente Germania vale circa il 20%, un quinto del loro contributo. Una percentuale non trascurabile.

Allargando il contesto, come possiamo contenere il "rischio Germania"?

L'Italia di fatto presenta una struttura industriale molto diversificata e molto eterogenea. Questo significa che non lavoriamo soltanto per il settore auto e non lavoriamo soltanto per il cliente Germania.
Ci sono quindi altri produttori che sono coinvolti in altre catene del valore. Con tutte le nostre specializzazioni riusciamo a servire una molteplicità di Paesi e di settori.
Questo vuol dire che se andiamo a "ripesare" il contributo di valore aggiunto che diamo all'automotive tedesco in base a quello che è il nostro contributo all'intera economia mondiale, la nostra percentuale di esposizione si abbassa notevolmente.



In questo senso possiamo dire che la nostra struttura così eterogenea è in grado di diversificare il rischio di esposizione verso un solo Paese o un solo settore. Per lo meno in riferimento ai danni conteggiabili per l'intero nostro sistema Paese.

La situazione è cristallizzata con un trend negativo e vedete miglioramenti futuri?

Sicuramente prevediamo uno scenario in miglioramento su diversi fronti. Uno dei fattori premianti sarà sicuramente la ripresa del ciclo degli investimenti.
Per gli autoveicoli è però un momento sfidante, perché non sono tanto problematiche legate ad un singolo Paese, ma ci sono fattori di trasformazione intensa che sono trasversali all'intera Europa. E che ci vedono in ritardo rispetto ai grandi colossi come, per esempio, le case automobilistiche cinesi.


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