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26/06/2019

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Arpaia (Roland Berger): la consulenza strategica è una sfida avvincente

E' un lavoro di fiducia e di garanzia di comfort per il management. Sono importanti il track record, le esperienze progettuali, le referenze. Ma il business si fa tra esseri umani

La consulenza è uno di quegli argomenti di business che da sempre attrae l'attenzione da parte dei manager. Abbiamo parlato con Alfredo Arpaia, Amministratore Delegato di Roland Berger, per capire un po' meglio come operano oggi le società di consulenza e come reperiscono e gestiscono i talenti.

Quali sono le vostre peculiarità? 

Roland Berger è l'unica società di consulenza strategica al mondo con origini europee. Questa è la nostra prima caratteristica. Abbiamo celebrato in Italia il nostro cinquantesimo anniversario e guardiamo ai prossimi cinquant'anni. Oltre al nostro essere profondamente europei, ci distinguiamo per essere riusciti a mantenere il focus sugli individui, sulla diversity e sulle caratteristiche specifiche di ciascun professionista. Siamo un network che oggi è formato da 250 partner, che prima di tutto sono per noi 250 individui, ovvero persone prima ancora che professionisti. In Roland Berger ci riconosciamo in alcuni motti nei quali crediamo fortemente.
"Characters create impact" significa che ciò che fa la differenza è l'individuo che pone la propria faccia ogni giorno di fronte ai clienti e anche ai colleghi.

"Strategies that work", perché pensiamo di avere una value proposition molto forte nel metterci al lavoro in prima persona sul campo per far funzionare i progetti che suggeriamo. Inoltre, i clienti ci riconoscono un'altra caratteristica che è quella del "Navigating complexity", cioè interpretiamo le situazioni di business non con metodologie top down, ma proponiamo soluzioni specifiche che dipendono dal mercato e, ovviamente, anche dalla dimensione delle imprese. 

In quali ambiti operate?

Questa è una domanda molto difficile, perché il mercato della consulenza strategica non ha una definizione esatta e non è mappato da nessuna fonte di mercato. Noi ci riconosciamo nella consulenza strategica o di alta direzione, cioè a supporto dei percorsi decisionali del board, del CEO e delle prime linee aziendali. Spesso ci chiedono quanto vale questo mercato in Italia: difficile stimarlo, perché ognuno ha la sua definizione. Se si facesse una somma dei fatturati delle società che, come Roland Berger sono attive in questo campo, si otterrebbe un numero molto importante, oltre i 700 milioni di euro su base annua.

Si potrebbe stimare in un miliardo di euro allargando leggermente il perimetro di attività.

Qual è la bellezza di questo mercato?

La consulenza strategica è un'attività "discrezionale" che si discosta dalle altre tipologie di consulenza come quella legale, tributaria o di revisione che sono di fatto obbligo normativo e/o di governance. La consulenza direzionale ha un suo perché. Difatti, attraverso il suo ecosistema di relazioni e di contenuti, propone progetti ed idee la cui esecuzione crea valore per il cliente. In tal senso la consulenza direzionale è "un buon investimento" perché abilita un percorso di creazione di valore e si "ripaga" nel tempo. La differenza, a questi livelli, la fa l'individuo, la sua competenza, il contenuto, ma anche la capacità di portare idee progettuali che possano creare nel tempo la sostenibilità di cui le aziende hanno bisogno. 

Come si è evoluta la consulenza in Italia?

Negli anni è cambiata molto. Prima si basava sulla ricerca di pareri esterni per convalidare delle idee, quasi come se il driver fosse il comfort del management rispetto al percorso decisionale.


Era un lavoro di analisi di robustezza, di verifica e di rafforzamento dei piani industriali o un supporto alle idee di business, quasi a diventare una "protezione per il management". Questo è sicuramente una parte ancora rilevante del business, ma nel tempo credo che le prospettive siano cambiate. Oggi è necessario proporre nuove idee: un consulente può portare idee rilevanti grazie all'esperienza maturata in altri contesti e non solo nelle industry di riferimento del cliente. Il digitale, per esempio, è una delle aree di trasversalità in cui si intrecciano collaborazioni e opportunità di business, ma anche rischi derivanti dai nuovi entranti. In questi casi il consulente apporta un grosso contributo nell'interpretazione delle situazioni. Questa è una delle parti di più interessanti che fa del nostro lavoro qualcosa di eccezionale, sempre divertente e pieno di sfide, dove ogni giorno si hanno degli interlocutori diversi e ci si confronta su temi differenti.

In questo momento la consulenza è in crescita in ogni settore.

La consulenza non è un mercato predefinito perché, come spesa discrezionale, dipende dalla capacità di proporre idee e progetti.


È anticiclica rispetto all'andamento dei mercati, ai fatturati e ad altri macro indicatori economici. La consulenza "rischia" di crescere in qualunque situazione di mercato e infatti negli ultimi anni Roland Berger e praticamente tutti gli operatori della consulenza sono cresciuti. Lo si evince dal numero di addetti che impiegano e che continuano a reclutare. Non a caso la consulenza è uno dei più grandi formatori di management che esista sul mercato.

Ci può fare qualche bel caso concreto del nostro Paese?

Il concetto di Italia è molto relativo perché molti progetti hanno carattere internazionale. Se guardiamo al manifatturiero e in generale all'industriale, il valore della consulenza è importante. Ma anche nei Financial Services c'è molta richiesta. La distribuzione del fatturato ci dice che quasi il 50 per cento della consulenza è generato dai grandi spender come banche, società di credito al consumo e assicurazioni. Poi c'è la parte riguardante la produzione di macchine di precisione e per l'energia, il manufacturing per l'ottica e il mercato dei consumer goods, ma anche il fashion e le Telco.



Le principali attività sono lo Strategic Positioning, il Business Planning fino a giungere alle attività sui costi. Quindi riorganizzazioni e ristrutturazioni. C'è un altro grosso filone trasversale di progettualità che è quello del supporto ai fondi o in generale agli investitori che hanno bisogno di una visione industriale prima di prendere impegni in equity o in debito. Per avere progetti su cui lavorare, spesso si è chiamati a partecipare a dei "beauty contest" perché l'abilità conta, ma vale anche la reputazione del brand. Questo è un lavoro di fiducia e di garanzia di comfort per il management. Sono importanti il track record, le esperienze progettuali, le referenze. Sottolineo l'aspetto relazionale: il business si fa tra esseri umani. È un'attività di relazione e contatto, per cui è fondamentale che le persone siano credibili, ancora di più del brand stesso. Molto spesso si conquista un cliente proprio per la fiducia che egli ripone in noi ed è uno degli aspetti più belli di questo lavoro. In Roland Berger puntiamo tantissimo sulla relazione personale e sulla credibilità.


Diamo valore a come si lavora e ciò diventa parte fondamentale del brand positioning. Spesso capita che il management di un'azienda, così come i consulenti, possono cambiare "insegna", come si direbbe nel linguaggio della grande distribuzione. Se il consulente ha lavorato bene verrà cercato nuovamente. È un business di relazione ma anche di capacità: saper portare valore ha un peso molto rilevante. 

Dal punto di vista manageriale, cosa significa gestire un'azienda di consulenti? 

Queste aziende vivono di talenti, e i talenti sono complessi da gestire. Hanno grosse ambizioni, vogliono crescere, imparare, gestire progetti sempre più importanti. Oggi abbiamo superato le 100 persone, ma una società di cento consulenti per complessità nella gestione del personale è equiparabile probabilmente ad alcune migliaia di persone in una società tradizionale. Da noi non esiste un'organizzazione e non esistono processi, tutto si basa su una logica di rispetto, di contribuzione; volendo fare un esempio sul nostro funzionamento, siamo simili ad una tribù. Il punto di riferimento di una società di consulenza può essere paragonato a un capo tribù o a uno stregone, si è guadagnato quella posizione per credibilità sul campo.


È una figura che ha guidato gli altri e ha risolto situazioni complesse. Però non è un "capo" in senso assoluto. Ogni giorno deve mantenere la fiducia e dare la motivazione giusta alla tribù. Da noi non ci sono processi ma ci sono regole di buon comportamento e di contribuzione. Di fatto, le aziende di consulenza sono un po' come dei sistemi chimico/fisici che trovano da soli un equilibro e si autoregolano. Ed è rarissimo che sia necessario intervenire. Abbiamo delle regole di "auto-controllo" che permettono di progredire e di fare crescere tutti quanti.

Ma come fa a crescere una società come la vostra?

La crescita nelle società di consulenza è un must. Da tre anni a questa parte Roland Berger sta crescendo di oltre il 10 per cento anno su anno e lo facciamo su tutti i mercati di riferimento. Contiamo di raddoppiare il fatturato nel corso dei prossimi due/tre anni e stiamo cercando talenti di qualunque seniority su tutte le industry. Questa è un'altra bella caratteristica della consulenza. Ossia siamo in grado di crescere organicamente perché puntiamo sulle persone interne che possono raggiungere rapidamente i ruoli apicali, ma è anche la capacità di prendere competenze da altre società, per integrarle e farle crescere ulteriormente.


È un mercato molto vivace, di ingressi e uscite, ma è una caratteristica propria di questo mestiere.


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