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12/06/2019

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Export italiano ancora in crescita: oltre +3,4% nel 2019 e +4,3% annuo fino al 2022

Quintieri (SACE): le nostre imprese esportatrici stanno raccogliendo i frutti di un lavoro di riposizionamento verso un'offerta di sempre più alta qualità

E' un futuro ancora in crescita, nonostante le incertezze e le complessità degli scenari globali, quello che si prospetta per l'export italiano nel 2019 e nel triennio successivo. Lo segnala l'ultimo Rapporto Export del Polo SACE SIMEST, "Export Karma: il futuro delle imprese italiane passa ancora per i mercati esteri". Giunto quest'anno alla sua tredicesima edizione, lo studio vede ancora una volta confermato il ruolo cruciale dell'export per l'economia nazionale e tratto distintivo del fare impresa in Italia.
Dopo aver chiuso un 2018 con aumento del 3,1%, il nostro export è pronto a proseguire il suo cammino a un passo analogo anche nel prossimo futuro, con previsioni di crescita al 3,4% per il 2019, che saliranno al 4,3% medio annuo nel triennio successivo 2020-2022. A questo ritmo, le vendite estere di beni italiani arriveranno a toccare il valore di 500 miliardi nel 2020, superando i 540 miliardi nel 2022. In crescita anche l'export di servizi, che entro il 2022 dovrebbe superare quota 120 miliardi di euro.
Il passo di crescita dell'export italiano è ancor più significativo se letto nel quadro di un contesto globale complesso in cui le tensioni protezionistiche, il rallentamento della Cina, dell'Eurozona e degli Stati Uniti, la questione Brexit ancora irrisolta e le difficoltà di alcune economie emergenti si sono già tradotte in un calo delle previsioni di crescita del commercio internazionale, scese al 2,5%, in volume, per l'anno in corso (ben al di sotto del 4,8% del 2018 e ancora inferiore rispetto al 6,5% del 2017).


"L'export italiano ha sempre dimostrato di avere le risorse giuste per affrontare congiunture avverse e complessità e anche questa fase non fa eccezione", ha dichiarato il Presidente di SACE, Beniamino Quintieri. "Le nostre imprese esportatrici stanno raccogliendo i frutti di un lavoro di riposizionamento verso un'offerta di sempre più alta qualità, fattore che ci contraddistingue sui mercati esteri e che è strategico in questa congiuntura perché ci mette, almeno in parte, al riparo dalle conseguenze dirette di dinamiche quali la guerra commerciale. Questa la direzione per rafforzare la nostra competitività, che deve essere valorizzata tramite strategie che aiutino le nostre imprese a espandere e diversificare i propri mercati di riferimento, raggiugendo quote sempre maggiori e all'altezza del proprio potenziale. Un percorso da compiere consapevoli che l'export è la vocazione e il motore dell'Italia".
In questa cornice, l'attenzione delle nostre imprese dovrà focalizzarsi sempre più verso quei Paesi che stanno varando programmi di upgrade industriale, miglioramento infrastrutturale e sviluppo urbanistico per sostenere la crescita, dimostrando maggiore apertura alle partnership estere.

Tra questi in particolare Brasile, India ed Emirati Arabi, che da soli nel 2022 domanderanno dall'Italia 2,5 miliardi di euro di export aggiuntivo rispetto al 2018, secondo le stime di SACE SIMEST. Vediamo in sintesi le principali evidenze del rapporto.

I trend per aree e settori

L'Asia e il Nord America sono due aree di importanza strategica per l'export italiano: nel 2019 si prevede una crescita del 4,9% in entrambe le geografie. Cina, Corea del Sud, India e Vietnam traineranno le nostre vendite verso Oriente, mentre gli Stati Uniti continueranno a rappresentare una geografia di vitale importanza per le nostre imprese.
L'Africa Subsahariana sarà l'area più dinamica del 2019 per le esportazioni italiane, che segneranno un +6% di crescita, in linea con la performance dell'anno precedente (+7,2%). Tra i mercati di sbocco a maggior potenziale per l'export italiano vi sono sia destinazioni più tradizionali come il Sudafrica, ma anche nuove frontiere come Senegal e Ghana.
Anche le vendite nell'Europa emergente e nei Paesi della Comunità degli Stati Indipendenti segneranno una crescita positiva (+4,1%), con Polonia, Rep.


Ceca e Russia che contribuiranno in maniera significativa alla domanda di beni italiani nella regione. L'Europa avanzata, che da sola rappresenta ancora il 52,9 % del nostro export totale di beni, continuerà a garantire il suo supporto fondamentale (+3,2%), con la performance della Francia sopra la media.
L'America Latina, dopo un 2018 sostanzialmente invariato, condizionato dalla contrazione delle vendite in Argentina e Venezuela, riprenderà ad avanzare (+2,9% nel 2019) grazie a mercati come Brasile, Cile e Messico.
Infine, l'area Medio Oriente e Nord Africa si trova sul banco di prova quest'anno, chiamata a recuperare la performance non brillante del 2018 (-7,4%) legata soprattutto alle tensioni geopolitiche nell'area e ai prezzi delle commodity ancora su livelli ben inferiori rispetto al passato. Nel 2019, le previsioni SACE SIMEST indicano un ritorno lievemente in positivo per il nostro export nell'area (+0,3%), con Paesi, come Marocco, Tunisia e Qatar, che compenseranno il calo della domanda per i nostri beni proveniente dalla Turchia.



Dal punto di vista dei settori, le dinamiche attese per il 2019 indicano un "fenomeno di convergenza": rispetto allo scorso anno, in cui le differenze di crescita tra i settori erano più marcate, nel 2019 i raggruppamenti cresceranno tutti a tassi compresi tra il 3,1% e il 3,8%. Saranno i prodotti agroalimentari a spingere le nostre vendite all'estero nel 2019 (+3,8%), seguiti dai beni intermedi, che grazie alla farmaceutica contribuiranno in maniera positiva alla dinamica delle nostre esportazioni (+3,6%), i beni di consumo, con in prima linea abbigliamento e arredamento (+3,4%) e infine i beni di investimento, raggruppamento che ha il maggior peso sul nostro export (40% del totale), che cresceranno a un ritmo leggermente inferiore rispetto agli altri (+3,1%), complici l'incertezza globale e le difficoltà del settore automotive.

Le previsioni in caso di guerra commerciale

Gli effetti di un'escalation protezionistica portata avanti dagli Stati Uniti potrebbero essere significativi sia per le economie più direttamente coinvolte, sia a livello globale, in considerazione degli impatti sulla fiducia degli operatori e sulle catene del valore.



Ad esempio, qualora Washington decidesse, nel corso del 2019, di imporre un dazio del 25% su tutti i prodotti provenienti da Pechino e sulle importazioni di autoveicoli dal mondo (esclusi soltanto Messico e Canada, con i quali è stata raggiunta un'intesa per la modernizzazione del Nafta - ora denominato Usmca), le ripercussioni negative si estenderebbero a macchia d'olio sull'intero sistema del commercio internazionale. In caso di una simile escalation, le esportazioni italiane di beni verso il mondo aumenterebbero più lentamente (-0,2 punti percentuali nel 2019 e -0,6 p.p nel 2020), con impatti ancora più marcati per le nostre vendite verso gli Stati Uniti (-0,7 p.p. nel 2019, -1,1 p.p. nel 2020).
A questo vanno aggiunti gli effetti di ulteriore rallentamento che una simile escalation potrebbe avere sull'economia cinese (con conseguenze a cascata su altre economie emergenti). Questo aggraverebbe ulteriormente l'impatto sulle esportazioni italiane di beni complessive, le quali sarebbero inferiori di 0,8 p.p. nel 2019 e 1,7 p.p. nel 2020.
Infine, non è da sottovalutare l'eventuale rallentamento della Germania, prima geografia di destinazione delle nostre merci e, più in generale, un'economia strettamente connessa a quella italiana.


Una frenata più marcata del previsto influenzerebbe in maniera negativa l'export italiano.


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