Andare a produrre in Vietnam non è sinonimo di low cost
Leone (NiRoTech): non può andare in quel Paese solo per risparmiare rispetto alla Cina. Occorre essere fisicamente presenti, agire rapidamente e tenere conto degli extra costi di logistica
La trade war tra USA e Cina sta portando sempre più imprese a spostare la produzione in altri paesi asiatici, primo fra tutti il Vietnam.
Nei primi quattro mesi del 2019 questo Paese ha attirato investimenti esteri per 14,59 miliardi di dollari, +81% rispetto allo stesso periodo del 2018 secondo la Foreign Investment Agency.
Protagoniste soprattutto imprese del settore manifatturiero e hi-tech, fra le quali una realtà fondata da un imprenditore italiano: la NiRoTech Ltd di Hong Kong, specialista in componentistica per la meccatronica, partner di numerose aziende del nostro Paese, ormai da un anno ha aperto una società ad Hanoi.

"Qui abbiamo riprodotto il modello di supply chain che ha decretato il nostro successo", spiega Roberto Leone, co-fondatore e Managing Director di NiRoTech.
"Ci basiamo cioè su un network di fornitori affidabili e controllati per essere il ?braccio produttivo' per i nostri clienti italiani ed europei che richiedono prodotti elettronici finiti, gestendo produzione, qualità e spedizioni con mentalità italiana".
A fare la differenza rispetto alla mera delocalizzazione c'è la presenza fisica di NiRoTech in Vietnam, la sua conoscenza delle dinamiche specifiche del Paese e lo stretto rapporto con i produttori locali, che garantisce gli alti standard che i clienti desiderano, ed evitando in più i problemi derivanti dalla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina.
Tutto facile, dunque? No, perché sul Vietnam ci sono alcuni miti da sfatare.
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